La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 7 - 2 aprile 1922

che sarà diretta dal Sanna, ossia da uIJ uo1:1° che ~a comuu~ con, il Gramsci le preocc1:-p:iz1omd1 realismo politico apprese alla pm fec~mda scuola politica che l'Italia abbia a~to m questo scorcio di secolo: L'Unilà di Gaetano Salvemini. Ma la caratteristica del movimento (la co· sc1~1Jza<;heesso ha saputo formarsi dei birogm te.cmct della IJOstra industria e della fun- :.1ione degli operai nella fabbrica) è andata perduta. Perchè? Si soIJo iIJariditi il cervello e l'atti,viità dell'uomo che ha interpretato e creato il movimento, approfittando è vero, di condizioni storiche oggi atteIJuotesi, ma vigorosamente rinnovandole e coIJcretandole Certo l'inerzia del Gra=i e la separazione, colla maucan7.,adi collegamento, tra gli elementi più attivi: Gramsci, Togliatti, Terracin.i, (data la povertà di dirigenti che travaglia ogru teIJtativb politico italiano) è non una causa, ma UIJsintomo e UIJ'occasioIJe 1.x:ricolos.a.Al disopra delle persOIJenoi crediamo tuttavia che il vecchio problema (posto dall'Ordine Nuovo come problema dello Stat~ opernio e di autodisciplina popolare che sureali=. nel Governo) fatto dimeIJticare da un anno di disoccupazioIJe e di iIJcertezze t?rne~à fondameIJ:'3-lee ineluttabile appella I Italia s1 :ntrovera al suo compito di IJazione moderna. E allora l'adesione di un.a aristocrazia poNote di cultura storica GAETANO DE-SANCTIS Chi volesse provarsi a definire il significato dell'opera di G. De Sanctis, mettendone in luce l'ambiente spirituale, mostrando le direttive che egli persegue, delimitando le rispettive influenze che ognuna delle scuole contemporanee ebbe ad esercitare sulla sua mente aperta e sempre tesa a raccogliere le nuove voci cli verità, - cercando insomma di scoprire quella filosofia, o quella fede, che deve pur essere intrinseca ai suoi studi e dirigere e spiegare ogni suo atteggiamento, ~ si troverebe, a dire il vero, imbarazzato. Il professor De Sanctis non fu positivista, sebbene del positivismo rimangano in lui traccie indubbie, e più generalmente, ne11a posizione che egli assume di fronte-, per esempio, ai fatti artistici e religiosi, e più particolarmente, nella concezione medesima eh 'egli professò della storia, come sdenza che procede dagli effetti alle cause, al modo stesso delle scienze fisiche, ma con minore sicurezza., per l'incapacità sua a riprodurre sperimentalmente i fenomeni (clr. Per la scieiz11 dtll'antichità, Torino 1909, p. 277). E come non fu positivista, cosi neppure può <lirsj seguace del marxismo o dello storicismo idealistico: per quanto non sia difficile scoprire, e nella Storia de-i Romani e nella Storia de!/.a ·repubblica ate1iiese, le influenze non piccole che .eserdtò sul· suo spirito, pur attraverso ]a polemica, il materialismo storico; e sebbene d'essersi nutrito di filosofia hegeliana confessi egli stesso, ed evidente sja in lui ]O studio sempre ntaggiore e sempre più proficuo dei sistemi idealistici moderni, e in specie della storiografia cr<>- òana. Tuttavia nè ~•t111anè l'altra di queste due correnti intellettuali, che cc.si fortemente hanno impregnato di sè, promovendoli in vario modo, gli studi storici moderni, rappresenta il centro ideale del suo lavoro: così il ma.r:x.ismocome l'idealismo non diventano in lui fede, che accentri in un unico problema tutte Je sue ,ricerche, ma rima11gono, per così dire, elementi di twa cultura. complessa, aceettati in quanto esprimono 11na coscienza diffusa e una direzione importante .del m_oyjmento scientifico: non gerarchicamente ordinati, lJla giustapposti; non conquiste nuove di verità, ma sussidi metodologici di maggiore o minore utilità offerti al bisogno degli studiosi; cognizioni, non passione; tutti svuotati, come se un'ombra cli scetticismo li avvolgesse, alterandone il contenuto interiore, senza scomporre la superficie immobile. Venuto agli studi storici non daÌla politica, ma dalle ricerche filologjche, G. De Sanctis accarezzò sempre un ideale d'illuminata filologia, che, senza abbandonarsi a qnell 'eccesso cli critica che tocca la sofisticheria, tuttavia non perda mai di vista le tradizioni e i documenti, nè d'altronde