RE NUDO - Anno VIII - n. 54 - giugno 1977

IIE NUD0/23 STATI UNITI AUTOSTRADE S LVAGGE Una nostra compagna di ritorno dagli Stati Uniti racconta la sua esperienza di una giornata nella riserva indiana di Santa Fè nel New Mexico Me ne stavo U tra. i bagliori del mezzo– giorno torrido del Sud. Un'autostrada de I New Mexico. Asfalto e bassi lindi alber– ghi, bungalows per i ricchi piccioni v<iag– giatori in giacca e cravatta e gli amanti della notte. Quel gior– no il sole era nudo e cal– do. Sola aspettavo un pas- . saggio verso il radioso sogno californiano. Si fermò un transit ----::::::a;;;;:;~ bianco. « Dove vai? » mi fa uniJ specie di saggio di mezz'età con la pipa in bocca. ~< Verso S. Francisco», « Se hai tempo, puoi venire con me. Sono un fotografo diretto a ui,e ri– serva indiana. In due giorni, saremo là. E considerati mia ospite, natural– mente». Un americano munifico; roba da film. Acctttai. La strada correva in– finita tra deserti impossibili di cac– tus. La natura era difforme e gigantesca: l'America è un continente assurda– mente grande, sta ll il suo carisma. Grandi cartelli pubblicitari un po' sbiaditi nel vuoto di quelle lande. lndian Jewelry... Mocassini... Lavo– razione artigianale della pelle... Bam· boline pellerossa omaggio ogni 1O litri di gasoline... Tappetitipì piume– pennecalumettratta delle squaw. Ma, viaggia che ti viaggia, dopo qual– che giro per Santa Fé, graziosa fal– sissima un tantino hollywoodiana sti– le neo-indios, arriviamo davvero ai piedi della riserva. Luci crepuscolari sulla gole di roccia. Cerchiamo un ristorante tra i neon e le insegne indianeggianti - anche quelle - della città bassa, la città dei bianchi prosperata sul turismo della riserva. Nel locale dove entria– mo, pieno di sorridenti turisti antro– pologi, co·me sottopiatto, il fiero pro– filo di un indiano pluripennuto che fissa, il deserto. Andiamo a pernottare in un motel. Ora la riserva è chiusa, è buio. D'al– tronde, non è difficile chiudere una riserva; nasce già chiusa. La mattina ci alziamo nelle prime palpitazioni dell'alba. Con il transit su per la collina. Una strada deserta oltre la città nuova. Grandi campi ai lati, e cavalli. In– forme, una macchia del colore della terra, velata di grigio freddo, l'alba prima del sole. Il fotografo ferma un transit davanti . a un muretto. E' la riserva. Chissà, forse c'è un baracchino di chicchi di granturco e noccioline per cibare gli indiani. Dorme ancora la piccola cit– tà. Non si può entrare, è presto. Cammino intorno alle mura, per un viottolino polveroso. Passo accanto a una rozza staccionata di tronchi sottili. Dentro, piccole capanne per gli attrezzi e la legna, poi capre, e cani. Cani che mi abbaiano. Una vec– chia esce da una porticina con una pentola in mano. Mi guarda col suo viso scuro, le sue rughe espressive, coi suoi occhi piccoli e neri; e rima– ne impassibile. Io mi sento sciocca, e continuo a camminare. So che ha ragione lei. Inutile e falso il sorriso. . . ... ·-.. . - ~ --· e;: - --...:: =-::::. E come da un formicaio nella terra, dalle case escono questi corpi simili, e scompaiono, riappaiono senza par– larsi. Una sospensione nell'aria, per– duta mitologica, immaginaria, fanta– stica, non so, forse non reale, forse inesistente. La sento. Sento la rare– fazione del tempo nel muoversi lento e rassegnato di quel popolo ombra. Stanchezza di secoli. Semplicità de– finitivamente svanita, recisa. Anche quelle case che mi incantano, sempli– ci e brulle come roccia... Una nudità così solida così essenziale era intima– mente sconosciuta al mio occhio pro– gredito assuefatto al nuovo occidente. Il consumismo educa la vista. La al– letta. Eio, avventurandomi per i viot– toli più interni, riscopro indiani ·sen– za archi nè penne. Intuisco la vita dentro le case, ma la compattezza d~ quelle mura e il loro desiderio di se– gregazione mi impedisce di curiosa– re. Ho il terrore di intrufolarmi; è la consapevole goffaggine che mi sen– to addosso, in quella vita, in quella sofferenza che non so. Dei bambini giocano con un pallone vicino a deJle braci ardenti. Li guar– do, anche loro mi fissano, sebbene oramai sappiano di essere destinati

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