RE NUDO - Anno VI - n. 35 - ottobre 1975

Perché non era solo inciviltà, sfogo personale di tutta la propria paura del nuovo e del diverso, della propria voglia di arretratezza, di sicurezza, ma era qualcosa di molto di più. lo ho avuto paura, ho vissuto da vi– cino in quelle reazioni, la sensazio– ne della folla che si getta in un lin– ciaggio, al livello del pubblico di Ge– nova che al processo Bozano grida– va «pena di morte. Ho visto la violenza e la paura e ho avuto paura. "Suonavano male», ha detto qual– che compagno sprovveduto, che non ha capito nulla o che ha tentato di aggirarlo, senza affrontarlo, un tragico problema. Non voglio nemmeno pensare se suonavano male o bene (a me pia– cevano, ma non è questo il proble– ma, voglio anche pensare che per qualcuno più specializzato di me, per vorrei anche capire rispetto a quali parametri, le canzoni non fos– sero belle o« in»), perché questo è un problema secondario per ovvii motivi. «Le femministe sono permalose» hanno detto sempre gli stessi com– pagni, pesci d'acquario, invece che pesci nell'acqua. Ho sentito frasi e gesti allucinanti, ho visto reazioni bieche: chi gridava · «allora vogliamo la bambola di gom– ma! » e purtroppo non erano isolati. Era una specie di isteria collettiva, era la reazione violenta di chi non pù in alcun modo sopportare di essere messo in discussione, di chi non vuole nemmeno ascoltare certi di– scorsi e si rifugia ciecamente nelle proprie certezze. Trovarsi in una grande folla, che vive stati d'animo collettivi, pù esse- re una sensazione molto bella o molto brutta. L1,in mezzo a quellagente, si tocca– va con mano il livello di repressione sessuale, e l'insicurezza che acco– munava i compagni.i giovani sbiaditi hippies e le cosidette «avan.guar– die ». Si puòdissacrare tutto: la critica po– litica è entrata nei costumi dei gio– vani, Fanfani e la DC possono esse– re sbeffeggiati, il fascismo è un ne– mico per le masse, il padrone anche, la lotta degli operai è sempre e co– munque rispettata, e oggi ormai an– che quella degli studenti. Ma certe cose sono tabù. Chi parla di sesso è linciato. Le femministe sono lesbiche o puttane, i compagni del Fuori semplicemente «culi». Il padrone è l'unico nemico, ancora una volta si contrappone« l'Interna– zionale» a una canzone che parla di rapporti tra donne», per specificare come in questo obiettivo principale, che sta anche diventando generico, tutto si annulla e tutto si dissolve. Un modo come un'altro per non ve– dere l'articolazione delle cose, per non riconoscere come questo nemi– co principale si materializzi i in mille nemici particolari.anche nella no– stra mente e nel nostro comporta– mento, a torto considerato privato. Un modo come un altro per vedere la lotta antifascista solo come lotta contro le squadracce o per il MSI fuorilegge, senza conferire alla lotta antifascista contenuti nuovi, senza riconoscerla come lotta alla violen– za quotidiana, all'ideologia, all'edu– cazione di un certo tipo, alle discri– minazioni, alla logica qualunquisti– ca della paura del nuovo. Un modo come un altro per conti- nuare come prima, in attesa o no della rivoluzione. Ma non è un discorso «intimista» che porta le solite esigenze di uma– nizzazione, il discorso è centrale e teorico. Magari è molto difficile farlo, ma io lo sento profondamente, come limite assurdo di questo sviluppo enorme sul piano quantitativo del movimento. Come esigenza profon– damente politica di non vedere più come controllare alle manifestazio- . ni di piazza contro lo sfruttamento , il governo, e i fascisti, delle manife– stazioni «culturali» di questo tipo. Perché questa «cosa .. è avvenuta in quella che doveva essere la fac– ciata culturale della sinistra, del « proletariato giovanile», e tutte queste ignominie (grida isteriche dei maschi che si vedevano scap– pare il loro potere) sono avvenute sul palco che recava la scritta "cambiamo la vita, cambiamo la so– cietà», nel festival del «tempo libe– ro», e via dicendo ... Il nuovo modo di stare insieme, nuo– vo non è. E non si pù risolvere sem– plicisticamente dicendo che, si sa, i modelli culturali sono quelli della borghesia. Che siamo schiacciati da un domi– nio del capitale che schiaccia an– che la nostra vita. Occorre su queste cose, fare una profondissima autocritica, occorre vedere cosa abbiamo fatto in questo campo. Occorre aprire un dibattito. Che sarà necessariamente uno scontro .. Meglio tardi che mai. Non è possibile mettere sullo stesso piano la «provocazione» delle com– pagne femministe e la risposta delle mandrie giovanili. Sarebbe un p come fare il discorso degli opposti 11 estremisti. Abbiamo, all'interno di al– cuni collettivi del movimento femmi– nista milanese attentamente valuta– to, purtroppo a posteriori, se era giu– sto o meno l'intervento in quel clima e in quel festival delle compagne femministe di Bologna. I pareri erano molto discordi, un di– scorso cosi difficile doveva essere più attentamente valutato rispetto al pubblico presente e certe occasioni di diverso incontro privilegiate. An– dava forse anche privilegiato un di– scorso rivolto alle donne e non cosi provocatorio nei nei confronti degli uomini. Ma si è anche detto che spesso non non è una questione di mediazioni e che la presenza femminista, proprio cosi com'è e per le contraddizioni che apre, è sempre e comunque provocatoria e scandalosa. E,se la provocazione non può certo essere l'unica forma di presenza del movimento femminista, che sempre più troverà nuove e diverse forme per incidere nella realtà, non si pù nemmeno pensare di eliminarla, ma occorre rapportarla in modo dialetti– co con altre forme di intervento. Anche questa esperienza disgra– ziata è stata tuttavia ricca di inse– gnamenti. Non vi sono più alibi poli– tici che giustifichino l'assenza dei compagni da questo tipo di proble– matiche. I 500.000 giovani che hanno parte– cipato al Festival cercavano davve– ro un modo nuovo di vivere, di stare insieme, di incontrarsi. Per ora non si è riusciti a farlo in modo molto di– verso che allo stadio. IDAFARÈ

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