La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 7 - 2 aprile 1922

biu 26 I quali dovevano essel'e nel suo pensiero i quadri del nuovo Sta,to operaio, e nel periodo di lotta violenta i quadri dell'esercito rivoluzionario: alle astratte propagande si trattava di sostituire un' àZione concreta : gli, opera.i dovevano abituarsi a una reale disciplina e a un cosciente esercizio d'autorità, dovevano acquistare, a contatto coi loro organismi di lavoro, una mentalità di produttori e di dasse dirigente. Se ne\1a fabbrica si svolge la vita operaia, nella fabbrica si devono organizza.re gli operai per resistere di fronte agli industrìaii. Il nuovo Stato che •on sorge più in nome degli astratti diritti e doveri del cittadino, ma secondo l'operosità dei lavqratori, deve aderire plasticamente .~gli organismi ìn cui la loro attività si svolge e di qui attingere la conoscenza dei loro bisogni, l'esame dei loro problemi. Comunque si debba giudicare della validità pratica di tali formule, questa era finalmente una concezione rivoluzionaria, di fronte a cui tutto il bagaglio di astrattismo e di riformismo doveva cadere. Il sindacalismo di Tasca, che accettava i Consigli per attribuirvi lo stesso valore dei Sindacati, si rivelava inadeguato alla nuova coscienza operaia che bisognava instaurare. Tasca trionfò, per un istante e per un equivoco, nel consiglio camerale, ma dovette lasciare L'Ordine Nuovo e rimanere estraneo a.i nuovi esperimenti di lotta di classe. La rivista diventò il centro a cui affluirono i nuclei più coscienti dei proletari, che ne attesero la parola d'ordine nelle lotte più gravi, nel momenti più incerti. L'occupazione delle fabbriche e la campagna elettorale per la conquista del comune furono gli episodi culminanti : ma contro l'azione della nuova aristocrazia stava il peso morto delt'eredità socialista, l'incapacità dei dirigenti ·confederali, gli ideali utilitaristi delle mases, lo spirito reazionario (riformista) dei contadini venuti al partito, la vigliaccheria degli ur:ivisti : e in questo dissidio, che è assai degno di essere studiato più profondamente. 1i movimento si confuse sino a perdere la sua capacità risolutrice. Il Consiglio di fahhriea. Per tutto l'anno 1920 il Consiglio di Fabbrica fu il centro dell'attività rivoluzionaria, il problema intorno a cui si distinsern le varie sfumature del movimento operaio, l'organo della lotta contro le organizzazioni industriali. Mentre queste, seguendo esigenze locali si mostravano fortemente battagliere e si ~ntivano moralmente e intellettualmente alla testa del movimento industriale della nazione, gli scrittori dell'Ordine Niw·vo capivano di non JX)ter resistere coi vecchi prin· cipi di comuni discussioni sindacali, di non poter aderire alla tattica meramente economica della. Confederazione generale del Lavoro quando il movimento impegnava la personalità degli interessati integralmente : la lotta generale doveva avvenire su. un fronte unico di azione. Come questo pensiero s1 elaborasse come si svolgessero le discussioni prelim-i~ tra fautori e aw,ersari dei Consigli di fabbrica, il lettore può vedere 111 un_libro di M. Guarnieri: I Consigli di Fabbrica, (Il Solco, Città di Castello, 1921). (Il Guarnieri h.a tendenze riformiste e per conservare un attego-iamento di imparzialità si appaga di un eclettismo alquanto confuso. Chi n;m abbia seguito il movimento a Tonno ~ giornali locali non può attingere dal libro un criterio che rechi luce sulle sfumatw:e della lotta e ne indichi i punti culminanti. La c-Oinpilazioneè tuttavia interessante perchè raccoglie alcuni documenti notevoli). Il dissidio teorico e pratico ha, come avvmimmo, caratteristiche schiettamente torinesi e corrisponde a condizioni di più raffinato progresso tecnico e di più viva comprensione dei rapporti politici. delle classi sul terreno della produzione. Nell'agosto del 1919, quando già il G:ramsci ~v~va pos~ chiaramente la sua tes,1 nella nV1Sta settimanale Ordine Nuovo, alcuni gruppi di operai della Fiat-Centro, coi quali il