RE NUDO - Anno VII - n. 40 - marzo 1976

24 ~~~".;:::..i- n-,.-,_ ·=-~= .::· : --· - -· - = ~--~~ ~ :.~· 1 -; . . -:.f. Per un comunismo perverso e polimorfo: accenni a canti e eremiti Sul Re Nudo (n. 36 e 37) c'era– no due pezzi: una relazione ac– cademica (Kafka) e una storia dell'androgino (Platone). Ave– vano qualcosa in comune: un grosso trauma tra un prima e un dopo. In uno: prima c'era una scim– mia ... Nell'altro: prima c'era l'androgi– no, un uomo insieme maschio e femmina. Bisessuale. Nel primo: poi la scimmia si è educata ad essere un uomo eu– ropeo civile. Nel secondo: poi l'androgino gli dei l'hanno tagliato a metà: una metà solo maschio, una metà solo femmina. È da li più o meno che è comin– ciato TUTTO. Tutto cosa? TUT– TO. Dunque c'è un tempo prima e un tempo dopo. Prima del trau– ma e dopo il trauma. Prima c'è unità, completezza e animalità e corpo e istinti. Poi, dopo, molteplicità, divisio– ne, unilateralità e "umanità" e anima e morale. E lavoro. E fa– miglia (monogamica e patriar– cale) DUNQUE c'è un (grande) problema di origine. Noi siamo gli esseri del dopo. Ma se fosse per quello, non tut– to il male viene per nuocere. Non siamo più scimmioni, non siamo più in balia di Dei sadici e squartatori che a loro piacere ti segano in due e ti tolgono un sesso. Se ne ritroviamo due, ce li teniamo per sempre. Se ritro– viamo un corpo non è da scim– mia, ma ... Certo che - quanto al nostro corpo e alla nostra sessualità - però siamo proprio nella mer– da. Il corpo e il resto ... Anche perché: per ogni bambi– no si ripete il tutto: da scimmia a Pierino il rosso; da androgino a unisex; dal gioco al lavoro; dal godimento alla disciplina; dai desideri al SALARIO. Ognuno di noi si rivive le origini; quelle che ci raccontano i miti indiani, le religioni occidentali, qualche visionario, qualche psi– costregone e magoanalista (e– straneo alla grande ISTITU– ZION FAMIGLIA psicoanaliti– ca: cui appartiene invece il grande Professor- Professio– nista Fornari che ai "malati" di omosessualità del FUORI ha detto di non interrompergli le lezioni perché sarebbe come se un salumiere - capite il sottin– teso? - gli interrompesse le sue scientifiche lezioni per vo– ler parlare del proprio poco scientifico salame). E se ci riviviamo queste origini per perderle, cosa rimane, del– le origini? Qualcosa per forza. Altrimenti l'androgino tagliato in due non passerebbe la propria vita a cercare l'altra metà e a cercare di ripristinare "l'antica natura". Che cosa rimane? Un ricordo-bisogno: ricordo di prima della divisione, della de– vastazione, del massacro; biso– gno che divisione, devastazio– ne, massacro finiscano. "Ma allora volete tornare come be– stie"? Se c'è una sicurezza è che: il passo al di là dell'anima– le è stato definitivo, non si può - neppure volendo - tornare indietro. Se c'è un'altrà sicurez– za è che: di come siamo, non se ne può più. Due assiomi: tirare le conse– guenze. Adamo non sapeva di essere nudo; Eva nemmeno. Quando lo seppero lavorarono con su– dore e partorirono con dolore. Che ne era del loro corpo? Se- de, prima di tentazioni, ora di fatica e di dolore. Poi venne la divisione dell'anima dal corpo, della mente dai sensi. Si decise - dentro una divisione del lavo– ro e delle classi - che l'uomo era spirito e ragione che dove– va sopportare un temporaneo soggiorno in una prigione chia– mata corpo e a contatto con sensi (n. 5) poco divini. Si in– staurò una tradizione che dura da duemila anni: il corpo per la– vorare e faticare e espiare e so– pravvivere; l'anima per gioire innalzarsi vivere l'eternità (futu– ra). Ci fu un'epoca (alla fine dell'im– pero romano) che nei deserti non si circolava più: duemila in– torno ad Alessandria, 5000 nel deserto verso l'Etiopia, 500 sul monte Ferme, 1200 in Tebaide, ecc. ecc. ecc., tutti asceti san– ti, al digiuno, alla verginità, alle visioni, alle illuminazioni, a un dialogo quotidiano coi demoni; morti al mondo. Qualcuno l'aveva anche pensa– ta un po' diversa: per vincere il corpo, bisognava consumarlo nei godimenti e nella lussuria dei sensi (ricordate "La via lat– tea"?). Ma non fu questa l'orto– dossia. Il fatto è che migliaia e migliaia di persone lasciavano città e villaggi, vivevano per 50, 70 anni da solitari ascetici, in una grotta, in un burrone. Nel deserto avevano visioni, subi– vano tentazioni, per "allontana– re ogni forma di quel torpore che nasce dalla concupiscenza irrazionale" come scrive Palla– dio che fu il cronista della vita di molti di loro. E così Isidoro "non portò mai alcun panno di lino, non fece mai un bagno, non mangiò carni... persino du– rante i pasti entrava in estasi e restava assorto in silenzio; an– ch'io lo vidi più volte scoppiare in lacrime sulla tavola e gli sen- tii dire: 'mi vergogno di parteci– pare a un nutrimento materiale, mentre sono un essere spiritua– le e destinato a vivere in paradi– so' ". O Alessandra che per 1O anni «lasciata la città e chiusasi in una tomba riceveva attraver– so un'apertura il necessario per sopravvivere ... E quando io le chiesi: 'Come fai a resistere senza vedere nessuno e doven– do sempre combattere contro il tedio della solitudine?', mi ri– spose: 'Dall'alba sino all'ora no– na prego ogni ora, tessendo il lino; durante le rimanenti ore mi aggiro col pensiero tra i beati patriarchi e i profeti, gli apostoli e i martiri; dopo aver mangiato il mio pane, trascorro le altre ore facendomi forza e atten– dendo la fine con speranza fi– duciosa'". E Ammonio, di cui "si tramanda un gesto straordi– nario: quando sorgevano in lui tentazioni voluttuose, non ebbe mai riguardo per la sua misera carne, ma dopo aver arroventa– to un ferro se lo applicava sulle membra, tanto che era tutto co– perto di piaghe". E Macario d'Alessandria cui "una zanzara si posò sul p·ede e I_

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