RE NUDO - Anno IX - n. 72 - gennaio 1979

RE NUD0/12 Una lunga rieducazion È stata una cosa clamorosa C'erano gli intellettuali, i sottoproletari della cintura, i ragazzini scappati di ca– sa a 15 anni i radical-chic, i poveri e i ricchi, quelli delle classi alte e quelli delle classi basse e quelli che non ave– vano classe, c'erano donne e maschi-, c'era gente che non sapeva se era ma– schio o femmina, gente che pensava di essere maschio essendo donna e vice– versa, gente che non pensava nulla, i pazzi, gli emarginati, gli sfigati, i curio– si, chi veniva li per parlare bene chi per parlare male. E' stata veramente una cosa clamorosa. La nostra ambizione era che Macondo fosse uno specchio in cui tutto era di– chiarato. Lo spettacolo siete voi che ve– nite ogni sera. Dipende da voi se Ma– condo è bello o no, dalla ricchezza che ci portate dentro, dalla ricchezza di volti, di facce, di storie. Macondo è an-· che questa cosa qua, stare con i piedi per terra, ma avere la testa che guarda dappertutto, che sa guardare oltre l'o– rizzonte perché sennò rimani fregato, quindi riuscire quella sera li a raggra– nellare anche un po' di soldi per ripa– garti il tè, le pizze, qualche soldo da dare agli operai il giorno dopo e per ·mangiare tu. Era proprietà privata Riportiamo anche alcune , pagine del libro ·oopo Macondo• di Mauro Ro– stagno. dove il mito viene attraversato con una certa ironia. Volevano il pane e le rose. ma zoppicando è lungo il cammino ... A cosa serve Macondo? Mah! Macondo .- Girotondo-Finimondo - era un territorio in cui la gente forse era meno disperata, certo non meno sola. A Macondo venivano tutti, anche gli "sconvoltin" accentuazione veneta del– la parola "sconvoltino". Gli sconvoltini sono quelli appartenenti ai "nuclei sconvolti clandestini", il cui slogan principale è: pipe ai vecchi, canne ai ra– f{azzini, nuclei sconvolti clandestini. ( \ ) ) I \\ ' J \ \\.,_ / ' ' ' -- " --- ---- \ -- ......... , ~; s - .. ;;;_ ~ - ~t 4'-liii~--..a::~- Abbiamo subito messo in chiaro che quella era proprietà privata e noi era– vamo i gestori privati di una proprietà privata che destinavamo ad uso collet– tivo, ma di cui noi decidevamo i termini e i limiti, per esempio noi non voleva– mo che a Macondo ci si "bucasse". Ognuno può scegliersi la sua strada, io non voglio entrare nelle scelte di nes– suno, ma non a Macondo. Mi permetto di dire: questa strada non ha uséita, divieto di transito qui. A Macondo ve– nivano ~olti "gay" di Milano e fuori, chi ci stava male chi bene, ma erano una lezione per tutti di comportamento e di civiltà. Parapapà. E' stato bellissimo per me vivere dentro Macondo tutti quei mesi. Anche quan– do era chiuso e noi ci lavoravamo per mettere a posto le luci o per pulire o per imbiancare. Ho conosciuto centinaia di persone che difficilmente si possono dimenticare. Quel~a che veniva a dire «io so danza– re», «io so fare le perline», i lavoranti del cuoio, della cartapesta, quelli che insegnavano a suonare i tamburi, i_,pif– feri, i mangiafuoco, quello che per la serata di Glucksmann venne vestito completamente di nero con una ma– schera bianca e un cesto di spille con la bandiera rossa; ti si avvicinava, glacia– le, con la sua mantella nera e questa

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