dimentichi mai la realtà della vita, o meglio, più che dalla vita, delle varie vicende dei dibattiti teoriò e filosofici e politici: una storia insomma, per adoperare quasi le sue stesse parole, che non sia opera nè di puri grammatici, nè di ciar- .latani o dilettanti (cfr. ibid. passim, e pagine 330-331, V • IX). Ideale che abbiamo cltiamato di filologia, più che di storia, perciò che s'accentra in un problema di metodo, inteso non crocianamente come filosofia, bensl come sistema de11ecognizioni che si richiedono praticamente per lo storico, doYe la filosofia occupa un posto anch'essa, non centi·.ale tuttavia, ma particolare, accanto ali 'epigrafia ed alla psicologia, all'archeologia ed alla scienw economica. Da questo punto di vista, che potrei definire astrattamente formale o formaliLA RIVOLUZIONE LIBERALE litica libèraJe (quella che noi vorremmo creare) al rrwvimeIJto sorto dal basso potrebbe farlo trionfare e BIVViarlodecisameIJte secondo la s,u.a logica autonomista e storica. PIERO GOBETTI. .NoTA. - Il precedente studio rivela del mo- :,-1me11U? c~uuista ~tti che osiamo dire 1~norat1. Ciò che si vede nel processo di Turino m confronto a questa realtà è UIJ fatto superficiale, inveralo e giustificato dal tormento ideale che gli fu contemporaneo come le mteml)el"anz_egiacobine sono giustificate e fatte ?unenticare dal valore storico della R1voluz1oue francese. Certo i vinti non ha:nn? que:'to diritto: ma il processo storico che a1 fatti esaminati si connette è ancora IJel suo divenire. Il presente studio sarà continuato e rifatto: chi scrive è forse il solo liber~le 7he_abbia seguito e vissutoCOIJanimo cri. hco 11smgolare movimento e pensa di essere moralmente tenuto a tracciarne la storia comp'.eta, . documentata. Questa prima appross1maz101Jeè dUIJque essenzialmente lllla g1u:511ficazioneteorica <le! Manifesto, necessana di fronte alle critiche del!' amico Ansaldo: a.ll'autore, che l'aveva scritta con uno scopo divulgativo e informativo non è stato possibi'.e per ragioni empiriche 'trasfon:n.a,.rla subito m UIJancerca completa di valore conclusivo e ha pensato che non fosse inutile pubblicarla qual'è. stico, positivismo marxismo idealismo non valgono per il contenuto vivo e operante, non si impongono allo spirito dello studioso, nè riescono a padroneggiarlo, raccogliendone tutti i p'i·oblemi mtorno a un nucleo centrale, che determini alla ncerca storica il suo indirizzo, ma piuttosto rimangono estra,nei alla mente dello scienziato. Del quale tuttavia sarebbe inesatto dire che si esamini solo superficialmente e imperfettamente, potchè è vero anzi il contrario. Il De Sanctis studia amorosamente le moderne correnti intellettuali, bensi wn un interesse che non tocca, per cosi dire, la materia dei problemi fil~sofici e politici, e si rivolge ad essi, e li ama, e h studia solo in quanto sono scienza, esperienze nuove, opera cli studiosi seri e aristocratici : si potrebbe dire, se in queste parole non fosse conte~uta un_asfun_w-tur~d'ironia, e forse di spregio, eh esula 1l1 ventà dal nostro pensiero che i sisteini e le teorie lo interessano, più ~he per il loro valore di vita, per il loro valore d'accademia. Con ciò si potrebbe credere (ed è pure in qualche modo vero) che in fondo l'atteggiamento del De Sanctis sia_ tutto impreguato di scetticismo, se pur non c1 fosse, implicito in esso, un amore e una fede: l'amore vivo e costante per la scienza come scienza, che è fede tenace nel suo sviluppo progressivo. Problema di metodo, amore della sc~enza : in queste formule pare a noi si possa raccogliere in un certo senso tutta la lunga operosità del nostro storico, e - pronunciandole - rievochiamo a noi la figura simpatica dello studioso, con quel che è in essa di a~demico, e non dispiace, come un simbolo di aristocrazia mentale che va scompru·endo; e ripensiamo il suo dolore franco e l'ingenuo stupore che lascia trasparire ogniqualvolta nel mondo della scienza gli tocca d'imbattersi nella leggerezza d'un dilettante o nel cieco furore d'un avversario, che la polemica - distraendo l'interesse della disciplina in misere beghe personali - porta a disconoscere l'esatta realtà; e l'ideale eh 'egli accarezza in cuore d'una