La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 26 - 10 settembre 1922

:Elivist:a Storica Sett:ima::n.a 1e di 1?o1itioa ,-=,,,,,,;,,,,======,;,,,,,,======r---r,=-=---=-=-=-=-====~=-=-=-================= Anno I. - N. 26 - 10 Settembre 1922 Eclita à<tlla -------- Casa Editrice Energie Nuove Per il 1922: L. 20 (pagabile in due quate di L. 10) - Soatenitore L. 100 - Estero L. 30. IL BARETTI SUPPi.EMENTO L T ERARIO MENSnE fondata e diretta da PIERO GOBETTI TORIIIO - Via Venti Settembre, N. 60 • TORINO UN NUl'.\éCERO LIRE o,:so Non si vende sep1unt:r.wente (Conto Corrente Po8tale) -------- SO M JI ARI O: U. r'OR~IENTJNI: La lofitica protezionjsta clel collaborazjonisrno einclacale. - G. ANSA.LDO: Diplomazia italiana (su la Confe_renza cli Genov_")· t. Jl~UER: Rassegna Sinclacale - Stato e Cooperative. - :N. SA.PEGNO: Letture. - M. A. LEYI - p. g.: Note cli politica interna. - E. CORBINO -Un lettore: Note clieconomLa. LtA ùOGICH P~OTEZIOfiISTH OEI.l COltù.ABO~.A.ZIONISlYIO SINDACAliE Non voglian10 irridere agli ideali di questo seeo-lo, nè essere scettici, nè opporre un brutale m,,.teru,.lismoa tante squisitezze di fede: non vogi.i.alll{) disconoscere che dalla pratica sindacale non si ricevano iniziazioni morali; infine, che fra i compiti della fil060fia non vi sia quello cli concii.iare gli uomini col loro tempo, dò che vuol <l.i1·eil più deJJe volte aiutarli a portare la loro croce. Non possiamo tacere tuttavia, che le innova2io11igiuridiche di questi quattro anni di co11aboraziorusmo concordano, oltre che colle idee e i ~titn€nti, con gli interessi delle classi ascendenti, e sonatutto dei loro eletti, i quali non è da credere che abbiauo fatto tutto per gli altri questa festa. Per procedere ordinatamente conviene tener distinte le due categorie di dirigenti emerse parallclruneute dalla cernita delle classi medie e dalla ~rnita sindacale : costituite da nn maggior numero di , POiitici » e da un minor numero di « leCD.ici ». Q,,esta espressione , tecnici , della quale si fa 1fSO così indiscreto è in verità alquanto eufemist:ica. La tecnica di questi nuovi dirigenti non è diversa da quella dei gruppi capitalistici che essi mirano a sostituire, cioè non è che l'arte bene appresa di sfruttare lo Stato. Perciò non è da discutere la convenienza per dement'i siffatti di un sistema protezio~sta, sia in l1D senso generale che ristretto. In termine generale considerato la libertà econontlca nei suoi inevitabili rapporti con Porcli.. namento giuridico dello Stato, non abbiamo bieogno di dare in particolare la dimostrazione dell'asserto; essa è implicita nella prova fornita che il Governo collaborazionista non può essere che illiberale. l!a> in senso stretto, noi siamo abituati· a separare dal p:roblema generale della libertà economica, una serie di problemi particolari ben definiti della nostra e<,onomù,.nazionale, e precisame:,itea fase un problema a sè di quella negazione o affermaz.ione cli' libertà e<:onomica che risulta dal sistema doganale positivamente adottato. Abbiamo in Italia manifestazioni antiproteziouiste, llelle quali è facile vedere associati liberisti puri con altri che non intendono, o palesemente ri- :lintano, il principio di libe1ià in altre applicaZlcmi: anzi', noi non abbiamo mai avuto, in Italia, un liberismo pratico e militante, che in questi t.ermini Jimjtati. Non è perciò a stupiré che nb mttiq14.o si sia esercitato da questi liberisti nuo sforzo verso il pa1tito socialista per indurlo a soccorrere la lotta antiprotezionista. La storia contemporanea ci dice che questi tentativi non hanno mai approdato, all'infuori di qualche adesione puramente individuale, e in ogni modo sempre inspirate da esigenze transitorie di lotta contro particola,; gruppi padronali. I casi più nume:rosii rh·elanti lo sPirito reale delle organizza- ~ioni socialistiche, ci rivelano invece mentalità e sentimento ;Protezionistici. .,,..Il proble,fu, della libertà economica riguardo al sistema doganale, si definisce jn primo luogo con un dato sistema di idee riflettenti la politica estera. Confessiamoche questo punto è particolarmente oscuro} perchè le idee della democrazia sociale sulla politica estera nessuno Ja conosce. Un chiarimento di queste idee nella mente della democrazia potrebbe indubbiamente influire sulla politica interna ed econo,;,ica,ma è più facile pre- -.edere che questa agisca su quelle. - Per esempio tutta l'organizzazione cooperati- -.istica può considerarsi in massa come un elemento influente a favore della protezione, per la ragione almeno che nessuna di queste istituzioni cooperative ha manifestato la volontà di vivere in regime di concorrenza nazionale e internazionale, e uessuna avrebbe positivameute questa capacità, anche se ideologicamente o sentimentalmente potessero, in esse1 prosperare ispirazioni liberati. E se iu uua fase estrema (certamente irram,rinngibile) della rivoluzione ·in corso le cooperatl\"e o sindacati cli produttorii come si dice con più bella parola, si sostituissero completamente alle imprese private, erediterebbero certamente, col capitale, i vizi della classe spodestata. Finalmente, in un regime di co11aborazione, il protezionismo si presenta 11ell1interesse delle parti collaboranti e contraenti, come una transazione felicissima fra il principio delle statizzazioui peoseguito dag1i unii e il desiderio di conservare Je proprie rendite che non può mancare negli altri. T ..a protezione assicura nei primi la sicu.rez1,a e le comodità di un impiego pubblico, annulla per i -secondi i rischi della impresa: anzi scambia fra le due parti i medesimi vantaggi. • Perciò è forza credere che il Parlamento del La- ,,oro, salva la sua capacità avvenire a rifare.• il mondoi costituisca in primo luogo fra operai e padroni il pegno scambievole e Io strumento co· mune di una politica di protezione economica. Veniamo ora ai « politici "· Per ]e speciali qualità di questa cernita e per il suo prodotto numerico, essa trova nello~sviluppo dei pubblici uffici la sua prima e principale soddisfazione, perciò le occorre: a) mantenere gli impieghi esistenti; b) crearne dei nuovi; c) ridurre a impieghi pubblici le cariche rappresentative onorarie. Sui primi dtie provvecliménti non occ01·re far rilievi, mentre il terzo merita speciale attenzione .. Non abbia.mo appreso per nulla dal Malon che il Parla.mento economico è più importante del Parlamento politico ed ànche più nume-oso. E vi sono progettisti che fanno saure questi parla• menti professionali a un numero superiore aila diecina. Non vogliamo dar torto a coloro che at• t.Iibu.iscono gran prestigi ai decentramenti e alle autonomie regionali e ]ocalii ed anche proprio il compito di risolvere il problema intimo della bnrorrazia : e sdncolare progressivamente l'impiegato - dice Augusto Monti - da quella astrazione che è per lni lo Stato, per accostarlo a quella realtà coucr~ta eh-e è il Comuue nella Regione». E sarà.i ma intanto moltiplicare le assemblee legislative per le Regioni, moltiplicare di 11uovo ciascuno per il numero creduto utile di parlameuti paritetici, soddisfa miracolosamente le esigenze di una