RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

12 SOLO LSD VI OFFRE UN SERVIZIO cosr Se <1.vete pochi soldi, se avete r:: i.ol ti aaiici, se a.vete del te:.-:;,o 11:>ero •••• FLY with LSD AIRLINES !___________ _ B Un'immersione. Mi inabissavo. Il primo acido a 32 anni. «Può andar male» mi avevano detto perché il mio patrimonio di inibizioni e paure è ormai troppo grosso e troppo solido e collaudato il mio silema di difese. Poteva saltare tutto per aria; e dopo? Invece per adesso era una dolce immersione, spofondavo e non sapevo dove ma aspettavo tranquillamente sdraiata sul letto, accanto al mio uomo, le mie mani f,ra le sue. Poi di colpo le immagini: immagini della mia vita, alcune conosciute, altre no, molte terribilmente lontane nel tempo: mio padre giovane, quasi un ragazzo, il giardino dei miei primi segreti, un gatto che mi spaventa da farmi urlare, la sensazione di soffocare, quella vota che avevo la difterite. E ancora: me a tre anni contro il muro della cantina, sotto le bombe di una guerra per me troppo normale e ancora quella sensazione di non paura ma di tensione che io sentivo in quel tempo. Erano immagini, ma anche sensazioni del mio tempo perduto. Capivo perché. lo chiamano «viaggio», era, il mio, un viaggio dentro me stessa. Mi lasciavo andare a queste immagini, molto curiosa. Non capivo il nesso fra le une e le altre e mi sfuggiva il meccanismo che le portava in superficie, alla coscienza e alla memoria. Era come se il mio cervello fosse un flipper. Dove la pallina toccava si accendeva una luce e qualche volta erano tanti flash tutti insieme. Poi sono arrivate le immagini-chiave: le allucinazioni in termini medici. " Ho visto mia madre con la faccia di un porcellino e il corpo era lo stivale dell'Italia. Ho visto le immagini dei tre uomini che ho avuto, dei tre più importanti, e a ogni immagine corrispondeva quello che di più profondo e vitale ognuno di loro mi aveva trasmesso: il senso della collettività, il senso dell'individualità, il senso della libertà. Non avevo sete, non avevo fame, stavo bene; mi sarebbe piaciuto raccontare al mio amore quello che mi succedèva, ma ero travolta dall'incalzare delle immagini. Non ho visto colori strabilianti, luci, fiori straordinari. Era solo un lungo viaggio dentro me stessa, era una luce che illuminava zone oscure ( od oscurate) della mia esistenza. Come ha torto Pasolini a dire che lo stimolo alla droga (e poi: quale droga?) equivale a mancanza di cultura. Nel caso dell'LSD nessuna cultura ti può portare a quel grado di introspezione che va appunto anche oltre e qualche volta contro la tua cultura. La cultura, nel senso grande in cui noi usiamo di solito questo termine, è anche parte di un sistema di difesa. L'acido scardina questo sistema, lo scarnifica, te mostra i trucchi e il funzionamento, quello che va e quello che no, quello che è sincero e quello che è costrizione. A te poi di decidere. Comunque, per tornare a chiudere con Pasolini, lo stimolo e le cause profonde che spingono una persona ad ingoiare un giorno quella pillolina sono caso per caso abbastanza diverse. In quanto a me mi interessava vedere angoli remoti, dimenticati o censurati o trascurali della mia vita. Volevo vedere dove mi ero «chiusa», dove mi ero tradita, dove mi ero fatta del male senza saperlo e perché. Per esempio: ad un certo momento mi sono chiesta se quell'interesse fondamentale, prioritario che è la politica nella mia vita fosse davvero qualcosa di mio, di autentico e non invece il peso di una eredità lasciatemi da mio padre. Era un dubbio fondamentale della mia vita che mi ero abituata ad accantonare come irrisolvibile. Ho avuto in risposta una serie di flash interminabile, sconvolgente: ero io, ero prorio io e certamente cercavo di gestire un'eredità ma c'era anche