RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

TRIP, ho voglia di uscire, di vedere la gente, solo che ho un po' paura. • Non ti fidi di me? » mi fa lei. •Masi, è che io da solo non me la sentirei e allora ...» Mi prende la mano e saltiamo in auto. Arriviamo al Castello e ci sdraiamo sull'erba, sotto un grande albero, la mano nella mano. Parliamo di questo enorme albero, di quanto deve avere sofferto con tutti quelli che incidono parole e scorticano la superficie. Gli alberi sentono e capiscono le tue intenzioni. Se ti avvicini con l'intenzione di fargli del male o se ti accosti a loro con amore. All'improvviso sentiamo una voce gracchiare qualcosa. • Ecco questo è uno gnomo dei boschi-mi dice lei-» Alzo la testa e vedo grande e grosso su di noi un coso enorme tutto vestito di verde, Ci stringiamo forte le mani come per fare forza uno all'altro. Lo •gnomo» ci chiede i documenti e annuncia: ci denuncerà per atti osceni in luogo pubblico e per aver calpestato i tappeti verdi. E stato in quell'occasione che ho scoperto l'esistenza delle guardie del • verde comunale». Sconvolti da questa violenza assurda ci alziamo guardando il nostro amico che certo non aveva bisogno di questo tipo di protezione. Uscendo dal parco mi assale un Nel 1967, inpienacontestazio– ne, e nel periododelle grandi dimostrazioni contro il Viet– nam,gli studentiçpi:,testarono alla UniversitàdePMarylanddi lavorarecon i militar~ a proget– ti di guerra bàtteriologica. L'università, e il gpvetnonega- un Pinelli in versione america– na). U~ dose già buona di l;.SD che si trova In comm rc~Jill~l– menteJ contiene HlO micro– grammi. A EdgeV'(oodrovava- o 1'-nphe con mi- mmi. Po 60, bandonano nti, si buttano ,di ra tteriologica rA ntinua,ad e sa- perchélam del rvellò è la SU@ Specialità. qu'5to, in ~reve, è quel che ffttO, loro,P,erS(ln~ cli una sostanzeche e terà il piùprofo rlegi contr se st tlroga i dopo u,c ~a rga \o è tana.. lè$ uòim– iada La i senso di paura e di angoscia profonda, mi porto dietro la faccia grassa coi baffi dello «gnomo verde» che ghigna. La gente intorno e grigia la città mi senbra in bianco e nero. Mi sento vittima di una ingiustizia enorme: perché non si può stare sdraiati sull'erba a parlare degli alberi, la mano nella mano? Questo incontro con il Potere mi ha trovato impreparato, e mi assale un senso d'impotenza. S. sente la mia paranoia e cerca di distrami con molta dolcezza. In questo momento del viaggio sento una voglia matta di parlare con un bambino di chiudermi in una stanza «lontano» dal potere. È nella ~ia stanza che ritrovo la serenità, seduto sul letto guardando avanti, dentro di me. Mi accorgo che i miei pensieri sono a colori mentre continuo a vedere le cose sempre scure e grige anche non più proprio in bianco e nero. Ripenso al verde della« guardia», che non c'entra nulla con il verde dei prati. Guardo proprio bene la mia camera: è grigia, buia e spoglia. Perché? lo voglio i colori. Voglio cambiare la mia stanza. Penso alla gente per la strada tutta grigia. Mi chiedo se è giusto voler vivere a colori. Inguaribile c omunista mi rispondo di si ma non da solo, Qqg tid ~hfl tot~ vogqa A e1~ os-e.QO iye e (i colori. Ho sottomano il 1.ni' lmÌ!rb"() tf:fo'Nudo ;!am~t0tui à 1 s rì e colorate e riprendo a 13 sorridere . Se avete letto qualcosa di William Borroughs, Diane di Prima o Jack Green o Anatole Broyard, non avete bisogno di documentarvi ulterior– mente sugli effetti dell'alterazione causata da« droga». Se invece avete preso L.S.D vi siete senz'altro documentati meglio, e allora scrivete an– che voi. lo ad esempio, ero li a leggermi un giornale qualunque circa due anni fa, e mi sono visto davanti sul tavolo di cucina 5 molliche di pane grigio in 5 striscie di carta gommata ... E poi tra sorrisi e lazzi e scherzi e cose di cui non riuscivo a captare lo spirito, ci siamo trovati quelle 5 molliche di pane chimico in 5 bocche di– verse. Tranquilli, calmi e un po' emozionati poi, a scambiarci i passi in viottoli di campagna, cercando di parlare di questa cosa, non dimenticandoci nemmeno di aver letto spesso un bel po' di letteratura a proposito di al– lucinazioni. In fila indiana giù per il sentiero a fare due viaggi in uno e sentirsi dopo un po', strani motorini nelle gambe, e scoprire di avere energia, noi che non dormivamo mai e stupirsi, davvero ...simpaticamen– te. E cominciare a scherzarci sù, mentre tutti i suoni del bosco prendevano µn suono comune, e ti sembrava di averceli li, a due passi dai tuoi sandali o mocassini che fossero. Nessuno di noi poteva considerarsi un buon mistico pacifista ..venivamo da esperienze extraparlamentari e piuttosto dure anche. Pomeriggi