RE NUDO - Anno VI - n. 32 - 1975

fatta nostra, abbiamo subito la e l'Intolleranza maschile. 11pretende di parlare da • si- • di omo1e11ualltà, senza tener della centralità che ricopre per 1uale Il ruolo svolto In questo ento ,torico dalle donne e dalla lotta antlmaschlllna, non si puc;, rifluire su posizioni reazionarie. E ta 11 fine che, puntualmente, fa nl: Il suo odio viscerale per le a li rende incapaci a cogliere la lflcità femminile. Non a caso nel articolo, che pure dovrebbe trattare l'aborto, della donna non parla mai. Il parlare e riparlare di omosessualità vela, alla fine, come un gioco tutto in– ,llmo all'universo maschile: la donna ne • _eapulsa.La dobbiamo cercare dietro tiO una falsa categoria: l'eterosessualità. -llol non poniamo, non abbiamo mai ato, la nostra lotta in termini ambi– di contrapposizione omosessuale– ...,o,essuale. Sappiamo che la don- 118al di là della sua eterosessualità e dtlÌla sua omosessualità, è nostra alle– ata, e che è contro i maschi che dob– biamo lottare. E slamo consapevoli ohe senza liberazione della donna urà Impossibile la nostra liberazione. Si sa, da un po' di tempo Pasolini ha il ohlodo fisso della critica al consumismo. Che porta a quella che lui chiama la •omologazione dei valori"· Per cui non eaistono differenze fra sanbabilini e lot– tatori continui: vestono tutti allo stesso modo, bevono tutti Coca Cola ecc. ecc. È il conformismo di massa, il" nuovo fasci– amo•. Si sono cosi persi i sani valori di una volla, quando l'Italia non era ancora corrotta dall'industrializzazione, e quan– do gli italiani erano poveri, ma buoni e tolleranti. Seppure esplicitamente non lo affermi (del resto nell'articolo nulla è eapllclto) Pasolini fa capire che tale tol– leranza era estesa anche agli omoses– auali. Mentre ora di tolleranza non ne esi- ste più (sempre per via del consumismo dilagante). Siamo pure noi d'accordo sul fatto che di tolleranza verso gli omosessuali in Italia oggi ce ne sia ben poca. Ma un recupero riformista dell'omosessualità, come già abbiamo detto, è tutt'altro da esci udere. Ciò non risolverebbe comunque la no– stra oppressione. La nostra liberazione presuppone una lotta, e per questa lot– ta ora, come mai nel passato, si apro– no degli spazi reali. Le contraddizioni in cui si dibatte il tardo capitalismo e che si intrecciano alla crisi del model– lo, patriarcale, sono tali che finalmen– te gli omosessuali, come le donne, come tanti altri emarginati, le possono aggredire, divaricare, ribaltare a pro– prio favore. Intravvediamo la nostra li– berazione come storicamente possibile e non più confinata in una astratta utopia. Ma Pasolini non se ne accorge. Lui è un artista e, si sa, gli artisti sono sempre un po' sulle nuvole. Cosicché lui alle utopie ancora non ci crede, e siccome non le trova già realizzate, va a cercarle nel passato. Peccato che, per quanto riguar– da l'omosessualità, il gioco non riesca. Perché nell'Italia arcaica, checché ne dica Pasolini, l'omosessuale era sogget– to ad una spietata oppressione. La so– cietà contadina era profondamente pa– triarcale: in essa la famiglia appariva sa– cra ed intangibile; la divisione tra ruolo maschile e femminile (con la predomi– nanza dell'uno, sull'altro) nettissima, e la donna era solo sposa e madre. L'omosessuale mette in crisi la sessuali– tà finalizzata alla produzione dei figli, quindi la polarità dei ruoli. In quella so– cietà non poteva dunque che essere considerato un deviante e come tale soggetto a forme massicce di esclusio– ne. Tutt'al più accadeva che fruisse di una protezione fittizia, da parte della co– munità contadina, che però sostanzial– mente era solo una "sospensione della pena"· Vale a dire che viveva sul filo del rasoio; sapeva che, contro di lui, poteva– no scattare in ogni momento la violenza e l'aggressività di tutti gli altri. Fungeva cioè da capro espiatorio. In particolare poteva a~cadere che, soprattutto in de– terminate occasioni (carnevale, giorni di festa, ubriacature di massa), i maschi pi– gliassero l'omosessuale riconosciuto del paese, e lo picchiassero o lo violentasse– ro. Non era certo una bella vita. Noi non col– tiviamo nostalgie per il passato, anche se riconosciamo che il presente è di merda. Con la differenza, però, che, attraverso la lotta, adesso è finalmente possibile scrollarci di dosso questa merda. Ma Pasolini queste cose finge di non sa– perle. A lui non interessa verificare nella storia le sue affermazioni. Lui si colloca fuori dalla storia, e tutto gli appare pietri– ficato ed immutabile. Da quel moralista che è, ritiene che, se gli omosessuali stanno male, è perché gli altri sono cat– tivi. Per concludere che c'è ben poco da fare, se non piangere sulle proprie di– sgrazie. L'unico spiraglio è andare lontano, nei luoghi fatati dove il capitalismo non è an– cora giunto. Li tutti sono felici, e felice può essere pure l'omosessuale. Se poi la ricerca risulta infruttuosa, Pasolini sug- gerisce l'ultima strada: ritornare al pas– sato. Gli sfugge la sola reale possibilità, che è quella di porre appunto l'omosessualità in termini politici. L'abbattjmento dei ruo– li, la lotta al maschilismo, la centralità della liberazione della donna, gli devono -apparire discorsi ostici, e un po' insulsi. Proprio non c'è nulla da condividere con lui. I suoi discorsi ci stanno ormai alle spalle e non ci serviranno mai a ·nier:ite. Noi crediamo solo alla nostra lotta e alla lotta di quelli che, come noi, combattono per distruggere il capitalismo ed il ma– schilismo dominanti. Collettivo Autonomo FUORI! di Milano Le nostre riunioni si tengono tutti i ve– nerdì, alla sede del Partito Radicale Cor– so P. Vigentina 15/A alle ore 21,30 - tel. 581203. INALMENTE! ~-------UAS 29718

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