repubblica delle lettere dove tutti gli scienziati sian provvisti cli quella dignità e cortesia che nasce dalla lunga consuetudine degli studi ; e ci ritornano alla mente le pagine sue cli po1emica che sembrano attuare quell'ideale, franche e piene cli vivacità battagliera come esse sono, ma nellO stesso tempo garbate, e elevate di tono, e impregnate cli quel rispetto alla scienza, che ci fa dimenticare ogni motivo puramente egoistico. E amore della scienza sarebbe tutto, se molto più altro non ci fosse, ch'è impossibile' formulare, e si può soltanto accennare: la ricchezza. della sua coltura; la limpidezza e la dignità dell'espressione, l'acutezw dell'indagine sgombra da pregiudizi, e aliena da ogni mera ingegnosità, cosi come dalle sintesi affrettate e superficiali; e sopratutto l'attitudine spontanea alla riflessione psicologica arguta e commossa e la tendenza all'analisi minuta degli eventi e delle loro cause più che non alla costruzione organica del periodo storico, caratteristiche che ci fanno rip~11sase talora alle opere storiche del Manzoni. Chi vuol riconoscere tutte queste ed altre qualit.ì che non si possono dire, e che fan cli lui una delle figure più notevoli del movimento cli studi contemporaneo, deve andare a leggere, o rileggere', I~ pagine che il De Sanctis ba dedicate alla costituzione ed alla riforma de.i comizi in Roma, alla democrazia e all 'i1nperialismo ateniese e - specialmente notevoli - quelle relative all;ortlinamento dello stato cartaginese; e le parole incisive e precise con cui scolpisce le figure dei principali uomini dell'antichità: Solone e Clistene, Temistocle e Pericle, Agatocle e Ierone, l1 ppio Claudio Ceco e Caio Flaminio, Q. Fabio Massimo, Scipione e Annibale. .Dei diietti poi e dei limiti, che più sopra abbiamo scoperto nello spirito del nostro autore, appaiono chiare le conseguen,.e nei s-uoi libri di storia, a chi ne osservi l'intima frammentarietà di concezione. I diversi problemi politici, economici, religiosi, filosofici, artistici, sociali; stanno ciascuno per sè, senza che nessuno mai soverchi sugli altri e tenda a risolverli in sè stesso costituendosi come centro ideale dello svolgimen'. lo. Ad ognuno di essi il De Sanctis s'appressa mootranclod sempre le sue doti di acuto indagatore e filologo, di penetrante osservatore di anime, di uomo coscienzioso e geniale; in ciascuno porta il suo animo comm0S60 e riverente sia pel piacere che deriva dall'indagine stessa i~ atto, sia pe.r la grandiosità e la potenza dei fatti so. cui l'indagine si esercita. Par tuttavia a chi legge che qu.alcosa dell'anima di lui resti fuori del su_osc_ritto, e non qualcosa di secondario, ma propno c1ò che v'è di più importanté, la sua filesofia, la sua fede: onde ne rimane nell'animo del lettore, insieme colla gioia della lettura ;nteressante e piacevole, un senso doloroso d'inscxlclisfazione. G. De Sanctis è cattolico, e più volte nei suoi libri e nelle sue polemiche gli piace di ricordarlo: il che gli ba sollevato contro critiche malevoli e sciocche, non degne di ricordo. Tuttavia questo suo cattolicismo non apparirebbe mai dalle sue opere storiche, s'egli stesso non venisse talora a ricordarcelo. Quella fede che potrebbe offrirgli un principio unificatore dell'universo spirituale, un criterio di giudizio cosi potente, ·pur nella sua rigidezza morale e nel suo intellettualismo, riwaue estrinseca e sovrapposta. Cosi che da un lato, il giudizio si stacca dall'analisi del fatto che sta a sè (come qualcosa cli compiuto in sè), onde nel lettore profano e ignaro di sottili questioni filologiche nasce il desiderio cli voltare in fretta le pagjne di minuta ricerca cronologica e correr subito alle osservazioni finali; d'altra parte lo stesso giudizio storico, pur cosi largo e comprensi voJ lasda un'impressione di vuoto, che ci fa quasi desiderare la rigida e coerente concezione cattolica del Manzoni, quale traspare dalle sue opere storiche. Nel grande prosatore lombardo una ferma fede costringe tutti i problemi intorno a nn nucleo centrale, li lega per cosi dire in un formidabile organismo logico, dove la coerenza interiore limita la larghezw e l'ogget· tività del giudizio, così da spingerlo a negare persino il valore della rivoluzione francese: lo storicismo che pervade tutta la vita intellettuale moderna ha insegnato al De Sanctis che ogni istante del progresso storico ha il suo significato e il suo merito, che nulla si può negare di ciò che è accaduto, ed ogni cc.sa è obbligo cli comprendere ; ma glie! 