RE NUDO - Anno VIII - n. 54 - giugno 1977

RE NUD0/4 fine. E' sempre un metodo. « L'ine– vitabile fase violenta ... » « ... per ar– rivare a un mondo dove la violenza Aon sia più necessaria... » come se le armi non trasformassero chi le usa non men0 di chi le subisce. Non siamo mai impermeabili alle nostre azioni. Quello che va a fare il ragio– niere in banca per racimolare i soldi e finire per sempre in Madagascar, dopo _10anni _non andrà più in Ma– dagascar. e il compagno che uccide per càmbiare questo mondo sarà lui da questo mondo cambiato e reso incapace di riconoscere e accettare il nuovo. « Chi lotta con i mostri deve fare attenzione a non diventare egl-i stes– so un mostro ». E mostri non si di– venta di colpo, come nelle fiabe, ma giorno per giorno, usando i metodi del nostro nemico, le sue armi, i suoi meccanismi di pensiero, la sua logica di potere, rimanendo invischiati nel suo gioco. Manovrare le armi o le istituzioni per abolirle entrambe, que– ste sono forse le utopie più illusorie, ma anche le più autodistruttive: mo: stri terroristi e mostri socialdemocra– tici, vittime e complici dei loro ne– mici. Nel '68 il servizio a•ordine del movi– ~nto studentesco era formato da quadri politici (fra i migliori) e vo– leva essere ed era il braccio politico armato di difesa. Non c'è voluto molto tempo perchè degeneras.se in piccolo esercito e i vecchi compagni /il)/\-NP:) To È C>IVUNTO O C,IPo\..121A l>l~E Il ( ;I.IO LLO ç,T ATO ,-1 F 1C l'I P1"'E C>lltETTII f/\-TO pOl-12~ 01; 1 (N ~LTI..._ ~t.l'il, IL si trovassero o espulsi o promossi co– lonnelli. Non era stata la linea poli– tica a stravolgere il senso del servi– zio d'ordine, ma il suo ruolo, perchè da sempre è il modo in cui lotti per raggiungerlo che dà una forma al tuo obbiettivo. E cioè: non è vero che il fine non giustifica i mezzi, ma piuttosto che il fine è condizionato dai mezzi. Siamo propensi a credere che non esista una violenza rivoluzionaria (esiste certo una violenza piena di buone intenzioni rivoluzionarie) ma siamo certi che esistono problemi rivoluzionari affrontando i quali un uomo o una donna ( tanti uomini tante donne) intraprendono un modo di vivere alternativo a quello loro imposto diventando un elemento di disturbo permanente e definitivo nel– l'ingranaggio sociale. Negare il po· tere dell'autorità dentro e fuori di noi, dissacrare la cultura ufficiale, ri– fiutare il mito del lavoro, ridurre la nostra collaborazione al minimo indi– spensabile per vivere superando sma– nie di autoaffermazione personale e di leaderismo ... e nello stesso tempo studiare altre cose in altre prospetti– ve, autodisciplinare la nostra creati– vità, costruire una diversa cultura e cioè diversi modelli e diversi valori e lavorare duramente per diffondere la nostra epidemia... Tutto questo viene chiuso nel cassetto dalla mili– tanza violenta. _Per chi? Per quando? Ma la viòlenza picchia forte fuori e annida dentro. Alla paura e alla vio– lenza dentro di noi si sommano la rabbia e la disperazione perchè non è più possibile ~maginare grandi rivolgimenti, per il tempo della no· stra vita. A meno di una guerra. E allora qual– che volta la nostra forza di trasfor– marci per trasforma-re il mondo ripie– ga in una impotenza desolata, perché se va bene cambieremo noi stessi e saremo strani aborti di uomini e don– ne nuove in un mondo sempre vec– chio e ostile. « Così - ci dicono tanti compagni - non ho la forza di ragionare, co– sa vuoi fare lavoro sulle coscienze, lo so che ,sarebbe la cosa giusti!, ma io voglio vivere adesso e bene, tut• to e subito, io fra 100 anni non ci sono più~ non me ne frega niente, persa per persa preferisco fore un esproprio, almeno serve al momento, ti libera della tensione insopportabi– le che hai dentro ». Al di là della piena sacrosanta di giustificazioni, questo discorso è già un discorso da padrone, basta sostituire alla parola « esproprio » la parola « sfruttamen– to ». E cioè: conto io, la mia perso– nalle vita (ima quale vita)?, il mio personale benessere ( ma quale benes– sere?) e fra 100 anni chi se ne fre– ga. Certo che se tutti avessero ragio– nato così... Ma sono talmente diverse le ragioni, le ,possibilità di scelta, 1 le esperienze fra di noi che ognuno quando sce· gl,ie di agire individualmente fa i conti solo con se stesso. Se spari a un capo-reparto perchè lo odi, perchè la cosa ti fa bene, perchè sono 1O anni che lui fa violenza a te, io non c'entro, noi non c'entria– mo. Ma quando tu decidi che spa· rare a quel capo-reparto è un gesto rivoluzionario teso al rovesciamento dell'ordine sociale e ci costruisci su la teoria e ci chiami intorno la gen– te, aHora veramente la strada è sba– gliata. Certamente noi lavoriamo (anche) per al di là delle nostre vite, troppi però lavorano per al di qua delle lo– ro. E mentre i nostri destini forse un poco cambiano, i loro finiscono per assomigliare a quelli sinistri dei co– muni persecutori. E' normale, la violenza è negazione della dialettica, affermazione del più forte, prevaricazione dell'altro; la lo– gica della violenza è dall'altra parte. Da noi se ne parla sempre come di un metodo. dentro di noi, ci aggredisce e ci si ./

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