classe infinitameute i-mmerosa cli politicanti i .quali, per l:t specialità del loro addestramento, non saprebbero far altro che sedere in una assetnblea. Ed è noto che, - secondo un principio che trova ormai poche opposizio11i - 1e c:2..richeonorarie debbono essere retribuite. Il moth·o è anche qui inizialmente « liberale, : dare ai non abbienti la possibilità di partecipare alla pubblica amministrazione. Sembra cbe questo principio debba essere, cli nuovoi la ((co11a della democrazia » come lo era in Atene, secondo l1espressione di Demade. Se noi dovessimo farci suggerire dagli antichi, non avremmo che da pronunciare la condanna del sistema. Ma si dica pure che il sistema era inseparabile in Atene dalle forme politiche, e che l'arte, la poesia, .il teatro attico erano a loro volta in carne 1.m.a con la democrazia. Mettiamo pure 11ello stesso conto il trioboio e il Partenone. Uguali riferimenti sono indimostrabiH nelle democrazie moderne. Ettore Ciccotti, il quale pure, affrontar,... do animosamente l'ombra cli Aristofane, indulge, con serenità di storico, alla retribnzioue delle funzioni pubbliche, nella 'Grecia antica ha dato un severo giudizioi in base a111esperienza de1la indennità parlamentare, sopra la classe dei professionisti della politica formatasi in conseguenza. Ora in tutti gli istituti rappresentativi di , classe esitenti e in progetto, il principio della retribu.zione è ammesso c01ne cosa pacifica. Un tentativo di estendere H sistema alle amministrazjoni comunali e provinciali è stato fatto con un progetto d'iniziativa parlamentare approvato dalla Camera il 9 Agosto 1920. Si trattava di retribmre con medaglie di presenza, o con indennità mE:ilSiliisotto certe restrizioni non soJo i membri dei eorpi·elettivi comuna1i e provinciali, ma anche: tutti i Membri delle Commissioni, giunte ed enti pubblici nominati dagli enti locali, delle fondazioni e istituzioni <li pubblica assistenza. I. 'ufficio centrale del Senato, con relazione del 3 Febbraio 1921 espresse avviso contrario al progetto, non. per opposizione ai principi informatori, ma per ragioni d'indole finanziaria; rinviandone l'applicazione a quando fosse approvata la riforma dei1 tributi locali. E da credere, tuttada, che, avverandosi o no questa conclizionei il sistema non trovi ostacoli presso un governo cli collaborazione. Ora, considerando che il principio della retribuzione è pacifico per tutte Je magistrature di carattere sindacale, e che il sistema clell'elezione ge:achica in queste prevalente, assicura agli eletti maggiormente la stabilità della carica, abbiamo che la condizione economica dei « politici i. si avvicina sensibilmente a quella dei « tecnici 11; cioè cbe gli uni e gli altri si avviano a costituire una cla...:.seso1a, numericamente formid:abi]e di magistrati e politicanti retribuiti, unita a quella degli impiegati delle aziende pubbuche e semi-pubbliche, tutti a un modo clienti dell'Erario. Con ciò non si vuol dire che il Socu,.lismo o anche Ja sua presente in.carnazione poHtico-sindar cale, debba proprio ficire in questo medfocre festino. Tali sono le manifestazioni sindacaliste di tUl momento dello spirito umano dove il sentimento individuale, per oscure cause, si è affieYolito, come sentimento di sè e di relazione ; ma il sindacalismo non si esaurisce in questo momento, cioè nella fase collaborazionista, poichè, anche là dove ci sia dato scorgere la resurrezione di processi liberali, la nostra previsione non può sopprimerlo. E là appunto troverà i' suoi ìimiti e nuovi modi e composizioni: anzi, già trova: poichi: non vi è fatto concepibile come futuro che sia realmente del tutto staccato dal presente, se proprio non sia la vera chimera Jogica. Forse il sindacalismo, rinnovando uno dei duelli più grandiosi che la storia conosca, ritenterà all'infinito come la Chiesa di invadere lo Stato, di essere tutto lo Stato, ... ma l1tngi. fia dal becco l'erba. UBALDO FORMENTJ!I-L Lfl OIP!.1□MflZlfl lTfìLHìNft f\ EiEN□Ufl .i..!itaJian.o di maggicr 1evaturz e di più fine ingegno che fosse P'"esente nel caravanserraglio, era indubbiamente ... Sua Eccellenza. i(Consigliere di ;:,tato Giuseppe Motta, presidente della Delegazione svizzera. La Svizzera fa cli questi tiri. Pare che •nell'ambiente particolarissimo della Confedei·azione, gli uomini delle tre razze possano purga:rsi cli molte sporcizie nazionali, e dar tutto il lo.o fiore. Quale hand tedesco avrebbe potuto conferire a Gottfried Keiler quel- . l'intimo e pietoso sorriso,. che lo fa il p,iù mode.i-no fra gli scrittori tedeschi•? Luigi Motta può dar l'esempio curiosissimo di un diplomatico/antico stile, che fa a meno di tutto il bagaglio bluffistico della ricostruzione, si tiene nei limiti del buon gusto e della serietà, e accontenta tpia moderna e pretenl:'ÌOl><L democrazia ; credo che a qu.esto tour de farce dell'arte di governo un italiano possa arrivare solo dal!' ambiente cantonale, colla pratica di due altre grandi civiltà, con l'educazione in paesi stranieri e con la lusinghiera sicurezza di non essere cittadino del Regno d'Italia e suddito di Giolitti. Comunque, il signor Motta ci è arrivato. Io ebbi occasione di osservarlo in più occasioni, in colloqui privati, mentre la con- ,;ersazione era condotta da terzi : e me lo potei godere tutto. Florido di persona, benevolo nel tratto, egli è un lusingatore di tutti i suoi interlocutori insuperabile : non ho mai Yednto un uomo che sappia ascoltare così bene i di scorsi altrui, li sottolinei con piccole approvazioni, con parchi cenni del capo, dia all'altro, anche se è uno scemo, la soddisfazione di veden,i pa:eso std serio, che è poi la soddisfazione di cui gli uomini si ricordano di pi.ù. Mentre gli altri discon-ono, il signor Motta si dispone in pose piene di rispetto e di dignità, che rivelano non l'èleganza innata dell'uomo di alta razza, ma la sorveglianza perseverante su sè stesso dell'uomo anivato dai basso, da tunjle gente, e che ormai sa far la sua figura nei salotti e nei consigli di Stato. Egli parla un italiano genericamente subalpino, senza tracce app,:-ezzabili di lombardismi, un tantino - ma propiio un tantino così - impacciato, come chi è avvezw ad esprimersi normalmente in lingue straniere. E' un piccolo #e della pmnuncia, che gli dà agio di. prohmgare la riflessione prima. di emettere la parola.: e soltanto ascoltando lui, io compresi quale immane esigenza è contenuta nella massima corrente e 1ipetuta : "prima cli parlare, pensaci » : uno sforzo terribile, che il signor Motta compie contin11amente e cosr.::i"!:tziosamente. Perciò le su.e espress.ioni sono di una precisione assolnta: nei corso di una conversazione, il più possibile animata, egli ripete cinque o sei volte i termini ufficiali di una designazione : egli, per esempio, non. ci disse mai « noi, svizzeri i.t.alian.i », il che sarebbe scorretto, per quanto usatissimo : ma « noi, svizzeri di lingua i ta.