RE NUDO - Anno IX - n. 72 - gennaio 1979

maschera terrea, e ti mormorava all'o– recchio "gulag" e ti piantava addosso lo spillo con la bandierina rossa. Oppurt? delle scene come quella di un attore che finalmente avevano trovato un po– sto dove'era un casino di gente e che consentiva loro di stare al caldo·. Noi non prendevamo nulla. Eravamo Ma– condo. Macondo è il paese dove arriva la carovana degli zingari e il paese in– terrompe la sua monotonia. Tutte cose che succedevano ma nessuno sapeva - quando e a che ora. che, serio, si è avvicinato ad un signore vestito in grigio che si è alzato, impal– lidito, ed è scappato gridando: «No, no, a me non lo faccia». Tutto rigorosamente marginale Dal 16 dicembre fino alla befana te– niamo aperto tutte le sere. C'è una Macondo di giorno, che è la parte an– teriore,in cui avevamo messo in piedi una gigantesca rivendita. di stracci all'ingrosso, vestiti usati, smessi, ten– tando un discorso politico contro que– sto spreco infame, far vedere la capa– cità di riciclare gli scarti, di goderne, di riscoprire la bellezza delle cose usate. a bassissimo prezzo. Un "bazar" che at– tiragente. A Macondo si vendevano le cose più strane e più carine ma. per fortuna. tutto rigorosamente inutile, superfluo, marginale. C'erano quelli che facevano medagliettedi due centimetri per due . centimetri, quelli che facevano le cose più incredibili col filo. Venivi li, le of– frivi,le vendevi. Lentamente arrivava– no anche quelli che vivono ai margini della legalità vendendo collanine e orecchininei parchi pubblici in prima– vera o nella metropolitana d'inverno, Ogni sera metfevamo delle rose e ogni sera ce le fregavano. lo ero disperato. Ad un certo punto cercai fiori meno belli e meno cari. Volevo che ci fossero sempre deì fiori. Al ristorante mangi per terra, su delle stuoie, su dei cuscini, ma c'era anche qualche tavolino nor– male per gente come Italo che borbot– tava: «lo sono di Macondo, mai mi.sie– derò là», (indicando le pedane con la stuoia). Molti giornali hanno fatto battute iro– niche come «l'ex leader del '68, l'ex ra– gazzo prestigioso è finito a fare il ca– meriere». Per me era un gioco pazzesco. lo amavo fare il cameriere, era una cosa bellissima. Quando mi svegliavo sape– vo che quella sera avrei conosciuto dieci persone nuove e riviste cinquanta, cento che già conoscevo. A mezzanotte smettevamo di servire e ci sedevamo anche noi a tavola. Mi so– no sentito raccontare storie di tutti i colori. Ne ho fatte di tutti i colori. Lì la gente poteva cenare e vedere scene co– me quella di Mariolino, dell'Alfa, che si spogliava completamente, portava sulle , pedane del ristorante i bonghi, qualcu– no suonava la chitarra e lui improvvi– sava un concerto e una danza che lo portava a dimenarsi fino alle tre di RE NUD0/13 notte. Magari nella sala accanto c'era lo svacco ebete o lo starsene seduti a par– lare, o il guardarsi in faccia e stare zitti. Oppure capitava una ,tranquilla serata da ristorante dove c1 si conosceva, na– scevano amori e disamori. Oppure ... · È un'educazione lunga Oppure eravamo intrattenuti dalle per– formance di Mario Mieli e vedevi tutti, omosessuali, eterosessuali, repressi e non repressi, inchiodati dalla bellezza di questi spettacoli travolgenti, tutti giocati con un'allusione, una finezza particolare che incantava le persone. Non sentivi una battuta ..Gli spogliflrelli maschili a Macondo erano più abbon- ,danti di quelli femminili e si sa cosa può trascinare una cosa del genere. Invece · tutto avveniva nel silenzio, nel rispetto n;ciproco. Macondo era anche un confronto di ci– viltà, di "stare" in questa Milano paz– zesca, violenta, paranoica, un luogo dove vai e cerchi di tenere la voce poco alta, non sbattere i pugni sul tavolo, non rompere le cose quando balli, stare attento a non dare i colpi dentro i ficus sennò li rovini, usare lentamente le co– se; è un'educazione lunga, soprattutto per Milano.

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