RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

46 re nudo (si) domanda: Toni Esposito Non è una balla e nemmeno il modo per cominciare una storia poter dire che la "costa napoletana" sta producendo le cose più interessanti nel po– vero panorama musicale italiano: da Alan Sorrenti (ma dove si è caccia– to?) a Edoardo Bennato, a Napoli Centrale, alla Nuova Compagnia di Canto Popolare a Toni Esposito, sembra finalmente che un nostro baga– glio di cultura popolare non asservita o scopiazzata da modelli inglesi o americani possa venir fori e creare giustamente il pop (e perché no) Ita– liano. DI Toni Esposito che già seguivamo come poliedrico e silenzioso session-man con Sorrenti, con il Perigeo, con Mandrake ecc ... avevamo amato moltissimo Rosso Napoletano pulsazione nell'utero di uno sciama– no elettronico, rotolare di sassi e voci per i vicoli di Forcella, incesti arabi nella tradizione dell'estasi, mercato odore di stracci e povertà. La po– vertà. Parlare di Toni Esposito per me vuol dire parlare di povertà, parlare di una scelta che non è solo "artistica" o "concettuale" (vedi l'Arte Pove– ra e le nuove tendenze "materiali" della pittura moderna) ma soprattutto polltica, nel momento in cui io la paragono alla mastodontica tetraggine strumentale e tecnologica di un gruppo come gli YES o i Pink Floyd-Tre– Ca mlon-di-St ru menti-e-A mplif icazio ne-Un-Aereo- Privato-Per– Trasportarll ... quando paragono il Culto della Potenza (Watt = fallocra– zia) della PFM alla ricerca di una pulsazione ritmica che non ha bisogno di "trucchi" per esprimersi ... quando paragono l'idolatria per materiali cromati e costosissimi, il feticcio ingombrante e mortuario "dell'ultlma– novità-, nel-campo-dell'elettronica alle misere padelle di Toni Esposito ... quando paragono l'accademismo-virtuosismo di gelo dei nostri batteristi alla semplicità giocosa con cui Esposito si muove tra padelle, trich– tracche, tamburelle, cassettine di legno e tutto un catafascio di materiali poveri, che sono alla portata di tutti. Ma lasciando perdere i paragoni e D.: «Una volta venivi segnalato per uno dei musicisti più "silen– ziosi" che ci fossero in giro, ·uno che non parlava mai ... da un paio di mesi invece ti vedo che ad ogni concerto conversi con ii pubblico ... cosa è suc– cesso?». R.: «Mi sono reso conto che, data la situazione musicale in Italia, io avevo bisogno di "spiegare" che cosa facevo ... Quello che mi interessa di più non è offrire "un buon concer– to" alla gente, ma ripristinare quel coinvolgimento, quella partecipazione tra pubblico e musicista che suona che è alla base della musica popolare ... Ora io ho visto che questo non c'è ... O almeno, lo stesso pub– blico che accetta di farsi "coin– volgere" da un cantautore non si mette nella stessa disposizio– ne nei confronti di un musicista o di un gruppo che non usi la parola, i testi. lo vorrei che la gente "sentisse" la musica, che la vivesse, eh.e la suonasse, che la danzasse ... Invece mi sono accorto che suonando so– lamente, presentando un mio spettacolo zitto zitto, si creava una specie di "frigidità". allora mi sono messo a parlare con il pubblico.» D.: «Personalmente sono d'ac– cordo sul fatto che la gente do– vrebbe essere coinvolta, ma non sono molto convinto che questo possa essere ottenuto con le parole, perché la musica di per sé parla un suo linguag– gio. È vero che la gente è molto pii) "attenta" alle parole, che questo è l'unico linguaggio che è disposta a decifrare, anche perché si tratta di un linguaggio abbastanza in superficie, che non la coinvolge in profondità, ma credo che sia appunto con la musica che bisogna insistere per ottenere quel coinvolgimen– to di cui parli ... » R.: «Èvero, ma resta il fatto che il nostro pubblico non vuole far– si coinvolgere, il pubblico vuole sapere prima chi sei, vuole sa– pere tutto di te, cosa pensi, perchè fai questa musica, a chi ti rivolgi ... per me, se tutto que– sto fosse esplicito ... sarei più felice, a me costa un grosso sforzo mettermi a parlare ... lo quando faccio un concerto ho una enorme carica di suonare, non di parlare, però devo co– minciare a dire che significato hanno le padelle per me, perché il ritmo, se un concerto di percussioni è una scelta co– me un'altra, fatta tanto per di– vertirsi, oppure se io credo che ritrovare un certo ritmo sia im– portante ... Perché per esempio in Italia i gruppi, secondo me non hanno molto questo senso del ritmo, hanno molto più sen– so dell'armonia, curando po– chissimo il ritmo ...» D.: «Secondo te il pubblico dei tuoi concerti non afferra il signi– ficato "politico", oltre che mu– sicale, dell'usare delle padelle invece che una batteria da cin– que milioni ... » R.: «Si, forse afferra questo, ma non afferra tutto ... Ricordo per i primi anni, quando non dicevo una