movimento intellettuale comunista era in intimo rapporto di discussione e di collaborazione, pensarono di creare i nuovi organismi di lotta e di organizzazione proletaria moven<lo da nn'istitu.zione preesistente: le Commissioni interne. Queste, sorte da parecchi anni a Torino senza notevoli opposizioni da parte degli i;dm,i:riali, erano destinate secondo il pacifico Colombina a costituire un.a nuova specie di scuola d'arti e mestieri e nel segreto pensiero del Buozzi avrebbero perfino potuto recare incremento alla produzione. Si trattava ora di rinunciare ai limiti dell'organizzazione economica, di affermare le Commissioni interne come organismi politici di far riconoscere loro un potere accanto e c~tro il potere padronale, di estenderle fino a farle diventare veri e proprii Consigli di Fabbrica che imponessero agli operai la loro disciplina e li organizzassero secondo la naturale gerarchia <li produzione. L'esperienza insegnò subito che le C. I. potevan() essere per le psicologie individuali un buon punto di partenza : ma le funzioni del nuovo a l,; LA RIVOLUZIONE LIBERALE Consiglio dovevano rimanere d.istinte dalle antiche della Commissione e si crearono per c:gni reparto i nuovi t.ommissari con funzioni direttive del mav:imento operaio. . L'Ordine Nuovo (aiutato dall'edizione tot rinese del!' Avanti! diretta dal Pastore che accettava il pensiero del Gramsci) si assunse coraggiosamente la direzione e la preparazione dell'ap<>...reaconomica e politica: dimostrò l'originalità del movimento dei Consigli e la necessità di tenerli ben distinti dall'azione s.indaicale. Il sindacato è organo di resistenza, non di iniziativa, tende a dare ali' operaio la sua coscienza di salariato, non a; produttore-: lo accetta nella sua condizione cl' schiavo e lavora per elevarlo senza rinnovarlo, in un campo puramente riformistico di utilitarismo. Nel Consiglio l'operaio sente la su:a dignità e indispensabilità di elemento della vita moderna, si mette in comunicazione coi tecnici, cogli intellettuali, con gli intraprenditori, colloca al centro delle sue aspirazioni non il pensiero del proprio utile, ma un ideale di progresso tecnico, che gli ptrmetta di realizzare sempre meglio le sue capacità, e l'esigenza di un'organizzazione pratica che gli dia il potere. Lo schema di azione non era più grossolanamente democratico : la nuova società da instaurare non sarebbe stata l'indistinta s,o. cietà <lei proletariato c001emassa. Si trattava di preparare la nuova gerarchia corrispon- <le11teal valore di ognuno : e il governo doveva essere un'aristocrazia venuta dal basso, capa:ce di. affermare la sua coscienza politica 'è di ricevere l'eredità della classe di1igente esausta. Nonchè organo di col-laborazione, il Consiglio si presentava da un lato come la ce!· 1ula della futura organizzazione economica e politica, dall'altro come l'esercito del fronte unico di lotta nel periodo preparatorio. Accanto all'Ordine Nuovo sor;se un. nucleo di operai che si dimostrarono ca.paci di comprendere la nuova situazione (specialmente i commissari della Fiat)_ E poichè le masse non potevano intendere e partecipare volontariamente alle nuove idee, essi si assunsero il compito di guidarle, dove quelle non sapevano vedere, di farle trovare di fronte ad avvenimenti che le determinassero, coscienti o no, ad una azione precisa. Cosl riuscirono ad organizzare e ad im'{X>rreper dieci giorni a Torino nell'aprile del 1920 uno sciopero generale che non si proponeva le solite rivendica:cioni di salario, ma uno scopo nettamente ideale : il mantenimento dei Consigli. Lo -sciopero fallì perchè il movimento si cii-- coscrisse a Torino (cosl volle il-Consiglio Nazionale del Partito Socialista) e gli industriali guidati intelligentemente dall'Olivetti (che aveva studiato con cura il pensiero dei nuovi rivoluzionari e ne ayeva penetrato lo spirito) si opposero con tutte le forze. Ma la sconfitta i::ecò i suoi ammaestramenti. Non infranse la disciplina operaia e provò una specifica capacità di sacrificio. Dimostrò