- liana », che è l'espressione ortodossa. E così via. Con questo linguaggio che ha la liscezza della maiolica antica e la dirittura di un piombino, il signor Motta riesce a dare l'illusione della sincerità : ed è forse il più placido e imperturbabile mentitore del mondo. Normalmente, egli dialoga in questo modo : riprendendo quello che ha detto il suo interlocutore, e ripetendolo con molto maggiore arte e chiarezza; perchè egli, dalla prima fra.se capisce perfettamente dove l'altro vuole arrivare e gli ripresenta ben refilate quelle idee che l'altro aveva espresso confusamente e senza riflettere. Così il signor Motta ottiene, a ogni battuta, due vantaggi: non dice niente, e procura all'altro il compiacimento di essersi espry:essomolto bene. Quando poi è messo alle strette, e deve rispondere categoricamente, allora egli dà fuori frasi di convenienza, ma in modo maestro. Egli fu uno dei più scettici attori della Conferenza, e riuscì a ·far credere di esserne un fen-ente : disprezzava profondamente i russi, convintissimo che con essi non si sarebbe concluso niente, ma si interessava con la massi1na buona grazia delle condizioni della vita in Rnssia: rese dei servigi a Rathenau, protestando dokemenle, a nome dei neutri, contro il regime delle sedute del cl-u.b a Villa D' Albertis, ma la lancetta di tutta la sua azione fu piuttosto francese, e punse di nascosto à più ri!l'"ese la vescica conferenz.iale. La menzogna del signor Motta è la menzogna di grande scuola, la menzogna aulica, che sarà sempre necessaria ai più serii e onesti nomini di Stato. Quella del signor Lioyd George è la menzogna demagogica, necessaria per aizzare o addormentare i popoli, o per le « guerre giuste », o per le ricostruzioni». Spostandosi dal Miramare dove alloggiava Motta al Genes dove si arrabattavano i russi, voi potevate incontrare gli uomini della menzogna di bassa lega, necessaria per sfruttare i popoli e viverci sopra : e l'esemplare più bello era forse il Rosemberg. Ebreo e gobbo, costui si avvoltolava in un turbinio cli circolari :'allistiche e di foglietti réclame ch'egli' vi presentava con gli occhi loschi dell'nom9 che ha parecchie fucilazioni

96 per vendette personali sulla coscienza, e sa che voi lo sapete. Ma di costui e di Rakowsky, e di tutti i moscoviti ho fatto proposito di non parlare. Dedicherò solo un ricordo al signor Cicerin. Cicerin. Fra gli altri diplomatici, atteggiamento del collegiale che è malignato dai compagni, e quando il professore di fisica fa gli esperimenti al buio, tutta la classe gli a"5esta scapellotti, ficotti, e bazzurre sulla testa. :/Ianca assolutamente di quell'aspetto dignitoso e virile, che è la bellezza di m1 militare o di un uomo di stato: occhi detestabilmente abborsonati, carnagione biancastra e flacciata da pascià : un gaudente da harem, un nomo che par fatto apposta per essere lisciato dalle sue donne e leccato e perleccato dal çagnolo della concubina. J/ ricostruttore della )Ya:.ione Le giornate di Genova restarono certo memoral,ili nella vita del!'on. Fa,, a. Tìurante tutto i1 periodo r{dla Conìfrcn.zc4, 1 l Presidente del Consiglio trasudò letizia : la letizia dell'innocenza. La su.a stessa figura tradiva la bonaria soddisfazione dell'avvocato di provincia, anivato <lavemai si sarebbe sognato di anivare. Io lo osservai in diverse occasioni. Durante le sedute solenni della confere=, egli non comprendeva assolutamente niente dei discorsi dei suoi eminenti colleghi, e si rivolgeva al vicino on. Schanzer per spiegazioni sui punti applauditi, con gesti così impacciati che facevano fremere chi gli teneva il binoccolo puntato addosso. Il marchese Visconti Veuosta e il commendator Giannini, seduti dietro a lui, gli davano ogni tanto gli schiarimenti del caso, ed egli li ringraziava con sollecitudine commovente. Nei ricevimenti ai giornalisti, italiani od esteri, il Presidente del Consiglio aveYa veramente soggezione dei suoi interlocutori: di cui va ricordato qui solo Vettori, del Giornale d'Italia, uomo cli spirito e di incomparabile aplomb, diuauzi a cui mi par di vedere il povero Facta tutto premuroso, quasi pauroso di commettere qualche gaffe. Del resto, i ricevimenti formarono l'attività niù rilevante dell'on. Fada durante la Conferenza. A Villa Cambiaso, in un gardens party offerto dal Municipio, Facta compan-e in mezzo a un pubblico per lui adatto, composto cioè di impiegati municipali e signorine da marito. L'autorità prefettizia aveva noleggiato degli applauditori che vollero essere troppo zelanti, gridando dalle finestre della villa-, per un buon quarto d'ora: « Vii;a Facta! Vh·a i:/ ricostruttore della nazione i». Chi 11011 ha veduto Facta in quel quarto d'ora ridicolo, non sa che cosa sia la fatuità trionfante. Liberato dall'incnbo dei colleghi uomini di Stato, e rimesso finalmente in mezzo alla buona gente di provincia, egli ringraziava, si profondeva sulla scalinata della vil!a, e a quelle grida faceva col capo di si, di sì, come 2_ dire che sicuro, che la nazione voleva ricostruirla lui, proprio lui!. L'on. Facta rivelava, anche nelle piccole cose, una innoce= completa sul modo di presiedere la Conferenza. Kell'unico grande ricevimento da lui dato alla Stampa internazionale all'Hotel Mira,niare, questo buon uomo, pronunciato il suo discorso, si lasciò prendere in mezw e sequestrare da una comitiva di stud~ntelli, che, intrufolatisi nella folla, gli volevano fare firmare centinaia di cartoline-rico-rdo: e Facta, tutto rosso in viso, seduto a un tavolino da caffè, firmava e firmava con la ma'.ssima dilige=, instancabilmente, assistito ... dal Prefetto di Genova, arruolatore delle claque, che con una aria di compunta ammirazione diceva - e lo avrà ripetuto venti volte - « Ah i quant'è buono quell'uomo lì»! Tale e quale come se si fosse trattato di qualche santo. E di là, ad attendere i colloqui del Presidente del!a Conferenza, c'erano i primi giornalisti del mondo 1 Costoro, il signor Facta, forse non li conosce·,a neppur di nome. E' dubbio, per esempio, ch'egli sospettasse chi è il signor v,-olfi: altrimenti nc,n sarebbe occorso il caso che questi, dopo aver ottenuto l'apj)'1.lntamento per una udienza, dovesse aspettare cJ,Je ore nell'anticamera di Palazw Reale, e potesse essere ammesso solo dopo l'intervento di un delegato italiano che capì tutta la stizza e il malcontento dd potente pubblicista tedesco. Gli è che nell'on. Facta affiorava nella ,ma forma più pacioccona e provinciale, quello che fu il difetto principale della delegazione italiana alla Conferenza: l'aver mirato ad ottenere del •prestigio», e l'aver scambiato le adulazioni interessate per altrettante te•timoniall7.e di prestigio incomparabile. Cr,me il suo capo, an,:he la delegazione italiano. ,,-oleva essere acclamata " ricostruttrice:» e diceva di sì e di sì quando gli imhroglirmi glie lo gridavano clalla finestra. .Ca figura di Schan:.er La n:sponsabilità principale cli questo inebriamento spetta all'on. Schanzer, il capo ef_ fetti-,o del!a delegazione. Ma !'on. Schan,,.er non poteva comportarsi diversamente. La sua origine e la sua formazione lo rendono LA RIVOLUZIONE LIBERALE vittima predestinata degli adulatori. Verso colo1·0che· dissentono dal coro, la sua diffidenza è morbosamente sospettosa. E' inutile: la vita di quell'uomo è dominata da due fatti: l'origine israelita