parola ... c'era chi apprez- cercando di scoprire cosa c'è dietro questo musicista scugnizzo un po' arabo e i suoi sogni di vicolo e "vasci", sono andato un paio di sere al teatro circo di Quarto Oggiaro per vedere i suoi ultimi concerti e sentire la presentazione del suo nuovo album. L'album avrebbe dovuto chiamarsi "Mercato di Stracci", dal tit9lo di un pezzo, ma all'ultimo momento gli è stato preferito un altro titolo "Proces– sione sul Mare" ... e quindi non mi sembra estranea la decisione della sua casa discografica, che evidentemente aveva paura di un titolo cosi "po– vero" ma che avrebbe caratterizzato con estrema efficacia e pregnanza il lavoro di Toni Esposito. Il concerto a mio parere è stato molto buono e quasi tutti i nuovi pezzi si fanno ricordare per entusiasmo, compattezza e grande forza espressiva ... Quello che mancava ancora una volta era un certo abbandono da parte del pubblico, la possibilità di lasciarsi coinvol– gere dal ritmo e prendere parte alla-grande-giocosa-danza. Di fronte ad un pubblico cosi stereotipato, Toni si trovava in evidente imbarazzo e cercava di spiegare i contenuti del suo far musica e delle sue scelte po– vere. Ma l'unico momento che ha veramente coinvolto tutti è stato quan– do Esposito ha invitato il pubblico a salire sulla pedana e a suonare con lui. A questo punto una torma di tutte le età si è scatenata in una caccia allo strumento ed ha cominciato a suonare con-quanta-rabbia-aveva-in– goia... Il processo di identificazione tra il pubblico che vedeva parte di se stesso interprete e padrone degli strumenti con quelli che finalmente avevano trovato il coraggio di uscire dal ruolo di consumatori c'è dunque stato e direi entusiasmante, riuscendo forse per la prima volta in un con– certo al chiuso a rompere questo diaframma tra "pubblico" e "artista". Dopodiché abbiamo avuto questa conversazione con Toni Esposito. zava si... ma c'erano anche strani malintesi ... gente che se ne andava dicendo "Musica dif– ficile" ... oppure "Musica d'a– vanguardia" ... "Musica speri– mentale» ... tutte queste espres– sioni mi danno fastidio... ma come io cerco di allacciarmi di– rettamente alla musica napole– tana, ai ritmi mediterranei ... più che suonare delle percussioni "povere", popolari, ritrovare il ritmo della mia gente, che pos– so fare per non sentirmi dare dello sperimentalista? ... Allora parlo con il pubblico, cerco di spiegare cosa faccio ... Ma poi in questo fatto di parlare con il pubblico c'è anche una mia esi– genza di conoscere, di sapere chi ho davanti, come reagisce, è una cosa che mi stimola mol– to, vedere cosa può succedere dopo che ci si è conosciuti un po' meglio, cosa può succedere sulla pedana dopo che li invito a venire su e a suonare con me per esempio, non a livello di happening, ma vedere fino a che punto "ci sta" ... se ci cre– de, se viene coinvolta oppure se mi giudicano uno stronzo ... è ancora un momento in cui sto valutando il rapporto che c'è tra me e il pubblico... Ho visto, suonando con altri gruppi che non -c'è mai stato un vero rap– porto col pubblico, mai, se non quello del gruppo divistico, bra– vo, e il pubblico che applaude ... mica é bello ... non é cosi che si può ottenere il cento per cento del risultato, che la gente parte– cipi, che nascano delle cose al– l'interno di quella serata ... » D.: «Tu stai parlando per me, adesso, che ti conosco già, ma spiegati un po' meglio per la gente che non ti conosce ... rac– conta un po' di te, di quello che facevi prima ...» R.: «Allora diciamo che i miei primi concerti li ho sempre fatti assieme a dei cantautori: Guc– cini, De Gregori, questa gente qua... Loro coinvolgevano il pubblico con i loro testi, la gen– te voleva ascoltare queste si– tuazioni politiche, voleva identi– ficarsi in questi testi, in queste situazioni, poi mi presentavo io con la mia musica e la gente ri– spondeva bene, ma abbastanza freddamente nei confronti della musica, era refrattaria al mes– saggio della musica ... si aspet– tavano sempre di sentire dei te– sti, delle parole, forse delle spiegazioni ... Allora ho comin– ciato a parlare ... Cosi adesso durante il concerto cerco di spiegare con le parole chi sono, che cosa voglio fare, spiegare che io non suono degli "assolo" di batteria, che non sono un vir– tuoso, ma che cerco una mia espressione particolare nel rit– mo, negli slanci, nei forti, che cerco un linguaggio della per– cussione che non sia quello estetico, poi li chiamo su a suo– nare con me, per esempio a Mi– lano, ai teatro circo ne sono sa– liti una decina ogni sera ... La scusa è un pezzo che "parla" delle fabbriche e che ha biso– gno di molti percussionisti per– ciò tutti coloro che se la sento– no possono salire e scegliersi uno strumento ... La gente all'i-

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