RE NUDO - Anno XI - n. 91 - ottobre 1980

RE NUD0/9 PER UNA RIVOLUZIONE INTERI-ORE L a 7" conferenza dell'Inter– nazionale Situazioni ta ap– provava nel 1966 una "De– finizione minima delle organizzazio– ni rivoluzionarie (Internazionale Si– tuazioni ta, ed La Salamandra)" che, pur nella ua concisione delineava e delinea tuttora i limiti di una ten– ,denza de tinata ad acqui tare rile– vanza numerica e spe ore teorico nel decennio succe ivo. Tale ten– denza che i manife ta al pre ente (1980) in un'ala con iderevolmente attiva all'interno e all'e terno dell'a– rea dell'autonomia i trova oggi, co– me allora, a fare i conti con le proprie contraddizioni "interne". Parola chiave que t'ultima, perché la "defi– nizione minima" se realizzata nella ua obria radicalità è realmente tale da de crivere, in un ol punto e defi– nitivamente, la necc sità rivoluzio– naria del no tro tempo e di tutti i tempi laddove ottolinea che: "una tale organizzazione rivoluzionaria ri– jìwa di riprodurre al proprio interno le condizioni gerarchiche del mondo do– minante". E' ul en o della parola "interno" che si arre ta la ricerca, che la critica diventa sterile, che la teoria diventa un momento minore dell'ideologia cd a questa gregaria. Ma ciò ba ta evidentemente a coloro che i inol– trano nella palude del politico pre - sati esclusivamente, o soprattutto, dalla neces ità di sedare il proprio conflitto "interno", il proprio stato di disagio: la propria nevrosi. Ciò è evidente per chi abbia letto, anche superficialmente Reich, ed è innegabile per chi abbia avuto un'e– sperienza, adeguatamente lunga di gruppi d'incontro reichiani o, me– glio, un'occasione di analisi indivi– duale. Purtroppo stiamo parlando di una minoranza ancora trascurabile e spesso, se non sempre, indotta a tali esperienze non da necessità di veri– fica del senso generale del proprio agire sociale, ma proprio dall~ ste~sa necessità di sottrarsi ad una s1tuaz10- ne immediata di disagio e di pena che induce altri ad impaludarsi nel politico. E' proprio da Reich che bisogna ripartire per comprendere profon– damente la nece ità di non ripro– durre al proprio "interno" i modi dell'ideologia dominante se i vuole cambiare il sen o della vita. A dispetto ed in opposizione alla psicologia ufficiale è diven~ta se~– pre più evidente la reale cod1ficaz10- ne biologica (e forse addirittura la trasmissibilità genetica) dell'ideolo– gia dominante e/o dei suoi e~fetti sull'individuo, la sua fissazione all'uomo nei termini muscolari e neuronali della corazza caratteriale. Ciò che Reich definì corazza ca– ratteriale e che nella sua evidenza sociale potremmo definire corazza comportamentale non è che lo stru– mento fondamentale di riproduzione dei rapporti sociali cq_sìcome li co– nosciamo perché questi sono "pro- Il pensiero radicale di W. Reich dotti" del comportamento, indivi– duale e collettivo, che struttura ogni momento del modo di vita presente e che prepara il modo di vita futuro. E' insito nell'impiego della parola ri-produrre, che qui si e tende oltre l'u o comune riassumendo ad un tempo il ignificato biologico e quel– lo ociale, il pericolo di ri/produrre nella truttura ociale futura, magari sotto mentite poglie la miseria della truttura ociale pa sata ed è questo con tutta evidenza che i è empre realizzato finora nei territori con– volti dalle co iddette rivoluzioni po– litiche. iò che Reich propone è tutt'altro che una rivoluzione politica: "lo non ono un politico e non capi co nulla di politica, ma ono uno cienziato ocialmente cosciente. ome tale mi sento autorizzato a dire la verità che ho coperto. Se le mie o ervazioni cientifiche ono atte a favorire un ordine migliore dei rapporti umani, po o dire che lo copo del mio la– voro è tato raggiunto" (W.R. La funzione dell'orgasmo, Sugar 1969, pag. 31) Reich propone una rivolu– zione personale e