RE NUDO - Anno IX - n. 63 - marzo 1978

RE NU00/12 volta niente" un cazzo! (grida alla volta di Leddy) o davvero devi farcela Leddy - (Silenzio ed indeci ione di Leddy) - Forza - (bisbigliato) (comincia Leddy) - Noi a Bologna ci troviamo, no, sempre in piccoli gruppi, però ogni piccolo gruppo è fine a se stesso, perchè la situazion è o vai in osteria o vai in una casa o vai in un posto o in un altro. Non hai una situa– zione in cui puoi trovare 100 persone a sentir musica, capito? se non hai affit– tato un posto. Il Macondo con tutti i suoi. limiti, chè poi parlando con la gente diceva che in fondo è una strut– tura econom:ca, però è stravolgi bile no come co a, e se re ta quello che è stato in questi giorni, cioè, non diventa ve– ramente una strada dove tutto ... è un posto dove si vende tuto e non si fa altro, per me è un posto veramente ec– cezionale. - Non c'è pericolo del ghetto? - Ma il ghetto ... Noi siamo ghettizzati cioè io con i miei pensieri sono in un ghetto, perchè e vado a comunicare i miei pensieri all'esterno mi tirano le pietre in testa. Allora sono in un ghetto. Tanto vale allora avere un ghetto in cui sia po sibile comunicare, starci bene, avendo la coscienza del ghetto, non vi– vendolo però più come un fatto nega– tivo, capito? Mi sono stufato di viverlo come un fatto negativo e di stravolger– mi per dover essere diverso. Sono quello che sono, vivo quello che vivo perchè ne ho bisogno. Ho bisogno di stare in un ghetto e sto' in un ghetto. Mi sta bene. - Questa qui era la cosa che ci unifi– cava ieri, ma ci sono un sacco di scazzi, sull'homo, sull'uno, il divi o ecc. però su questa questione qua eravamo tutti d'accordo no? sul fatto che basta col sentirsi i marziani in una realtà che cammina indietro o in avanti, ma che comunque è diversa da noi, no? Cioè noi siamo una realtà anche noi, cazzo no? abbiamo delle cose da dire, delle cose che vogliamo fare ci cono ciamo, no? cioè cazzo se la troviamo negli altri, in alcuni altri, non tutti gli altri questa cosa qua, perchè non dobbiamo reliz– zarla? no? Cioè è la nostra vita che c'è in gioco. Basta col fai:e gli. 'altruisti' fino a che morte non realizzi. Che cazzo que ta cosa qui non ci tocca più insomma. Però io non credo che questa co a sia separazione, capito? Cioè questo qui è e sere coscienti di vivere la propria vi– ta, la separazione secondo me è un'al- tra co a. E' quando, semmai, ti astrai, ti 'separi' dalla tua realtà. E quando fai solo questo no? Invece tuttosommato l'altra realtà, quella diversa da te, ti tocca, no? ti tocca in certi momenti, in certe circo tanze ti tocca quando vai in piazza, quando voui ridere ballare eh~ cazzo ne so, e non hai uno spazio no? cioè, anche lì, no, sempre a partire dalfa tua vita, però vai a toccare cose che sono diverse che poi sono il Potere, se guardi bene, no? Quindi, cioè, io credo che a partire dalla nostra vita esiste una lotta per il potere, proprio, cioè ma proprio dentro di noi. (Leddy) - Cioè il problema è questo. lo non credo che sia obbligatorio lot– tare contro il potere. Cioè io il mio tempo lo perdo lottando contro il mio potere, ed è lo stesso. E allora se la mia vita sarà passata a superare il mio po– tere nei confronti degli altri, tanti ap– plausi, sono stato molto bravo, e la mia vita è completa come se fossi stato a tutte le manifestazioni a tutti gli cio– peri, o a far le tozze con la polizia e 'ste cose qua. E' una distinzione cioè falsa, capito, è falsa per meccanismi che ci hanno ficcato in testa, capito, in cui abbiamo l'obbligo a far le cose per es– sere nel giusto. lo non ho nessun ob– bligo a 'far le cose'. 2° capannello (a Macondo) (Gaspaazzo di Viola) - Rispetto al convegno la cosa che non si è capita fino in fondo, no? cioè che molti com– pagni non hanno capito, principal– mente ri petto al lavoro marginale e tutte queste cose qua, è che in effetti l'alienazione nasce nel momento in cui tu vendi il tuo prodotto. Per cui le borse che si fanno e tutte le altre cose che si fanno, tutte le altre attività, automati– camente anche quelle lì diventano un lavoro alienato. Per cui io dico una co– sa. Se son disposto a vendere la mia forza lavoro per otto ore al giorno; in fabbrica ecc. non sono disposto a ven– dere anche la mia creatività capi ci? Perchè la mia creatività me la conservo no? Me la conservo ed utilizzo con chi la voglio utilizzare no?Quindi è inutile continuare a girare intorno all'o tacolo. Rispetto al problema di pigliar i il tempo libero, il tempo liberato, no? esi tono tante possibilità. L'importante è che que te po ibilità iano antago– niste a tutto ciò che ci circonda, alle merci che ci circondano,alla ocietà ecc. Que to vuol dire che le alternative on le solite, in o tanza, perchè io giustifi– co, anzi sono molto più d'accordo che è un atto più rivoluzionario il ladro che i appropria di una certa merce perèhe non ce l'ha, capito? e non quello lì che invece vende, perchè quello Il riper– corre dei modelli di un sistema che noi vogliamo di truggere, che non ci inte– re a, no. Mentre il ladro che si appro– pria di una co a già ad un livello di– ver o, è organizzato, è concepita in un modo diver o que taco a qua, no? Io ono convinto che i rapporti tra le per one, la comunicazione reale nasce anche dalle cose che si fanno. Le perso– ne per potersi cono cere, i conoscono nel momento in cui costrui cono delle co e in ieme, fanno delle co e reali e concrete. Il rapporto non po iamo con iderarlo in modo a tratto, in omma, perchè sennò ... teniamo pre ente che abbiamo chi 20, chi 25 anni di separazione, di ' ocietà' che ci dividono. E soltanto riappropriandoci di certi mezzi di co– municazione, di forme di vita alterna– tive, anche all'interno della città. E' chiaro che in ituazioni come al Ma– condo, no, in ituazioni di mas a del genere, dove la gente i affolla e va a cercare sempre qualcosa negli altri, no. cioè non i fa un e ame di seste o delle co e che è in grado di fare e dico truire, vince que ta ricetta continua di 'qual– cosaltro' che in realtà ce l'abbiamo noi, e che non vogliamo utilizzare.

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