e anazionale, che si capisce che è stata sempre, per lui, fin dalla giovinezza, il cruccio delle ore: e le indegne umiliazioni SLLbitenel periodo della neutralità che gli hanno innestato un invincibile sospetto di questo popolo di bèceri e di cafoni patrioti. Un esempio? Eccolo. Negli ultimi giorni della Conferenza, Schanzer c1·edette bene di invitare Lloyd George ricevendo la stampa, e annunciando che era a aisposizione dei signori giornalisti per le domande che volessero avanzargli. Ma sì! Questo era il scenario: in realtà, Schanzer è incapace di improvvisare le risposte come fa Lloyd George : e fin qui non c'è proprio niente cli perduto, anzi, ci sarebbe da lodarnelo. In quella riunione, un collega compiacente si alzò subito, e con una domanda combinata diede occasione a Schanzer di pronunciare il discorso già bell'e preparato: piccoli artifizi perdonabili, in quell'epopea della menzogna che fu la Conferenza. Tuttavia, quando il discorso fu spacciato, bisognò che. Schanzer sottostasse al!' ònere di qualche domanda ex-abr-upto. Cosa volete! Il primo che s'alza. su fu un incorreggibile menagramo, che gli po.ne la domanda seguente: - Il signor ministro pruòdirci che cosa ha deciso la prima sotto-con1missione sulle sorti della Galizia Orientale? Lo sguardo ,che l'on. Schanzer gli lanciò dalla parte opposta del sa.Ione, non è facilmente dimenticabile. A quell'onesto e prnbo italiano, che ha però la disgrazia di pronunciare. la nostr'a lingua con un accento che ricorda quello dei funzionari tedeschi del Lombardo-Veneto, qudla domanda. spensierata parve ce1i:ouna insinuazione sanguinosa rispetto alle sue origini così malignate. Rispose poche parole impacciate, tagliò co1i:o alle dòmande successive, disse affrettatamente-due frasi di congedo, e con la prima scusa mal scelta, di dover andare a. firmare il trattato italo-polacco (che viceversa egli veniva appunto dall'aver firmato) se la svignò, fra timoroso e indignato. Questo è l'uomo delicato e vu.lnerabilissimo, che c_addenelle grinfe a Lloyd George. _pisfra3ioni compiacenti L'opera di captazione di simpatie da parte di Lloyd George verso !a delegazione italiana e il Ministro Schanzer cominciò al R°iorno dell'arrivo e terminò.. alla colazio;e del Mi-ramm·e e annesso « muro romano». Nulla cli più esilarante del!' ammirazione che gli inglesi ufficiosi ostenta.vano per l'energia dimostrata clall'on. Facta durante la prima seduta. Lloyd George che si compiace della energia di Facta ! ! !. Quando questo compiacimento fu riferito al destinatario, costui cominciò a credere di possedere un pugno di ferro nel guidare la Conferenza : e il peggio è - lui disgraziato! - che se ne vantò con qualc11,uo! Come dicevano all'Hotel Savoie quelli della delegazione francese : « cet excel/.ent nwnsieur Faclà ... ». Con Schanzer, la cosa procedette più finemente. Lloyd George, in due o tre episodii, lusingò Schanzer irresistibilmente. Così fu dopo tutta la farsa dell'accordo russo-tede sco, e dell'indignazione a un tanto il metto dimostrata da Lloycl George. Nella seduta del cliob a Villa D' Albertis, presenti anche i rappresentanti della Piccola Intesa, Lloyd George diede in escandescenze. Egli vo.Ieva senz'altro intimare alla Germania lo sfratto dalla Conunissione politica : voleva di qui, voleva di là .. Qualcheduno si persuase perfino che il Giove Tonante volesse sul serio. Schan,J.er, che presiedeva, intervenne per moderarlo, per introdun-e nella nota a Rathcnau frasi conciliative. Dopo un po' di tira e molla, Lloyd George, con parole altamente deferenti per il ministro italiano, dichiarò. di accedere al desiderio da lui espresso. Eh, no: sono socldisfazioni che un galantuomo come ]'on. Scha1ner non le dimentica: tanto più che !'on. Schanzer apparteneva alla minoranza che s'era lasciata persuadere che il Giove Tonante volesse sul serio ... Naturalmene, la riconoscenza dell'onorevole Schanzer si esplicò in tutte le occasioni : e lo spinse anche a fare figure non brilla11tis.<;ime. Valga per tutti questo caso. Il r4 maggio, Domenica, la delegazione russa fa avere a Schan1,er una nota cli protesta cmitro la sua esclusione dalla Commissione mista che doveva discutere su non ricordo quale farsa. Contemporaneamenle, i russi comunicano la nota-protesta alla stamP1).. La nota, per <:ss<:reuna nota, era abbastanza interessante : e veniva a guastare tulte le elaborate macchinazioni cli Llovd Ceorge per far trangugiare ai francesi -,a Commissirme mista e i suoi amminnicoli : cioè \·eniva a rinforzare e giustificar<: le riluttanze francesi. Schanzer riceve la nota, e la tiene per sè. Barthau, non essendone ufficialmente informato, non la comunica a Parigi. Ma alla delcga,oione francese e' erano gli informa.tori zelantissimi cli Poincaré : e la sera stessa di Domenica Poincaré era in possesso della nota e mandava un telegJ:a.mmino a Barthou, che certo no.n conteneva dei complimenti. Va da sè, che Barthou si recò alla seduta del club a Palazzo Re,de un po' coi nervi tesi per tutto questo giro e rigiro di note e di sornioni silenzi. Lloyd George aveva fatto sapere a Schanzer che della nota russa bisognava discorrerne il meno possibile. Schai:tY.-erlo compiacque goffameate, come sogliono gli onesti allorchè si permettono di aderire ai desideri ... degli altri. La mattina del Ltmedì, ricominciano dunque i cosidetti lavori. Al principio della seduta Schanzer riprese ad esporre il progetto della risposta ai russi voluto da Lloyd Geor-. ge, con1e se da parte russa nulla fosse intervenuto. , Il signor BarthoLt stette ad ascoltare con aria socratica la relaxione di Schanzer e soltanto quando il ministro italiano ebbe finito osservò dolcemente, come il :Maestro in un dialogo platonico : - Se permettete, vorrei richiamare la vostra attenzione su un documento trasmesso dalla Delegazione russa.. Su un documento che la Delegazione francese non conosce se non indirettamente. La cronaca - e questa mia è cronaca cli fonte francese· - non dice se il Ministro Schanzer e il signor Lloyd George abbiano emesso l' << Ah, già .. >> cui ricorrono tutti i finti distratti quando sono presi in castagna. Ma, insomma, per quanto fos,;_epenoso discorrere della nota russa, Schanzer e Lloyd George dovettero sorbirsi il resto delle osservazioni di Ba1i:hou, progressivamente semipre meno soavi : - Una nota rnssa è stata oresentata ieri sera alla PresicJ.enza della c;nferenza, e la delegazione ne ha dato comunicazione alla stampa. l\'oi non sappiamo se la nota in circolazione sia esatta, e desidereremmo che ce ne fosse data conoscenza. l\'el testo integrale, si capisce ... Schanzer confermò che domenica, a. ora tarda, gli era stata consegnata la nota di Ci.cerin. Ma nessuno potè levare cli testa ai francesi che il ministro italiano avesse perpetrato il tentativo di livragare un documento ufficiale, comunicandolo con ritardo. Ecco co1ue sorgevano iinpressioni e risentifilenti, infondati data l'onestà di Schanzer, ma coloriti cli giustificatezza data la sua evidente docilità alle manovre inglesi. Ebbe mai !'on. Schanzer un momento di h1cidità, sulla parte che il gran maneggione e