sociale, una rivo– luzione che coinvolge il biologico te so nella ua accezione macroco– mica (l'uomo) e microco mica: mi– rando alla profondità te sa del cro– mo omico e del suo modo di tra– missione dell'esperienza. Questo è quanto di Reich ci si sforza di ignorare ed è al tempo stes– so il nocciolo del suo lavoro. Mentre ciascuno addenta le parti succose della sua opera (il discorso sulla sessualità, il nuovo assetto del rapporto terapeutico, gli spunti più fruibili di critica sociale ...) come spesso capita il nocciolo (del discor– so) l'unica parte del frutto indispen– sabile a riprodurre la vita è rigettato 1 tra i rifiuti indigeribili della società e dei consumi, mimesi provvisoria ~ della società dei Poteri. ~ . ·. : '. ~ ,_ ..__ -- .. ... \ . ..., I' . _, \ \ I .' . .. ,, :.. ,. ,·' I : ·."I.. t ~ • \, I ... \; '.' : ' E' un nocciolo indigeribile anche f per gli stomaci "raffinati" dei teorici ~ delle nuove ideologie. Ancora av- j versi a considerare la rivoluzione nei 2 termini gretti di uno scontro sociale =_s (guerra di l berazione, ba ricate ed ._ ___________________________________________ • altro) costoro ignorano ed irridono la possibilità di una trasforma~ione ~o~ ciale che sia strutturale nei termini biologici piuttosto che politici e che si configuri come momento d'incontro piuttosto che di scontro. Eppure da più parti costoro o- tengono che la società dei poteri te– me opra ogni'cosa che la gente s'in– contri da persona a persona e si parli al di fuori degli schematismi ideolo– gici confrontandosi sul terreno pra– tico del proprio dis/agio personale. Sebbene da sempre la gente si parli sebbene da sempre i lavoratori manifestino a viva voce il proprio dissenso, e le strutture del controllo formale sembrino vacillare, dove un potere vacilla e crolla un potere pi~ spietato e demente è pronto a sost1- tuirlo arrogandosi prontamente il ti- toto di rivoluzionario e liberatore nell'attimo stesso in cui intraprende con foga il proprio dovere reaziona– rio e liberticida. Non sono le strutture del dominio formale che vanno assalite e demoli– te, sono le strutture del dominio reale che vanno capite e smantellate: ed il dominio reale è quello realizzato all'interno di ciascuno di noi da una educazione demente e liberticida (anche quando si traveste di permis– sivismo) il cui sembiante esterno (il discorso della ideologia/cultura) non è che la punta d'iceberg d'una massa ghiacciata di sentimenti e di pulsioni distorte che nonostante l'evidenza ci ostiniamo a definire inconscie: la corazza nel senso di Reich. Ciascuno perpetua al proprio inter– no la situazione più adaua a ripro– durre (al proprio esterno) le condi– zioni gerarchiche del mondo domi– nante. E proprio per questo il mondo dominante ed i suoi modi di vita i riproducono con cronometrica pre– cisione all'indomani di ogni rivolu– zione. Chi vuole veramente cambiare la vita oggi deve andare al di là del po– litico, senza per questo abbandonar– lo ai giochi del potere: il politico è semplicemente troppo poco, è un momento superficiale una conse– guenza tra le tante, dell'assetto ca– ratteriale. Certo le giovani generazioni han– no riscoperto il personale e già nel 1968 i muri di Parigi ammonivano: "chi parla di rivoluzione senza far esplicito riferimento ai suoi aspetti quotidiani si riempie la bocca d'un cadavere" ma il personale è stato sfiorato co ì epidermicamente e maldestramente da ridurre la gene– razione del 1968 alla pura dispera– zione o al riflusso. D'altra parte anche chi non stenta a riconoscere che l'inquinamento più grave della nostra epoca è l'inquina– mento della salute psicofisica non può non sgomentarsi di fronte alla miriade di soluzioni salvazionistiche prodotte dal mercato della salute e di risposte preconfezionate ai problemi di tutti e di ciascuno. ..

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