RE NUDO - Anno VIII - n. 54 - giugno 1977

RE N_UD0/20 mo· tali. Non basta fare un'occupa– zione per cambiarci al nostro inter– no. Bisogna porci in posizione critica di fronte a noi stessi e al nostro at– teggiamento. Altrimenti gli stessi rit– mi e gli stessi ruoli si ripresenteran– no sempre in qualsiasi situazione, an– che durante momenti di lotta quali un'occupazione, anche tra compagni. E infatti anche la parola compagno è vieta, il suo .uso è così comune ades- , so che ha perso ogni significato, L'i– dentità degli individui e dei gruppi è diventata talmente vaga, che non ha più senso rappresèntare qualcun al– tro. Il momento della delega è fini– to. Se si vuole cambiare qualcosa bi– sogna agire in prima persona. IV studente: ma nelle situazioni rea- L'ANilMASC:HIO aldca clell'lnaolclem--=llile .................. ~ L'ANTIMASCHIO critica dell'incoscienza maschile a cura di Stefano Segre Un'analisi della crisi del ruolo·del maschio, scritto dal ,di dentro». dove parlano i ~soggetti"· indispensabile per capire e per «capirsi•· Pp. 192, L. 2.800 MOIZZI EDITORE Via Solferino 18, Milano I> li nessuno lo fa. Anche ·durante il se– minario sulla sessualità tutti hanno evitato di parlare direttamente di se stessi, piuttosto hanno preferito usa– ce citazioni. I studente: si tratta di recuperare la propria interezza. Non è importante che tutti giochino a bandiera, ma che tutti ritornino individui comple– ti. Invece i bonzi politici sono del tutto estranei a questi problemi. Se ci vedono giocare sorridono, perché noi siamo i loro bambini. Loro agi– scono per noi, e noi teniamo un com– portamento da asilo. Questo è quello che pensano! VI studente: comunque i nostri istin- ti primordiali, essendosi modificati in questa struttura sociale, qua, non sono indiscriminatamente sani. Sia– mo strutturati culturalmente in una certa maniera. Però io personalmente non ho un cazzo d'idea di come cam– biare la situazione III studente: a quesco punto dob– biamo recuperare la nostra identità sia individualmente sia come gruppo. Noi ci siamo ritrovati insieme perché non ci andava l'atteggiamento dei gruppi. che ovviamente si ripercuo– teva sulla gestione dell'occupazione. Non siamo alla ricerca di un nuovo modo di far politica, ma di vivere in modo diverso. V studente: dobbiam~ trovare il mo– mento comune. Abbiamo sempre vis– suto con una maschera, senza mai po– ter socializzare quelli che erano i no– stri bisogni ultimi, le nostre esigenze primarie, che ci spingevano a pren– der parte a determinate iniziative. In– vece abbiamo sempre trovato qualcu– no che ci vestiva con una tuta e ci mandava a fare il proletario. Tu a questo punto puoi dimenticare te stesso e le tue esigenze e identificar– ti con il personaggio; puoi diventare lo scrivano del movimento, o il teo– rico, o il picchiatore ecc... Si può sce– gliere tra una decina di personaggi. Ma i problemi personali che ti ave– vano spinto ad agire, vengono com- pletamente mascherati. Sei solo un oggetto politico. Così si sviluppa la nevrosi che può essere interiorizzata o esteriorizzata; senz'altro negativa in entrambi i casi. Questo a me sembra il nostro mo– mento aggregante. E questo non è as– solutamente sterile, così come non è sterile il nostro ridere , il nostro scherzare. il nostro giocare a bandie– ra. II studente: noi nel '68 agivamo co– me studenti, si parlava di movimen– to studentesco, di potere studente– sco, di studenti come classe ecc... Adesso chi fa casino all'università non è più soltanto studente. Abbia– mo tutto un altro retaggio alle spal– le, e non solo perché 1'80% di noi lavora. Si pretende invece che, en– trando alla Statale, ognuno di noi si rivesta del proprio ruolo di studente e .basta. Al massimo durante un'oc– cupazione sei uno studente compa– gno. Dobbiamo rompere questa situazio– ne. Espressioni come il giocare a ban– diera hanno valore solo se hanno die– tro un contenuto e assumono una certa continuità. Dobbiamo imparare a sentirci diversi, a muoverci in un modo nuovo dentro questa universi– tà. Non puoi fare lo studente per tre– cento giorni all'anno e a Carnevale fare casino. Devi fare quello che sen– ti ogni giorno, 'in modo da cambiare realmente le cose. II studente: parlando della festa e · di come deve essere il nostro com– portamento nell'università, mi sem– bra che abbiamo insistito troppo sul– la dissacrazione. Noi non siamo gli indiani metropolitani, o meglio sia– mo anche loro e quakosa di più, qualcosa d'altro, non di meglio. I studente: il problema non è tanto di fare una festa ogni settimana, in cui ci divertiamo e dimentichiamo le scazzature e le alienazioni degli altri giorni. L'ideale sarebbe fare anche qualche festa in meno, ma divertirci tutti i giorni, anche nello studio. Do– ve il divertimento significa fare le co– se che ti piacciono stando insieme con gli altri. II studentessa: tra l'altro io non ve– do cosa ci sia di bello in feste gigan-

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