'ha insegnato per cosi dire in un modo estrinseco che non coglie la sostanza, ma solo la superficie dei fatti, e al suo storicismo c:he gli viene daHa nuova educazione, e che rimane in lui ma svuotato della fede nel suo valore assoluto ed eterno, quasi ci vien fatto di preferire l 'intransigenw lineare del Manzoni. Vorremmo insomma che, più jntimamente compenetrata con la narrazione delle alterne vicende partecipasse al dramma storico quella Provvi <lenza, che l'autore invoca terminando il secondo volume della sua Storia dei Ronumi: poichè, come osserva acutamente il Croce recensendo l 'opera del De Sanctis nella Critica (VI, 390), , questa forza spirituale, intesa in modo affatto immanente, e il progresso che ne è la manifestazione, bisogna farli apparire nel racconto stesso <. non gjà introdurli alla fine mediante una for'. mula che rimane astratta». Pur tuttavia di questi limiti della sua attività ha coscienw in qualche ,modo il De Sanctis stesso, nel quale, accanto all'amore della scienza che lo apparta in una solitudine austera ma povera di contenuto umano, noi sentiamo sempre più farsi luce un. desiderio trepido d'affacciarsi alla vita, cii superare i primi confini troppo angusti della cultura universitaria; desiderio che ha in sè la timidità e l 'apprensiorie di chi s'inca1nmi11aversò l'ignoto e, mentre ne assapora la bellezza ,ne t;'".e i pericoli. Ma dell'aver egli saputo superare 1. timore 1mmechatodi questi pericoli, e dell'aver 5:°:tito la necessità di render la sua scienza piU nc1na agli interessi e ai do1ori nostri, senza affog":la nel dilettantismo, noi dobbiamo essergli grati. Una breve esperienza politica (la guale, più che politica in senso 'stretto, è stata opera cli coltura sapiente e oculata, che risente ancb'essa nei suoi momenti migliori 1'influsso dell 'ideaU.smo moderno), la fatica immensa de1la guerra, la sccntentezza presente han recato negli ultimi scritti del De Sanctis un accento di pensosa malinconia, che si fa sentire già nel terzo volume della Storia dei Ra-mani (che è il libro migliore del nostro), e più in un bell'ruticolo sul Dopog1tena antico (pubbl. nella Rivista Atene e Roma, N. S., T 3-14, 13-89), dove nelle vicende e nei problemi della storia romana dopo le guerre puniche ci si fa sentire, con mirabile garbo e sicurezza di misura, l'eco di situazioni più vicine al nostr0 spirito e che ancora dolorosamente ci travagliano. Rimangono bensi, anche in questo sforzo cli approfondimento umano, i difetti che più sopra abbiamo esposti, ma attenuati in qualche modo, e chiari solo a chi, per la lunga esperienza fatta con questo autore, li risenta nell'artificiosa distinzione dei problemi, ciascuno dei quali ha un suo posto a sè, e non riesce a coordinarsi con gli altri in una visione unitaria. Le doti di serietà e d'acutezza, derivanti da un profondo amore della verità e eia una meditazione sottile se pur troppo analitica, insieme con il 27 senso ù'un allontan.am.ento doloroso della persona dello storico, é con la coscienza di questa mancanza ma ancor timida e poco chiara, rimangono mfine le caratteristiche fonda.mentali della simpatica figura cli Gaetano De Sanctis. Nella quale, per concludere con un'osservazione più generale il nostro discorso, si potrebbe per a,venlura riconoscere un atteggjamento assai diffuso dei cattolici nostri verso la coltura moderna : accettarne i dati e le conquiste, non nel loro valore intimo e profondo, ma per cosi dire nella struttura logica che è alla superficie, riuscendo solo in tal modo a conciliarli più o meno bene con la propria fede, che rimane nascosta nell'ombra, o se pur s'intrude improv,;samente nel mondo nuovo, senza una precedente giustificazione, vi si disperde come la risonanza fioca. di un lontano passato. NATALINO SAUGNO. Espetienza liberale Rivoluzionee Disciplina È giustificato il rimprovero che cordialmente ci muove il Murri