RE NUDO - Anno X - n. 75 - aprile 1979

RE NUD0/16 Pensaredentrogli occhi un moriredi classe L'occidente, per usare l'espressione degli indiani Pueblos, "pensa dentro la testa"; il nostro tentativo è di spostare la sede del pensiero, di ridare evidenza all'imma~ine stess~, di strapparla dalla sua condizione di cosa morta, didascalica o esornativa, da appendere alle pareti o da guardare come passatempo. Alla cultura occidentale, l'immagine, non appare "vera", è scarsamente credibile, tant'è che nei mass-media la fotografia è sempre accompagnata da una didascalia. L'immagine è considerata minorenne, il linguaggio scritto funge da tutore e inter– prete. L'immagine di per se è ritenuta muta. Noi ci proponiamo di indicare la possibilità di "pensare dentro gli occhi". Queste fotografie, realizzate per !"'Associazione per la Protezione dei Malati di Mente" da Gianni Berengo Gardin .nel 1968/'69, sono state eseguite in Istituti psichiatrici di varie città d'Italia, tra cui Gorizia, Firenze, Ferrara, Parma. Ci è sembrato giusto riproporre in questo particolare momento, la cartella di manifesti "Morire di classe", 4 documenti di una situazione emblematica. il collettivo del CSAPP Milano, marzo 1979 e Uniforme da detenuto, cranio rapato. braccia e gambe serrate nel letto di contenzione, immerso in una solitudi– ne vegetativa, atrofizzato da dosi mas– sicce di psicofarmaci: quest'uomo, il matto da slegare, ora è stato slegato. Il supercarcere psichia.trico è stato uffi– cialmente abolito. Allora perché queste immagini, che appartengono al passa– to? Non è archeologia, ma deliberata pro– vocazione. Materialmente parlando, il quadro è scomparso o in via di estin– zione. Ma se interpretiamo il messaggio visivo con un codice diverso, se passia– mo dal reale al simbolico, la situazione si carica di significati che possono esse– re altrettanto, se non più, minacciosi e • violenti. Altri legacci, altri letti di con– tenzione, altre esistenze vegetative, so– litudini, alienazioni. Il "luogo deputa– to" per isolare o ricoverare il matto aveva la sua architettura, era una casa speciale per un individuo speciale, lui dentro, noi fuori, Noi? Noi che aveva– mo deciso che lui era "l'altro". Il muro ci impediva di ascoltarlo. ci proteggeva dal suo discorso, ci permetteva di senl tirci sani (saggi, equilibrati). Fra noi e i matti c'erano i.mattoni. Attraverso il mu~ ro. filtravano i nostri strumenti di di– fesa/offesa, le diagnosi, le cartelle cli– niche, le medicine, le lunghe mani della sopraffazione fisica. mani sporche. mam da strangolatori, sgherri del Pa– lazzo al servizio di una Scienza che era (è) al servizio del Potere. Ma ora che quell'uomo è fra noi come può diven– tare uno di noi? Il sistema non si pente mai. è la sua forza. la forza della Ra– gione (contro chi sragiona). Il sistema finge di sentirsi colpevole e chiama questa sua finzione pr.ogresso sociale. Accoglie l'escluso. ma studia come stigmatizzarlo. Qualche volta simula l'accoglienza del figliol prodigo. sacri– fica il vitello più grasso. imbandisce un • pranzo succulento per celebrarne il ri– torno (che è il sistema biblicamente più perverso per colpevolizzare il reprobo). A nemico che torna ponti d'oro. Al matto che esce offre in dono il territo– rio: le sue strutture. i suoi servizi sociali. le scuole. le officine. le attrezzature sa– nitarie. il posto-lavoro. il posto-letto. tutto ciò insomma che rappresenta lo status symbol della socialborghesia. Offre anche il posto-affetto: le case. le famiglie (magari altre famiglie. non la propria che l'aveva già espulso). la be-

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