tutta una passione mia e ho sentito dentro un'esplosione di gioia e di sicurezza. Avevo perso la dimensione del tempo; il ritorno è stato spossante: ~ ~no, inalinconia,.,i:bbando'{Oi. · stara ""e o~~ v am4 91aopo e cioè qualche mese fa. questo, ere o, a meno per me, e il ritmo giusto. Non c'è molto di più cretino che farsi l'acido come una malboro; certamente l'acido tocca il cervello e bisogna usarlo con moderazione. Ma non è solo un fatto di salute, è anche un fatto di utilità: l'acido usato spesso non serve a niente, non·ti fa più andare da nessuna parte. Ho visto uno farsi 4 acidi in 5 giorni ed essere moderatamente stupido per tutto il tempo; un po' assente, un po' distratto, niente affatto coinvolto, senza contare che si brucia il cervello. Che senso ha? lo rifarò l'acido fra un altro paio d'anni, quando i fatti, i pensieri, la sofferenza e la gioia accumulate in questo intervallo di tempo avranno bisogno di essere risistemate, ricapite, riciclate con una puntata nel mio inconscio. 5 anni fa: il mio primo acido a 23 anni. La stanza non era grande e non ricordo se anche per Guido fosse il primo. Ripenso al gran ridere per qualsiasi cosa e a quel sorriso permanente da sentire dopo un po' un vero e proprio indolenzimento alla mascella. L'acido veniva su piano piano, mi toccavo le mani e le sentivo formicolare, intanto intorno a me vedevo le cose più nitide, i colori più vivi. Mi ritrovo per un po' a guardare una sedia. Penso alla sedia-falegname-legno-albero-bosco. Della sedia vedevo LSD COME LO USANO LORO La facoltà di medicina della Università del Maryland e l'esercltà amer-icano davano la LSD a centinaia di persone, r,egli anni 50. La davano a civ1h e militanti, che facevano prati– camente da cavie, e gliela da– vano senza avvertirli. Queste notizie sono venute alla luce, quasi per caso, quan– do la commissione senatoriale che si occupa della CIA (è pra– llcamente un seguito dell affa– re Watergate, che continuerà per anni a tormentare i padroni elettronici d America) ha scer perto, praticamente per caso, questa stona Che insieme a quella delle armi batteriologi che è la storia più sporca e pi ben camuffata e prote dell'Estal!lhshment militar-p tico Amerikan-Russo (per la stessa · OVVI paralizzarlo temporaneamente in maniera totale). I militanti incaricati del proget- - lo spiegavano sempre ai civili dell'Università che tutti gli esperimenti miravano a studia– re la possibilità di usare le so– stanze sul •nemico•. proprio tutto questo in rapida successione. Mi sdraio sulla moquette che sembra un prato e ho la sensazione che il miç>corpo si sciolga come la neve al sole, e vada a fare del bene alla terra. E una sensazione bella ma preoccupante: è il mio ego che si difende. Marx è attaccato alla parete su di un manifesto d'argento. Lo guardo bene e vedo che mi sorride beffardo mentre il muro dietro respira tranquillamente. «Guido, vedi anche tu Marx che sorride? ». Guido scuote la testa ridendo. Riguardo Marx che adesso ridacchia con gli ?e<:. • furbi e alla fine mi schiaccia l'occhio. Approvato dal mio padre spiritt:ale ritorno a pensere a me. Ho voglia di vedermi e vado in bagno. Al!o specchio la faccia è leggermente deformata e Ml metto a fare un po' a' boccacce. Quando apro il rubinetto, l'acqua mi scorre sulle mani come fosse viva, saltellante. Mi guardo le mani, le guardo attentamente cenlimentro per centimetro. Tornando in camera guardo Guido, fronte, la pelle della faccia, i segni intorno agli occhi. Questa è una abitudine che mi rimarrà sempre: guardare le persone nella faccia e nelle mani, negli occhi, prima di ascoltare le parole che escono dalla loro bocca. Adesso il trip viene su ad andate e mi sento scuotere il petto. Quando arriva S. anche lei in

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