l"incapacità del Partito Socialista ad ogni azione diretta : pose l' esigen2;2 di dare al movimento una nuova organizzazione politica nazionale, capace di lanciare a tutti gli operai la parola d'ordine necessaria per la difesa dei gruppi più progrediti, che &i trovano all'avanguardia del movimento rivoluzion:ario. Il dissidio tra l'Ordine N,ta~•o e Serrati era questo sostanzialmente : il front~ unico cjell'azione proletaria doveva essere per i primi nelle trincee più avanzate; per il secondo alla retroguardia. Se1Tati pensava l'occupazione del potere come coronamento dell'elevazione generale delle masse (quando?), Gramsci pensava l'elevamento delle masse attraverso l'occupazione del potere. Serrati era democratico, Gramsci marxista Risale propriamente all'aprile del 1920 la separazione decisiva dei torinesi dal Partito Socialista e la costituzione virtuale di un Partito Comunista. Il battesimo del nuovo partito fu l'occupazione delle fabbriche del settembre : la rivincita dell'aprile, la prova del fuoco della maturità degli operai torinesi. Ma la vittoria segnò insieme la conclusione e la decadenza. perchè dimostrò l'impossibilità di estendere il movimento all'Italia, sia per gli ostacoli economici, sia per l'inesistenza, fuo. ri di Torino, di una classe dirigente operaia matura. Di fronte al grandioso movimento dei Consigli un liberale non può assumere la posizione meramente negatrice di L. Einaudi o di E. Giretti. Il liberale ha dinanzi uno <lei più caratteristici fe11001enischiettamente au. tonom.isti, che siano sorti nelL'Italia mo· derna. Chi, fuori di ogni pregiudizio <li partito, pensoso della crisi presente che è crisi di volontà, di coerenza, di Libertà, spera in una ripresa del movimento rivoluzionario del Risorgimento, che entri alfine nello spir:to delle masse popolari e le faccia aderire creativamente a uno Stato, a buon diritto ha potuto credere per un momento che la nuova forza politica <licui l'Italia ha bisogno sarebbe sorta da queste aspirazioni e da questi sentimenti. I comunisti torinesi avevano superato la fraseologia libertaria e clemagogica e si proponeva.no problemi concreti. Contro la burocrazia sindacale affermavano k: !>bere iniziativ'e locali. Movendo dalla fabbrica si assumevano l'eredità specifica pella tradimone borghese e s,i proponevano non già cli creare dal nulla una nuova economia, ma di continuare i progressi della tecnica della; produzione raggiunta dagli industriali. Contro le astrattev.te dei programmi di socializzazione sapevano quale importanza dovesse attribuirsi al problema del risparmio nella industri·a, quale parte spettasse nella produzione agli intraprenditori. Il Consiglio cli Fabbrica doveva soddisfare anche alle esigenze degli impiegati, non in quanto p:iccoli borghesi, ma in quanto impiegati ossia elementi di produzione. Le esperienze concrete dell'azione politica insomma avevano liberato quasi completamente i giovani comunisti torinesi dal bagaglio dei luoghi c001uni del socialismo e dell'internazionalismo. Essi sentivano il movimento operaio nel suo valore nazionale e liberistico. Il loro eroico esperimento fallito è uno dei più nobili sforzi che si siano fatti per <lare un fondamento ideale alla vita della· nazione. Il Partilo Comunista. La resistenza e l' orgauizzazione dei vinti è rimasto il compito dei condottieri della lotta : le masse riconobbero nel sogno infranto del Gramsci il loro ideale eroico d'azione e ·vollero l'ispiratore della sconfitta a dirigere l'Ord-ine Nuovo diventato quotidiano attraverso le rovine di un organismo. Gli esperimenti torinesi e il fallimento i11 cui si coronò la prima vittoria furono gli elementi concreti che prepararono la fondazione del nuovo Partito Comunista. I veri rivoluzionari italiani non potevano più aver -fede nel Partito Socialista, diventato pa1i:ito di maggioranza, incapace d'azione per l'elefantiasi burocratica del suo ordinamento, per il pregiudizio dell'unità, per le inizfali responsabilità di governo : era evidente che i! Partito doveva a poco a poco