pasticcione inglese gli faceva fare? Forse un raggio riuscì a penetrare nella. fitta. tenebra quando si scatenò la polemica francese contro gli accaparramenti petrolieri iniziati sottomano <la 1xui:e inglese a S. Margherita p1·esso i russi. Schauzer si impaurì del chiasso dei giornali, e temette di doversi presentare alla Camera « senza petrolio». "Come farò, come farò - avrebbe egli eletto a un '."uointimo consigliere - qz,aiulo mi accuseran n.o di tornare a mani ·vuote anche di q11.esto? ». Poi le assicurazioni date con una- serietà cli pén.ce-sa.ns-rire dagli ufficiosi inglesi lo tranquillizzarono. Scomparso il lume del petrolio, tornò il bnio attorno al cervello dell'on. Schanzer. J Consiglieri di Schan;:er E il ministro Schanzer, in questa sua ansia di essere utile ... alla Delegazione inglese, non trovava alcuna rèmora negli uomini, anzi nei due uomini che gii stavano più da vicino: il Marchese Giovanni Visconti Venosta, segretario generale della Delegazione, e il Comm. Giannini, e che godevano intierissima la sua confidenza. Il marchese Visconti-Venosta è un uomo che, ciuando vuole esprime il suo giudizio su eh, non crede che Lloyd Geo,rge sia il più grande uomo di stato vivente, ricone a questa formula curiosa e rivelatrice: « Il tale cleve avere una 111e11lal.it.fàrancese». Con questo, il tale è compatito ma condannato: e _il marche_se_assume verso cli lui un attegginmento eh ddndenza mal celata, che contrasta con la sistematica e premeditata piacevolezza delle sue maniere verso tutti coloro che ... egli crede non abbiano la "mentalità francese». Uomo di argu.zia fine e di risposta pronta e sottile, non è però uomo cli spirito perchè è permaloso. Quecta sua. permalosità si rendeva manifesta in un timore esagerato e quasi ridicolo, degli attacchi della stampa. Fu lui, io credo, a creare nella Delegazione italiana quella aspettativa esigente delle approva,,,ioni universali: tutti dovevano dire e stampare e c1·edere che l'azione della delegazione era lungimirante e provvidenziale : e in realtà, tranne poche sfumature, durante quaranta lunghi giorni la delegazione italiana fu circondata da un coro cli lodi che le altre delega,oioni non conoscevano neppure da lontano. (Chi stonava, Visconti-Vcnosta quasi gli levava il saluto!. .. ). Questa preoccupazione cli "fare star buona» la stampa, indusse il Visconti Venosta ad assumere egli stesso l' ònere delle com1l11Ìcazioni alla stampa, saltando_ a piè pari il comm. Amecle<> Giannini e 11pleonastico sen. A1i:om: noo sappiam; _con quale s~disfazione di queste due eareg1e persone. E doveroso nconoscere eh:, specie neffultimo periodo della Conferenza le comumcaz10ru del marchese erano le più spirit1.elles e le più complete della Conferenza: e che 11marchese - a presoudere da qualche accentuato complimento verso i giornali più tm1.1.1tid_aHa Consulta - adempiva le sue funz1oru d1 rnformatore coo. una perfetta pubblicità, senza cioè informazioni à coté p~r « persone grate». Il commendatore Giannini è il/perito dell'Italia : perito per i càmbi, perito pe!1 la ricostnizioue russa, perito per la ricostruzione europea, perito in « tutt'e cose». Nascosto in una. fitta. &:hiera di ventinove colleghi, tutti nominalmente periti a egual titolo di lui alla Conferenza, egli però li scavalcava tutti e ventinove, pistonato attivamente nella considerazione di Schanzer dalla, fama di essere uomo espe1i:issimo degli inglesi, e tesoreggiato addirittura dal sign<xGrigg e compagnia. Per esempio, quand0 le trattative con gli jugoslavi, trasportate a Palazzo Reale, ricevettero un nuovo impulso daJla iniziativa cli Lloyd George, presenziarono in nome del « pcr:incipae» l'inglese M.r Gregory .. e l'italiano comn'l. Giannini; e noi tutti potemmo ammirare la versatilità inaudita -di quest'uomo, che dalla ricostrnzione dell'immensa Russia, passava a discutere - forse per distrarsi - se attorno a Zara ci devono essere dieci o quindici chilometri di zona franca .. Il perito in « tutt'e cose» invidiava al minor collega LnccioJ!i perfino quei dieci o quindici chilometri di caccia riservata! Un meridionale prnveniente dalla burocrazia non è ingenuo come un diplomatico di carriera e cli razza : ed il commendatore Giannini sa trattare col pubblico meglio che il Marchese Visconti Venosta, parlando di buon grado a. chiunque lo interpelli, ma riservando le lecite informazioni agli amici del cuore : egli ne ha così di potenti, che 11011 ' lo abbandoneranno mai. La sua ammirazione per Lloyd George è illimitata. degna di un diplomatico.. portoghese. Nel bellissimo episodio dell'alleanza italo-inglese impostata stùle imbandigioni del Miramar, battezzata dalle insulsaggini 'Lloyd-georgiane del 1nuro romano, e varata da quasi tutta la stampa italiana, credo che il comm. Giannini abbia avuto una parte : se egli, alla sera, avesse eletto una parola di scetticismo a chi di ragione, sarebbe rimasto risparmiato alla Consulta il ridicolo di un emballem.ent per legami anfitrionici e non diplomatici, smentiti bmtalmente quindici giorni dopo dai giornali inglesi. Il ccmm. Giannini, uomo certo accortissimo, non si è ancora capacitato ch'egli può essere perito di • tutt'e cose», fuorchè del cuore di Lloyd George. Cose che succedono agli innamorati devoti. :JI Conte Zio di Santa )Ylargherifa Ho accennato a quest' altra avventura, svoltasi à coté della Conferenza, sotto la -presidenza di Sua Eccellenza Tosti di Valminuta, alloggiato all'Hotel Guglielmina a Santa llfargherita. L'ou. Tosti - presidente della Lega Nava.le cli Roma: e non aggiUJ1go altra caratteristica - considerava le trattative come un campicello affidatogli, per-ch'egli ne traesse diplomatico sostentamento durante la Conferenza. Gentiluomo ospitale e cortese, egli s1 1mbroncia\'a solo quando qualcheduno gli esprimeva la spera._11zadi una prossima conclusione: tal'e quale come il Conte Zio: « Son cose spinose, affari delicati.. re•vereJ1d1-ssono padre». E qiii, in vece di gonfiar !e gole e di soffiare, si ringew1 le labb-ra, e tirava dentro tant'aria q1ianta 11esole'l.·a m.aitdar soflia11do. 11dialogo, caratteristico, si apriva regolai-- men te cosi : - Può dirmi, Eccellenza, come procedono le traltative con la delegazione jugoslava? - Trattative?! Trattative ! Non sono trnttati\'e. Io non mi trovo qu.i per trattare: Io ho semplicemente l'incarico cli condurre delle conversazio11i, così, per esaminare se vi sono dei punti cli contatto delle vedute comuni da cui si possa procecl;re oltre ... Voi comprendete, c'è una differenza fra « trattative» e «conversazioni». Le trattative verranno poi. _Per. ora sono semplici so.nda.ggi 111questiom delicat1ss11ne, che io compio approfittando clel_lapre~enza dei ministri jugoslavi. I quah - e questo posso dirlo - si sono volenterosamente prestati a queste conversaz,10111a, questi tasta menti cli teJTeno assolutamente preliminari ... Ad ascoltare questo anfanamento c'era da indignarsi contro un uomo cbe parlava così, quando due paesi attendevano semplicemente l'esecu1,ione di un trattato firmato diciotto mesi prima! E faceva pena vederlo lui, !'on. Tosti, così aperto e giovialone'.