passati coi limoni in tasca e fazzoletti rossi sotto il naso e respirare buoni odori di guerriglia urbana e a collezionare sam– pietrini da regalare alla polizia. Nessuno di noi sapeva prima di quel po– meriggio, come poteva essere importante prendersi un acido in tutta tranquillità e lasciarsi alle spalle vecchi dogmi comunisti che nessun spazio lasciavano di certo circa il divertimento ...e l'alterazione in gene– re. In quei momenti di motorini e fasci elettrici sotto la pelle, le vecchie sbronze di vino di birra in assemblee e riunioni dimenticate, mi davano l'impressione dei primi piaceri, scoperti in «colpevolissime masturba– zioni al gabinetto di casa mia». Lasciarsi andare e...perché no, divertirsi una volta tanto, e allegramente buttare nel fosso e nella fanghiglia quel pizzico di «responsabilità mi– litante» che indubbiamente parte del mondo ci aveva tolto. E accorgersi che bello è anche il rumore delle foglie quando cadono sull'erba e dol– cemente piacevole il canto degli animali dentro le tue orecchie. I colori avevano un altro tono e forse l'erba non era di quel verde che vedevamo prima ma... più splendente, più viva, più alta forse. Case di pietra e viottoli anonimi, silenzi e spazi per riposarsi un po'!! Ri– dere, stupirsi di sentirsi diviso in due: lo stupore e la gioia di quel piccolo bambino che è nascosto da anni dentro il tuo cervello, e i pensieri nella testa, a dirti che tanto tempo hai aspettato per goderti quell'incredibile pomeriggio. Ci fermavamo a discutere di un sasso, o delle strane forme dei piedi di qualcuno, o a chiederci che fine aveva fatto l'anfetamina nelle nostre gambe. E poi dentro casa, ancora a discutere di questa cosa a chiederci cosa stesse succedendo e se per caso quella famosa storia della realtà aves– se un certo senso. Riuscivo a scandire le immagini a mio piacere. Osservavo la punta delle dita mentre si muovevano. Mi davano l'impressione di una serie infinita di scatti le vedevo proiet– tare verso il televisore, l'interruttore della luce, la maniglia del frigorifero, come tante minuscole palline da tennis. Un po' difficile da raccontare, ma era come quando siete al cinema, e vi accorgete un attimo prima che quel che state vedendo, cioè la pellicola, si sta per rompere, e allora si fermano le immagini, e quando il proiettore si rimette in moto, le stesse immagini riacquistano velocità, ma per due o tre secondi vanno a una velocità frenetica, un po' come un film di vecchi tempi insomma, fino a ritornare alla normalità. Ecco era proprio una cosa simile. Continui sbalzi di velocità e di movi– mento e movimento e velocità ancora. E uno strano ronzio alle orecchie ...una specie di roonf roonf roonf, a dirti che il motorino dell'acido continuava a non fermarsi. E giù a ridere, a dar– si pacche sul culo o dove capitava e osservazioni increduli nello spet– tacolo delle nostre facce. Bambini, eravamo diventati bambini. Bambini di venti-venticinque-trenta anni. Squillava il telefono e tutti a precipitarsi sulla cornetta per sentire che effetto faceva il suono di una voce normale, e a ridere come pazzi, per– ché di certo quella era la voce più buffa e fantastica del mondo. E poi fino al tramonto, a raccontarsi vecchie storie di liceo e interroga– zioni assurde. E scoprire di avere una memoria illimitata, e passare dal liceo alle medie, dalle medie alle elementari. ..fino alla scomposizione del tuo primo banco di scuola, alla sensazione sgradevole del p·rimocontat– to con il primo cancellino della tua vita, al primo momento di imbarazzo e di vergogna, nel momento in cui tiravi una scorreggia in un luogo pub– blico, e sentirti un verme ... quasi avessi commesso un delitto, perché questo era quello che ti avevano insegnato ...mamma-papà.scuola-caro– sello! ! Tutto iucido ...tutto di una lucidità impressionante. . Chi si lavava le ascelle sudate in cucina cantando« OLD MAN RIVER •... chi si guardava una orrida Canzonissima alla televisione tenendosi lo stomaco dal ridere ...chi andava su e giù per le scale cercando di non di– menticarsi qualcosa nelle altre camere e ritornava indietro e si fermava su una porta qualsiasi; braccia conserte, faccia pensierosa ...e poi giù di nuovo a far la fila sul primo gradino del piano di sotto ... Chi urlava di scendere in città in macchina scassata-vecchia-ruote-pie– ne-di-fango a contare i cappuccini «schiumogeni» su un banco-fred– do-latta. E dopo tre ore a girare per la più bella città del mondo ...paste calde tra le mani e tanta voglia di guardare guardare anche i semafori e le portiere delle auto e i cartelloni dei cinema e la gente che passa e la sensazione

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