adeguars~ eITJIJ.):iricame.n t al veochio Stato, diventare conservatore, senza introdurre nella vita sociale nè un'idea -nè una. forza nuova, continuando il rifotmismo giohttiano. Se Serrati fosse stato un grande uomo politica la battaglia per l'unità avrebbe potuto assumere un carattere più educati<VP:e ·sarebbe stato più fecondo lo sforzo di daa:-eall'unico movimento una direzione operosa e indipendente che stimolasse le forze popolari invece di attenderle, e che al partito imponesse il pe!]S[ero della minoranza più attiva, più coerente, più rivoluzionaria. L'unità di Serrati invece, come già abbiamo notato, era democraticain.ente intesa.. Nel partito di Se,rrati, p><=lar gene.rica· propaganda messianica, erano entrati a poco a poco elementi p.1ccolo-borghesi e contadini, desiderosi di miglioramenti soltanto individuali, privi di preparazione politica, limitati ad una genetica negazione anarchica dello Stato per ragioni di utilitarismo, ostacolo insuperabile ad una netta differenziazione politica. Sistemi democratici erano destinati a porta,re alla direzione del movimento proprio queste masse impreparate che, iillCapacidi co11trol.Joe di iniziativa, avrebbero poi seguito.condottieri demagQgici. Al pari di Serrati, ma meno responsabili e meno colpevoli di lui anche i comunisti erano privi cli questa gigantesca capacità di diplomiatici e di dittatori (1) (uomini come Leu.in r. Trozchi appaiono una volta ogni secolo purtroppo!) e parve più adeguata ai loro spiriti una modesta questione. cli sincerità : cosl la separazione divenne inevitabile. La questione della disciplina a Mosca fu la mera occasione per il· conJlitto dei due sistemi : e venne accettata volentieri da i riformisti che, per collaborare al Governo, dovevano farsi perdonare parecchi peccati di internaziorualismo. Nel Pa,rtito ComuniSlta accanto al gruppo torinese (e alle minoranze che altrove ne seguivano le direttive) si trovarono alcuni messianici della rivoluzione come Bombacci e Mi. siano (i decorativi dell'Estrema, i Luzzatti del Comunismo), akuni teorici del marxismo come Graziadei, la vecchia frazione astensionista del Bordiga. Tra Bo,.-diga e GralihSCi (i due veri leaders del Partito, le arrrime del CotL5igliodirettivo, benchè Gramsci non sia uso a manifestazioni ufficiali del suo pensiero e preferisca ispirare il Terracini, il Togli:ttti o altri) vi sono indubbiamente dif. ferenze notevoli di pensiero, che all'ora della organizzazione positi•v>adeterminerebbero due diverse correnti di idee : ma li unisce una visione comune della presente situazione italian.a. Si tratta per ttitti e due cli proporre il problema della conquista del potere e di prepararvi le masse: il Partito, Socialista è fallito perchè all'ora dell'azione non aveva or- (1) Parve che l'avessero conquistata a Torino quando riuscirono nelle elezioni amministrative ad escludere Ca.salini e i riformisti ottenendo tuttavia l'adesione generale delle classi operaie. ganismi éhe aderissero agli strati della produzione e potessero costituire l'impalcatu:t'a <lei nuovo Stato; ha dovuto, per a vere almeno l'apparenza della popofarità, ri~ercare un numero esuberante di aderenti non spiritualmente preparati. Il nuovo Partito Comunista deve or'gan.iware l'=nguardia del movimento con unà rigida disciplina interiore : deve essere una minoranza direttrice, intorno alla quale la massa amorfa popolare si ordina e ne sente la superiorità e ne accetta la inJluenza. Solo questa concezione unitaria e aristocratica può dare un'anima e un carattere ideale agli operai. Tutto il primo anno di vita del Partito si ~ esaurito in questo problema di tattica che per molto. tempo aurora sarà la preoccu,pa., zione cenrtrale perchè la disoccupazione ha sconvolto le file dell'esercito proletario : sono scomparsi i consentimenti pratici e ideali che animavano i combattenti nella crisi immediatamente post-bellica, ogpi pensiero s.i perde nella frammentarietà e nell'individualismo. In queste condizioni conservare una organizzazione è veram:ente un problema