cecar di incupirsi per persuadere l'interlocu.to:re che bisognava far sembiaute di giud1:are disperate le trattative per non mettere in sospetto i croati contro i serbi, per non, aizzare il delegato dalmata Krstéls contro il collega Nincic, serbo, e allri poveri J hiavellisrui di questo genere, che riveia,,ano nell'ou. Tosti soltanto una concezione faba t un disegno egoistico: la concezione che i min islri j uo-oslavi fossero m disaccordo fra loro, e il di;egno di tirare in lungo le trattatiYe. Questo disegno era egoistico per questo : l'on. Tosti voleva avere qualche titolo legittimativo per restare sul palco~cenicu della Conferenza; se le « conversaz1om » cC'1Jcludevano qualche cosa, il titolo legittimati,-o ,·eniva meno, e il palcoscenico doveva essere abbandonato, non essendo l'on. Tosti meDbro della delegazione alla Conferenza (e il ;on avervelo nominato ftt un errore dell'QIJ. Schanzer: c'era dentro mezza Italia!). Abnte delle questioni che formavano oggetw delle trattati,re erano assolutamente ri. dic-0le. ~oa ci sono ill Italia cento italiani disposti ad interessarsi delle validità delle lauree italiane in Jugoslavia, e forse non ce ne sono mille che siano disposti a subire il disturoo minimo perchè Zara abbia quindici chilometri di zona franca. Ci sono, sì, i folli che sostengono che si deve conquistare la Dalrnaz-ia : ma anch'essi presentano il vantaggio cli infischiarsi del modo con cui si e.seg-ùisce il Trattato di Rapallo. Delegati italia,ii e jugoslavi han.no discusso per mesi di icrticolari di così scarsa importanza, che essi hanno avuto perfino vergogna a confessario: e questo fu il primo motivo del gran segreto che nascose quelle trattative. In questo furono aiutati dai giornalisti delle due nazioni : in Italia ci sono ci-naue o sei individui che possono legittimare ia loro attività in érn giornale soltanto in quanto c'è una_ rogna diplomatica cogli jugoslavi da trattare competentemente: imttile dire che ]'on. Tosti é..ra sapientemente fiancheggiato da costoro nel compito cli rendere iperbolicamente ardue le trattative di ·Ra,pallo. Il senatore CoBtarini, che forse non era così « specializzato> nella rogna adriatica, e può far strada anche quando quella rogna non si gratterà più, era quindi la bestia nera di tutti questi canonici della " questione adriatica o compreso l'on. Tosti. Anzi passava per rinunciatario addirittura. J/ propagandista ò'rlando Questo « clon; cli mantenuti della questione adriatica, dunque, ostentò un grande allar-me quando s1 seppe che, in un saloncino • del B>·istol, c'era stato una specie di convegno riservato fra uomini politici concordi nel desiderio che le trattative arrivassero in porto, e disposti poi a compiere un'opera personale di riavvicinamento dei due paesi, e sopratutto cli diffusione cli notizie precise sulla situazione reciproca. Da parte italiana v'erano i soliti « rinu·ncia.tori » assai p~ù conosciuti nel limbo della questione adriatica cli quel che non sia Barabba nella passione di Cristo: da parte jugoslava, presenziarono i ministri Nincic e Antonievic, pur rimanendo l'iniziativa di natura strettamente privata. Inutile diffonderci sui risultati perfettamente accademici di questi incontri. Tutto «uJminò poi in umi' modesta e innocentissima coku.ione, offerta dagli italiani agli jugoslavi, e che diede origine a intimi<lazion,i dei fascisti indigeni, e a ciarle sfondolate, in cui si fa.-oleggiò di un sontuoso banchetto coronato da brindisi auspicanti per lo meno alla rinuncia cli Udine e cli Pa.lmanova. C0111unque, la riunione al Bristol avvenne a.ile 16 del 4 maggio. In essa si era parlato - ma rinunciandone l'attuazione a trattative concluse - cli una Lega italo-jugoslava, a scopo di cultura e cli propaganda. Due ore dopo, uno dei partecipanti di quella riunione si incontra a Palazzo Reale con Schanzer. - So che hanno avuto, oggi, una piccola riu:nione con delle personalità jugoslave, - -comincia il ministro in tòno agrodolce. - :\1i congi-atulo con il suo servizio cli informazioni, che è ottimo davvero, Eccellenza. - Ma io oosso dirle anche chi c'era : il tale, il tale, Ù tal'altro; - e Schanzer snocciolò tutti i nomi con l'aria soddisfatta del ministro cli nolizia che ha fra le mani l'elenco d_ei congiurati. - E posso dirle ancora che loro hanno progettato una specie di Lega italo-Jugoslava .. - Ah, sì : ma se ne parlò solo molto vaga1nente. -. ~ s~1 chi avrebbero messo gli occhi per pres1eneria' - continua il ministro. - Le ripeto, - ribattè l'altro - cbe la <:osa [n _appena accen;iata. Ad og~i mod~, in via <l11potes1, 1101sera pensato a qualche nome poco compromesso, come, per esempio, quello del senatore RuJfini ... - Eh, sì' certo, Ruffini sarebbe adattatissimo. :Vfa c'è 2nche qualche altro personaggio di prim'ordine, che darebbe volentieri la sua opera. a fine cr propaganda e_di intesa reciproca italo-jugoslava, e sarebbe anche LA RIVOLUZIONE LIBR.RALE disposto ad anelare a Belgrado a tenere delle conferenze ... - Ci consigli i:1urc, Eccellenza. - L'onorevole Orlando ... Faccia attonita dell'interlocutore. - Sl, sì, le dico, !'on. Orlando si assumerebbe volentieri, io credo, questa responsabilità. Il dialogo finl lì, e anche il progetto della Lega finì Il. Ma questa uscita del Ministro Schanzer è rivelatrice di nuovi orizzouti Schanzeriaui e Orlaucliani. Orlando, l'uomo cli Parigi, pronto ad andare a Belgrado a tenere conferenze : Schanzer, che messo davanti alle strette delle trattative, dell'abbandono della terza zona dalmata e delle temutissime minacce del!' Idea Nazionale cerca nell'uomo cli Parigi e JJeila Lega italo-jugoslava il parafulmine per le insole117.,enazionaliste. Ma poi, tramontato questo espediente, la paura cli fronte ai padroni segreti della Consulta riprese il disopra, e Sch.anzer lasciò capire a Nincic che l'abbandono della terza zona era impossibile per riguardi parlamentari. Quando liucic partì per Belgrado, portando questa coraggiosissima risposta, faceva veramente l'impressione di un uomo mortificato. Tutte le famose conversazioni col Conte Zio di Santa Margherita non avevano con. eluso ad altro che a comprometterlo dinanzi alle scimmie urlatrici di casa sua, quelle di Belgrado. Partendo, il .Nincic accennò chiaramente all'arbitrato previsto del Presidente della Confederazione Svizzera dal Trattato di Rapallo, come all'unica via d'uscita: e l'on. Scanzer probabilmente, avrebbe accettato quasta musca soluzione che, se costituiva una crisi nei rapporti diplom.atici fra le due nazioni, liberava però lui, Schan7,er, delle responsabilità più temute verso ... l'Idea Nazionale. Tutti sanno poi che l'intervento larvato di Lloycl George diede agli affari una nuova piega: il «conversatore• Tosti fu messo in disponibilità, e il comm. Amedeo Giannini, quasi per confondere fin il ricordo della misteriosa