nell'ultimo Rinascimento o non si deve invece alla fretta con cui il nostro amico ci ba letti, preoccupato cli un'esigenza alquanto schematica di classificazione che non si adattava affatto all'opera nostra? E certi sorrisi quasi scettici e punto coerenti con il suo co_stante atteggiamento cli inquietudine indagatnce non son~ forse da attribuire, per esempio a proposito de1 comunisti torinesi, a una lacuna della sua cultura politica? Siamo sicuri che ne tornerà a giudicare più serenamente, per la sincera simpatia che ci dimostra, il Mnrri stesso. « Immaginate voi che cosa sarebbe una rivoluzione di contadini, in Italia? La rivoluzione è fare invece nei contadini come del resto 1i.e_llamassima parte degli operai; ~elle ]oro U:. SClenze, perchè cli strumenti che sono divengano atton, dt governati governanti, cli servi liberi. . e Volere ad ogni costo inserire questa rivoluz10ne, ~be deve essere cosa interiore e spirituale, nelle vicende esteriori politiche è un metodo alquanto pericoloso. Queste rivoluzioni storiche si compiono talora attraverso una serie più o meno lunga cli crisi, talora si svolgono rapide; ma una basta a caratterizzare un'epoca. • Il guaio dell'Italia è che molti italiani, cli tutte le clas_~i, sono in ritardo sulla rivoluzione politica gta fatta ( ?) ... Il mito di nna rivoluzione politica da. fare è un'illusione sterile, perchè lo Stato, nella sua costruzione ideale, è, od almeno era (:), prima dell'avvento dei popolari, più rivoluz1onario cli tutti i rivolt12ionari d'Italia• ed è un'illusione dannosa, perchè gli amici eh~ si scaldano e si esaltano per un nuovo Stato da fare cli~de~o la conquista di quello che c'è, e con'. tribmscono cosi a peggjorarlo praticamente, senz,t poter superarlo idealmente,. E conclude esor. tandoci a cercar: in noi stessi la disciplina, benchè creda che d1ffic1lmente noi sapremo trO\·arla. Ma che· cosa ha compreso il Murri dei nostri intenti ? Dove è andata a finfre la sua concezione idealistica della storia e della. politica? . E i~tanto: lo Stato è oppure era più rivolu- ~1onano, ecc_, ? E se _ era, ma non è più dopo L avvento dei popolari, come il Murri conclude dove consisteva codesta sua supe.tiore forza idea'. li rivoluzionaria se una questioncella parlamen- :"re_ ~ bast~ta a liquidarla? Oppure il problem,,. e pm amplò e la , questioncella , non è che occasione a un chiarimento della realtà e allora lo Stato non solo non ~, ma non era, non è stato mai più- -rivoluzionario, ecc. ecc. e appena è sentbrato ecc. ecc. Da questa dialettica non ci si pu~ Eberare. Ma ha dimenticato il Murri la nuov; rev1srone della nostra storia cui egli stessa reeò eccellenti contributi, che conclude con il negare che gli italiani siano riusciti a penetrare e a far proprio il valore implicito nel nuovo Stato? Ma La lotta politica cli Oriani è stata per nulla? E com~ si può concepire, separato dalla rivoluzione che ogni gjorno si fa nelle coscienze una ri~oluz-icme politica già fatta f Fatta da chi, per chi? Nonchè dannosa è addirittura inconcepi· bile la conquista dello Stato che c'è, perchè nessun Stato e' è se non lo creiamo concretamente e attualmente in noi : questa conquista s'inserisce iu una tradizione, in un processo storico, ma a. patto che il processo storico novellamente si crei, perchè in sè non esiste è un 'astrattezza comoda per lo storiografo, illusoria nell'azione concreta. Le obbiezioni del Murri sono stranamente anac:onistiche e per giustificarle bisognerebbe aderire a una storiografia onnai superata, quella ·del Laberthonnière, per esempio, non volendo risalire ancora più addietro . .Del resto la scoperta murriana di una disciplina d1strnta dal fervore spirituale che la giustifica e la fa scaturire, di una disciplina antecedente al1'.idea è. addirittura cattolica o almeno prekanttana: ltbertà e autorità, disciplina e rivoluzione non esistono che come correlative e hanno un senso solo a patto di essere l'una implicita nell'altra. Infine non esistono politicamènte interno ed esterno; la rivoluzione nei contadini, negli operai è ancora e immediatrunente rivoluzione dei contadini, degli operai, non essendoci pensiero

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