RE NUDO - Anno VIII - n. 52 - aprile 1977

RE NUD0/4 GiorgiÒ Bocca in visita all'università occupata. te - (c'è la nuova arroganza del potere) decide di « sciogliere i! movimento » (magari a colpi di estintore). Nel 68 la crisi della vecchia sini– stra ufficiale produceva la «nuo– va sinistra», ed era un originale accumulo di forze (anche se poi sprecate). Oggi la crisi della sini– stra si scarica sulla «nuova sini– stra» e la riassorbe o la manda in brandelli. (Ohibò, ma non si era aspettato tanto come «il mo– mento buono» quello in cui il PCI facesse intero il salto dall'altra parte? Ora lo ha fatto, ma chi aspettava è dentro il fosso). Allora le contraddizioni del movi– mento operaio ufficiale si pote– vano giocare a favore del movi– mento (noi contagiavamo loro), oggi le contraddizioni sono an– che più ·acute di allora, ma non sono utilizzate «a sinistra» (e so– no spesso loro a contagiare noi). Allora c'era una opposizione di sinistra. Ambigua, togliattiana, ma c'era. Oggi non più. L'opposi– zione è passata «fuori» da ogni partito o partitino, è dentro la classe (dentro ognuno di noi). Allora il rischio era che i lea– ders, la fetta alta del movimento si facessero integrare nelle istitu– zioni cosi tanto attaccate (e in più d'un caso ciò è successo). Oggi, ben più drammaticamente, il ri– schio è tutto nella «fetta bassa» del movimento, nella base, nei tanti che al riflusso obbligato (o nel momento meno alto dell'onda) possono prendere la scorciatoia della lotta armata, (una scorcia– toia cieca, che accorcia solo vite belle, ricche, da tenere per sé e per noi). Allora c'era la «polis», nello svi– luppo c'é posto per tutti, insom– ma l'avversario stesso era tra– sformabile, in parte egemonizza– bile. Le mura della città erano sufficientemente larghe da con– tenere quasi tutti, si poteva for– se pensare di «conquistare la maggioranza». Insomma. la polis consentiva la «politica». Oggi non più. Nella crisi c'è po– sto solo per pochi. Le mura della città sono avare, adesso. Fuori creano «riserve» disperate. I più, i diversi se ne devono andare. a frustate sui denti. Non più uno, ma due popoli. Non c'è più una maggioranza da conquistare. Il robot va corroso da fuori, da dentro. Si emargina l'emargina– zione, che tende a smarginare. (Due parole sui fratelli operai, 68 crea 69. Orde di giovani, emigra– ti in patria, estranei a tutto, con– tagiati dal 68, entrano nelle fab– briche, varcano la soglia dell'in– ferno della produzione. Ma sono diavoli e non bruciano, anzi. So– no decine e decine di migliaia di corpi giovani che modificano la macchina bes.tiale: esplode la cri– tica alla gerarchia aziendale. al produttivismo, di !aga l'egual itari– smo salariale e normativo, si at– taccano gli incentivi, i cottimi, la monetizzazione della salute. Pre– sto vengono disseccate le fonti da cui i mega robot estraggono e accumulano la loro ricchezza. Lo sviluppo diventa crisi. I megarobot chiudono le porte. Più nessuna assunzione. Licenzia– menti. I corpi che restano dentro continuano a battersi, ma si spo– sano, mettono su famiglia. trova– no casa, figliano, invecchiano. Chi entra a vent'anni nel 68 in fabbrica ne- ha oggi trenta. Lavo– .rare sotto-padrone non solo stan- ca il corpo e la testa, ma svuota entrambi. L'istituzione sindacale– padronale, le istituzioni private succhiano cervello e sa:igue. L'inferno della produzione appare a tratti quasi un privilegio rispet– to all'inferno della non-produzio– ne coatta, al deserto di eroina diossina, disoccupazione tota!~ obbligatoria che viene creata at– torno. Gll operai sono sempre di meno, in numero assoluto e rela-

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