colazione dei rinunciatari, offrl in nome del ministro un banchetto alla stampa italo-jugoslava : un banchetto, questo sì, veramente sontuoso, cui intervennero anche i cnstodi ideali dei quindici chilometri di zona franca attorno a Zara. Con l'alleanza inglese in saccoccia, !'on. Schanzer prendeva coraggio. Se su qu.alche cb ilometro attorno a Zara si era ceduto, in compenso si prevedeva imminente la conquista ... del muro romano! ... STATO E COOPERATIVE Iu forza cli recenti delìberazioni il movimento •sindacale rosso e quello cooperativo si sono posti sotto un organistno direttivo comune: la Confederazione Generale delle Organizzazioni del Lavoro. Le ragioni determinatrici del fatto diveng0uo perfettamente ev:ideuti quando s-i ponga mente ai concetti fondamentali dai quali prende le mosse l'azione delle cooperative che fallllo capo alla Lega Nazionale vincolate con un patto di alleanza al Partito Socialista. Accettato di questo il principio fondamentale che nega all'istituto della proprietà privata la capacità di esercitare un'utile funzione economica, la costituzione di organismi cooperativi assume preciso significato di avversione che i cooperatori esprimono per l'ordinamento sociale esistente specialmente in quanto questo pone gli uomini un contro l'altro in uno stato cli concorrenza che, per opportunità polemica, si, usa chiamate lotta, a tot·to attribuendovi quei mali che sono indissolubilmente uniti al concetto di distruzione insito nell'usata parola. Alla cooperazione si riconosce allora la capacità di risolvere radicalmente in un non lontano avvenire il problema sociale, in ciò seguendo il pensiero di analoghe attive correnti esistenti, a_l1 'estero; per ora essa si assume il compito cli iuiziare l'opera di realizzazione della Società collettivista futura stabilendone ÌJ primi nuclei econ.omici e di questi facendo il centro di una complessa attività morale, educativa, sodale sempre diretta verso la mèta agognata. Dall'accennata impostazione generale del problema i cooperatori rossi sono tratti a fonuulru:e ben chiare illazioni, quali a<l esempio: - La Cooperazione avendo significato strettamente rivolttzionario nei rapporti con l'attuale ordinamento sociale non può essere che movimento proletario e di classe, perchè vuole la liberazione dei non abbienti dallo sfruttamento esercitato nel campo della produzione e del consumo dai ~'3- .pitalisti imprenditori. - Deve appoggiarsi a quelle organizzazioni proletarie che sono sulle direttive della lotta di classe. - Deve quindi' agire parallelamente agli organismi sindacali fiancheggiandoli nel campo della resistenza. Si delinea in tal modo un piano secondo il quale si verrebbe a svolgersi il movimento proletario distinto in tre correnti convergenti : 1~ - Azione politica che, negando l'ordinamento sociale esistente rappresenti nelle attuali condizioni psicologiche e culturali della collettività la forma capace di procurare ai suoi elementi costitutivi il massimo possib.ile benessere anche se in mistu-a diversa per ciascuno di essi, guida le masse alla sua disgregazione ed a11a conquista di sempre più ampie libertà civili al di là di quelle garantite dalle vigenti leggi i;itenute espressione de1la prepotente volontà di una classe dominatrice. za - Azione sindacale di ,resistenza che difende le conquiste economiche strappate dai lavoratori agenti ~1ell'amblto dell'ordinamento capitalistico (e che rappresentano quinili il frutto di una momentanea transazione con esso) per impedire che 1e masse vengano travolte da un·a deprimente miseria. 3' - Azi.one cooperati-va che rappresenta la creazione dii organismi ecouomici destinati a sostituire in futuro i capitalistici distrutti. Quando il ciclo del movimento proletario fosse concluso l'azione sindacale cesserebbe di aver ragio11e cli 111a11ifestarsi;la politica si tramuterebbe in azione di governo; fintanto però che il coronamento violento degli sforzi del proletariato non lo porti al potere l'azione delle coope.rath·e 11elladifesa dell'integrità ec0110micadei lavoratori rimane necessario com,ple11iento cli quella sindacale. Posto tale principio in virtù del quale i socialisti hanno cessato di esercitare una critica demolitrice della cooperazione e hanno accettato di inquadrarne le manifestazioni tra quelle volute dalla ilisciplina particolare del partito, i due movimenti, come abbiamo detto, hanno trovato un punto ili intimo contatto rinunziando in parte alla propria indipendenza e ricercando. nella unicità della direziolle le garanz'ie necessarie per raggiungere, senza creare reciproci impedimenti, il fine ritenuto comune. E' naturale però che di fronte a11'aYvenutoconunbio l'osservatore si ponga la domanda: - Quali potranno esserne gli effetti prevedibili per l'una e I'altra branca dei movimento proletario, dato e non concesso che la cooperazione debba essere consider~ta come esclusivamente tale' Il moyimento di resistenza potrà senza dubbio avvantaggiarsene assai ; g1i sarà reso infatti possibile chiamare le cooperative di consumo a finanziar~, col mezzo praticamente efficacissimo della concessione a credito degli alimenti pel mantenimento degli operai scioperanti, le lotte che i lavoratori sostenanno. Appare invece assai problematico il vantaggio che la cooperazione di consumo può trarre dal vincolo cui si è assoggettata. Si può facilmente immaginare che le singole aziende finiranno col dover subordinare la loro sorte a quella ili agi.tazioui sull'esito delle quali nessuno dei dirigenti sindacali può a priori pronunciar-si; se infatti la lotta intrapn;sa raggiunge risultati, sia .pure favorevoli aglil operai ma, come accade nella quasi totalità dei casi, tali da non permettere un immediato rimborso delle spese sostenute nel periodo di non lavoro, il credito fatto potrà 1·estare a lungo scoperto e costituire una grave minaccia per la solidità delle cooperative che lo hanno prestato e che si sottopongono in tal modo ad uno sforzo superiore a quello compatibile coi mezzi finanziari realmente disponibili. E' noto d'altronde che il peso di uno sciopero è sostenuto coi fondi accantonati dalle organizzazioni sindacali con trattenute sui salari degli operai federati; tali fondi, quasi sempre insufficienti, vengono integrati o coi risparmi personali, se ve ne sono, degli scioperanti in precedenza fatti per altri scopi, sia pure rendendoli più efficaci con ·una temporanea restrizione dei consttmi, o col credito ottenuto dai fornitori. Quando quest'uJtimo fosse dato da organismi posti a fianco del movimento di resistenza con quel preciso compito, non importa se non confessato, è logico supporre che gli organismi stessi dovranno ben presto sopportare tutto il peso derivante dal finanziamento delle agitazioni giacchè i lavoratori non vorranno sacrificare i risparmi individuali o ridune i consumi