centrale e l'averlo inteso prova la maturità degli uomini che studiamo: d'altra parte propro il tentativo di soddisfare questa esigenza trasporta gli attori in un ambiente artificia.ie e crea quella solitudine e quella anemia di schematismo che fu in altri tempi fatale ai miazfilniani. Per tutto un anno di fronte al fascismo L'Ordine Nuovo quotidiano è riu.scito a da.re la parola d'ordine di coraggiosa resistenz1 e controffensiva alle classi operaie che dal titolo stesso, come da simbolo, incominciava.no ad apprendere la disciplina e l'autorità. Di fronte a queste lotte fratricide il criterio di giudizio nostro non può es.sere nè quello dellia lotta di classe, nè quello della pace sociale : siamo in una crisi inevitabile attraverso la quale il nostro popolo tempra la sua volontà e si educa. a un esercizio di libertà. La violenza, sopra i sentimentalismi ed i danni contin-genti, dimostra fermenti vitali, energie decise, pensieri maturi. L'unità dei comunisti è stata raggiunta nella tattica di opposizione e cli conquista del potere : il programma positivo latente era quello dei Consigli - invero poco caro al Bordiga che volentieri si ferma alla fase mitica della rivoluzione. L'elaborazione delle idee pratiche è rimasta alquanto nebulosa e coutradditoria; essenzialmente perchè un partito d'opposizione deve avqe due programmi pa:-atici: uno mitico che offra la palingenesi agli stanchi combattenti di oggi, i quali anche dopo il _tramonto d@l cristianesimo, sospirano messianicam.ente il reguo della pace (pur negandola coll'azione), un altro politico che s'esprimerà solo nel!' ora della vittoria. Questa curiosa ironia è latente nel movimento rivoluzionario : l'ora risclutiv>a determina la negazione dei programmi che l'hanno preparata, i rivoluzionari si trovano a lotta.re per primi contro se stessi. Del resto, questo processo di realismo storico è perfettamente inteso dai capi anche se nessuno di essi può proporsi specificamente l'esame <lei rapporti che connetteranno il mito con l'azione pratica (questo è problema di liberali, non di comunisti, di storici, non di attori). Le declamazioni contro lo Stato sono sempre state intese dagli scrittori dell'Ordine Nuovo come declamazioni contro lo Stato burocratico : essi manifestano il proposito concreto di ere.are uno Sta.to che sappia risolvere la crisi borghese ed ereditare i problemi del Risorgimento non risolti : ammettono che la rivoluzione sia la conclusione del liberalismo rivoluzionario dell'Soo; la professione di internazionalismo è una vera e propria politica e!>'tera contrapposta alla politica della quadruplice (oltre che tlil fecondo mito); là lotta contro i capitalisti tende a sostituire un'autorità e una disciplina che i capitalisti non sanno più esercitare e che è necessaria alla Società. Tutti questi propositi, per chi abbia saputo indagarli, sono schietta;Ilente liberali e autonomisti. Non bisogna chiedere a questi uomini d'azione maggior coscienza 1iflessa cli quella che è concessa ai combattenti. Ma nel primo anno di vita L'O·rdine Nuovo è stato decisamente un giornale di pensiero, singolarissimo in Italia, con.scio dell'importanza dei problemi nazionali, preoccupato di fondare una coscienza politica nuova e di ascoltare le esigenze culturali del mondo moderno. Il movimento in.somma ebbe una sua serietà ideale, non si prestò ad arrivismi nè ad atteggiamenti demagogici, prosegui con coerenza un proposito organico di rinnovazione. Valutando gli ultimi mesi dell'attività purtroppo, più non oseremmo ripetere questi ottimistici giudizi. È vero che accanto all'Ordine Nuovo sono sorti I! Comunista e il Lavoratore Comunista, meno importanti e meno originali, ma segno di un'attività più sicura e ampia, e l'uno e l'altro sono diretti da amici o discepoli (iu teoria) del Gramsci ; <la giovani che hanno partecipato alle esperienze torinesi : a Trieste è il Pastore, il Togliatti e il Terracini sono a Roma. È vero che s,i sta elaborando una casa editrire

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