RE NUDO - Anno X - n. 74 - marzo 1979

RE NUD0/6 Filoso\ 1 ieticia Kabul Dopo l'Iran ora è !'Afganistan a volersi liberare dal giogo di minoranze asservite agli interessi di una poter,za straniera: questa volta l'URSS. Il fatto clamoroso che ha portato questo piccolo paese sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo è stata l'uccisione dell'amba– sciatore americano in Afganistan, Mr. Dubs. L'ambasciatore era stato prelevato da quattro uomini travestiti da poliziotti mentre si recava in macchina all'amba– sciata, e portato al Kabul Hotel, un al– bergo frequentato dai sovietici, per trat– tare la liberazione di alcuni prigionieri politici. La polizia è intervenuta con un fuoco nutrito, alla fine del quale si sono rinvenuti cinque cadaveri tra cui quello dell'ambasciatore. In un primo momento il governo filosovietico di Kabul aveva parlato di "richiesta del rilascio di tre importanti mullah musulmani" fatta dai rapitori, poi ha fatto il nome di un solo personaggio totalmente estraneo al mo– vimento di opposizione religiosa al regi– me. Gli avvenimenti storici contemporanei li viviamo snaturati dai telegiornali, dai giornali radio, dai quotidiani, e anche quando siamo presenti .ai fatti sono proprio le immagini riprodotte in mi– lioni di case a incidere nella coscienza collettiva. a far digerire quella briciola di storia che giorno per giorno distrat– tamente ingoiamo. Tutto è già masticato dalla ideologia, cucinato dalla politica, servito in tavola dai mass rr.edia. Non ci si salva. In un solo caso ho assistito a fatti storici senza essere suggestionato dagli spea– ker di regime: a Kabul, in Afganistan, quando dopo un assetto monarchico– feudale si è passati di colpo (con un colpo di stato militare) a un regime fi– losovietico ispirato al cosiddetto socia– lismo reale. Ero da poco arrivato dall'Europa nel solito modo dei fricchettoni: cioè con~ tinuando per giorni e giorni a cambiare pullman locali, cercare locande, ripar– tire, passare dogane, guardare dal fine– strino, parlare con la gente sfruttando Ùn bagaglio linguistico che a ogni viag– gio si arricchiva. Alloggiavo al Bost Hotel, che da alber– go di prestigio per i turisti occidentali era decaduto a dormitorio di orde di freaks sempre ammucchjati nelle loro stanze piene di fumo ad ascoltare mu– sica inglese o indiana. La terza o quarta notte fui svegliato da un enorme· boato, qualcosa mi fece pensare a quelle sciagurate esplosioni di caldaie che in occidente fanno fra– nare interi grattaciali. Era solo un cannone. Uno sparo sim– bolico nella notte per avvisare la popo– lazione che la musica del potere era cambiata. E la musica cambiò. Improvvisamente, dall'oggi al domani, i venditori ambu– lanti che affollavano le strade e le piazze della capitale venivano fatti sloggiare brutalmente dalla polizia, una polizia che nei precedenti soggiorni avevo visto sempre pacioccona, mesco– lata alla gente, spesso deliziosamente occupata dalla pipa ad acqua dei ne~ gozianti, ora diventava grintosa, sfode– rava manganelli, infieriva sulla povera gente che cercava soltanto si sopravvi– vere. La ragione di tutto questo? II paese do- veva modernizzarsi, basta con l'econo– mia di vicolo, entro due anni ogni cit– tadino doveva poter mangiare mezzo chilo di carne alla settimana (questo diceva la propaganda) e invece. dopo neanche un mese la carne cominciò a scarseggiare, in alcune città venne ra- zionata, e continuarono a mangiarla solo chi lo aveva sempre fatto. Incominciò la caccia al capellone: per le strade di Kabul vidi i poliziotti cor– rere tutti eccitati dietro ai ragazzini ag– gredendoli con lunghe forbici castrato– rie. Questo per i giovani afgani; a un mio amico italiano ritirarono il passa– porto dicençogli che se lo rivoleva do– veva presentarsi con i capelli tagliati. I funzionari di polizia gongolavano. I miei amici afgani mi avvisarono di stare attento, che molti studenti simpa– tizzanti del partito comunista filosovie– tico erano stati assoldati dalla polizia per segnalare chi parlava male della ri– voluzione. L'Afganistan, il paese più, anarchico che abbia mai conosciuto, era diventato il paradiso della polizia. Negli alberghi dei freaks ogni giorno c'era una perquisizione, bastavano po– chi grammi di fumo per finire in galera, i miei amici italiani, francesi, inglesi erano decimati, giovani donne con bambini piangevano il loro uomo pre- ·levato all'alba e inghiottito dalle nuove questure. · C'era dappertutto l'aria del lager. del campo di concentramento. Io lasciai la città e mi imboscai in cam– pagna, protetto dall'omertà dei conta– dini che mi avevano in simpatia. Anche li la polizia fece qualcosa: mise nella piazza principale alcuni striscioni di stoffa su cui era scritto: "Con la re– pubblica è arrivata in Afganistan la Legge: d'ora in poi tutti gli afgani do– vranno sottostarvi". Non si doveva più ricorre agli usi e consuetudini conven– zionali gestiti dal capo-villaggio nomi– nato direttamente dagli interessati: la Legge era solo quella centrale. quella della burocrazia cittadina. La burocra– zia politicizzata e militarizzata trionfa– va. E attraverso il modello sovietico trionfava lo spirito eurocentrico (Marx & C.): scientifico, impersonale. centra– listico. Secondo le nuove leggi la mia perma– nenza in Afganista era illegale. Io ci rimasi ancora sei mesi, fino a quando ebbi speso la mia ultima lira. e lo ricor– do ancora come il periodo più bello della mia vita: la gente afgana è la mi– gliore che io conosca. ne sono convinto. Nessuno di quella zona fece la spia. Le ideologie possono forse sconvolgere le città, ma tra i contadini poveri la vita rimane dappertutto sempre la stessa. walter pagliero

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