quando avranno la possibilità di ottenere, esercitando una facile pressione su11é organizzazioni di resistenza, i necessa1i rifornimenti delle cooperative. I Sindacab, d'altra parte, si vengono a tro'7are cli11na11Zai d una disponibilità cli fondi vera.mente con,. siderevole per questi ultllni tempi nei quali normalmente la grande frequenza del1e agitazionj è mal compensata dalla poca proficua raccolta delle trattenute sui salari; in tali condizioni è assai difficile essi riescano a trattenersi dall'intaccare largamente le ricche: riserve e dal creru·e uuoYe occasioni per attingervi trascurando quel pre\1eutivo esame critico della· situazione cl.te dovrebbe evitare tanti scioperi male impostati e risparmiare ai 1avorn.tori vani sacrifici. Non per nulla Ettore Gaetani in « Popolo Sociahsta » asserisce che si vuol giungere « alla cooperazione della classe proletaria~ alla creazione di Enti che siano arma del sindacato, mezzi di lotta, riserve nei momenti critici, forma di passaggio alla società di domani » dopo aver detto che-« il divenire sancirà sì l'i11dipenden2a· tecnica cle11acooperntiYa 97 dal si11dacato ma anche la dipendenza politica e morale>. Si potrebbe aggiungere che i lavoratori sindacati saranno spinti a divenire soci delle cooperati.. ve dj consumo e che come tali non avranno convenienza ili rovinare queste ultime gravandole cli un troppo alto onere; ma ragionamento siffatto è possibile in periodi di tregua relativa non di lott-'.1acerba quando l'unica preoccupazione esistente i: quella di vincere ad ogni costo. Essa poi è destinata a prevalere decisamente su quella della conservazione della potenza commerciale delle cooperative poichi: si è radicata ormai nci loro componenti la speranza di rimetterle in sesto, quando pericolassero, a spese delJo Stato. Cbe tutto ciò debba servire a migliorare i singoli organi:.mi, ad assicurarne 1a prosperità avvenire, ad irrobUlltirli, sarebbe difficile a=ettere; sbaglierebbe però chi ritenesse essere il fenomeno che abbiamo rapidamente osservato tipi.- Co del movimento cooperativo rosso italiano. Nel recente Congresso dell'Unione Cooperativa Britannica a Brigbton, ad esempio, è apparso ben chiaro cmne quello inglese si sia schierato a fianco degli operai per sostenerli nelle più aspre recenti lotte economiche e come infine arl esso si dia da parte di molti dei suoi maggiori esponenti un significato nettamente rivoluzionario nonostante il loro atteggiamento abbia suscitato le più acerbe critiche. Auto,evoli scrittori sostengono che non può la cooperazione essere considerata come preparazione a<l una società collettivista in quanto i: finanziata da capitali individuali nascenti da un ben ordinato spirito di risparmio, ma più si preoccupano del fatto che essa sta per di:;:enireta' fonte alla quale sperano attingere largamente partiti politici per il raggiungimenw di scopi che ·.;anno senza dubbio al di là di quelli che Lesingole cooperati-z;_ien, quanw sono /lZÌen/Ù commerciali, debbono e possono proporsi di raggiungere sì che la stessa esistenza loro viene 1nessa in forse. A nostro avviso il fatto che la cooperazione i,i_- glese trova realmente origine nei risparmi privati costituisce una seria garanzia contro sue pericolose degener3.7Joni. Essa possiede cioè la capacità di arrestarsi sulla pericolosa china dell 'aziOM politica a tempo per evitare la rovina dei suoi prosperi organismi. Ben diversa invece e più. grave appare la posizione della cooperazione italiana che dai 1isparmi printi attinge solo una parte delle sue disponibilità finanziarie e che, in un ambiente dominato da correnti demagogiche che prostituiscono lo Stato a chi è in grado di far balenare minaccie ricattatorie, trae forze cospicue da una taglia imposta ai contribuenti nell'illusoria credenza che i danni dell'artificiosa redistribuzione ottenuta, lungi dal ripercuotersi su tutte le classi sociali possano rimanert: circoscritti entro i limiti ben definiti delle categorie abbienti inizialmente colpite. Cessato ogni controllo sulle spese da parte dei soci non chiamati; nella eventualità ili una crisi aziendale, a sopportare sacrificio di sorta e intenti quindi ad organfazarsi per perpetuare il privilegio del quale godono, è evidente che, attraverso il continuo peggionunento delle condizioni economiche generali determinato dal! 'artificioso assorbimento del risparmio che i cooperatori, auspice la onnipotente burocrazia, incoraggiano a proprio vantaggio, unitamente ad altri parassiti del pubblico bilancio, e sempre più incoraggieranno qua.n.to più le necessità del nt01Jimento di resistenza si faranno 1.ri:vacemente sentire, la sorte di tante aziende cooperative diverrà precaria non appena ad esse, spinte verso forme cli attività equivoche ed imprudenti, verranno a mancare i ioudi sui quali contano per l'adempimento del loro programma. Movimento sindacale e movimento cooperativo hanno profonde ragioni d'essere; pure si delinea il periçolo che l'uno diYenga causa della rovina dell'altro. In queste stesse pagine Epicarmo Corbino osservò a ragione che l'unica categ.oria ca.pace di realizzare un movimento sostanzialmente rivoluzionario nel presente periodo di revisione di tutti i valori politici e sociali è quella dei contribttenti. Non è imprudente aduuque la previsione fatta circa l'esaurimento del flusso di energie fiuanziaiie artificiosamente orientate dallo Stato verso mète particolari una delle quali è appunto la Cooperazione inq,u.adrnta ne.i 111-0-vl;Jnentpo li: tico. Essa ha dato vita ad aziende per le qµali il ragg-iungimeuto di sicuri risultati economici trop. po facilmente viene negletto per 1a conquista cli ideali posizioni nel campo sociale, come se quest\iltin1a fosse; prescindendo dai primi, possibile e duratura; ne consegue che non potendo tali aziende spera.re dal credito ordinario un aiuto provvidenziale, perchè il credito si commistrra ad una prudente \·alutazione di valori re.ali e diffida quelli solo potenziali contenuti in un piano di riforme sociali, moralmente attraenti ma di incerto successo pratico, esse si av"!eranno ·,:..1S{) u11a crisi terribile che potrà (ors';-.i..:!letraY:.llg!- re quei, benefici che la coope·:a1,1on""cnme ~trumento di ricchezza, dà e può dare quando risulti dal concorso d'i forze non fi.ttizie. Ne risulterà però anche una razionale selezione che conserverà in vita gli organismi tecnicamente più robnsti ines01·abilmente sacrificando quelli invece che solo da motivi di ordine politico traggono ragione di esistenza. Tanto meglio se i superstiti, per virtù propria e delle forze che libera·mente -ui cOnve1·ge·ranno attratte dalla convenienza contrariameni.e alle attuai.i coatte, potranno anche farsi strumento di una profoncla rigenerazione della società. RAUER RICC•I.RDO.

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