RE NUDO - Anno VI - n. 32 - 1975

autocoscienza maschil quello che il femminisrOO li nostro gruppo di uomini iniziò nella pri– mavera del '73 e, se si eccettua un'inter– ruzione estiva di due mesi, continua inin– terrottamente da allora. Ci incontriamo ogni Mercoledì. All'inizio si era, di regola, in 15, ma dall'estate in poi di fissi siamo in 8. Complessivamente, in un modo o nell'al– tro, sono state coinvolte nel gruppo circa 20 persone. L'idea di fare questo gruppo era venuta fuori da un incontro misto tra anarchici e compagni vari. Tutti vedeva– mo nel gruppo uno sviluppo del nostro modo di far politica, e non un tentativo di fare sedute terapeutiche, ma questo non significa assolutamente che noi non cer– cassimo (cosa che abbiamo poi trovato) un appoggio emotivo od affettivo nel gruppo. Anzi. lo sviluppo dell'espressio– ne emotiva e dell'affettuosità tra gli uo– mini è una delle cose cui sicuramente facciamo più attenzione. Non è successo che tutti assieme abbia– mo deciso che i gruppi di uomini erano •politicamente• in linea, e sicuramente per la maggioranza di noi (e ancora un po' adesso) era abbastanza incasinato dire cosa c'era di• politico• in tutto que– sto. Ma non ci siamo sentiti inibiti o fre– nati da questo, forse perché tutti aveva– mo sentito molto i bisogni personali. Tutti noi, nei tre o quattro anni precedenti, avevamo preso a considerare parte inte– grante della lotta politica il tentativo di capire, per poi combatterci contro, i mon– di con cui l'oppressione capitalistica c'entrava in testa e manda a culo i rap– porti tra di noi (e con rapporti non inten– diamo solamente quelli sessuali). Non riuscivamo a capire con quali modi era– vamo stati formati come uomini. I nostri sforzi di superare le strutture familiari, il problema della monogamia, con tutto quello che ne consegue, tutto era distor– to dalle nostre immaginazioni maschili e dall'impossibilità di lasciarsi andare. Tutti eravamo soddisfatti dei rapporti •normali• che avevamo tra di noi uomi– ni. Questo per dire che non cercavamo appoggio e tenerezza tra di noi, conten– tandoci di ottenere tutto ciò dalle donne con cui avevamo rapporti sessuali. I no– stri rapporti erano basati, sotto molti aspetti, sul rispetto-paura per la forza dell'altro piuttosto che sulla capacità di accettare pienamente le nostre debolez– ze e affrontarle assieme. Questo vuol dire che eravamo intrappolati nel vec– chio, vecchissimo trip di tenere alta la te– sta, nascondendo il più possibile di noi stessi per paura di essere rifiutati. La competitività, che si esprimeva non solo nella rivalità sessuale, ma anche nel no– stro lavoro, nelle discussioni, in ogni aspetto insomma della nostra vita, rima– neva intatta. Per due o tre anni alcuni di noi hanno maturato idee, tutte ideologiche, di modi diversi nel rapporto con altri uomini, ma oggi questo è diventata una necessità. Con la crescita del movimento delle don– ne, abbiamo avuto sempre meno appog– gio dalle donne con cui stavamo, e la pro– fonda miseria delle nostre fantasie ma– schili di indipendenza e di non aver biso– gno della gente emergeva con paurosa evidenza. Diventammo molto invidiosi della solidarietà tra le donne e del loro modo di stare assieme. Fu allora che cominciammo ad incon– trarci. All'inizio eravamo molto timidi e impauriti. Era molto strano essere in una stanza con altri uomini e non avere nes– sun'altra ragione per essere li se non le proprie tensioni emotive. Eravamo tutti imbarazzati quando raccontavamo ad al– tri uomini del nostro gruppo di uomini. Quello che ci teneva insieme e ci spinge– va ad andare avanti era la urgenza del nostro bisogno di rompere le barriere maschili tra di noi, se vogliamo sopravvi– vere e ancora oggi sentiamo fortissimo RIESCE A COMBINARE Questo è un g_ruppodi compagni inglesi. Compagni come noi, passati attraverso il '68, la militanza nei gruppi, rappor~ ti di merda con le donne, le proprie, ma soprattutt0 con 911 altri uomini. Compagni che si sono stufati di dover compe– tere a tutti i costi con gli altri uomini, a gomitate nello sto– maco, uomini che si son stufati di dover essere « interes– santi» piuttosto che belli, forti invece di tristi, razionali in– vece di emotivi, sempre così maledettamente sicuri d) sé. È difficile stare insieme tra uomini in un modo diverso, far politica assieme in modo diverso, volersi bene. Questa è la storia di chi ci ha provato e ci prova. questo bisogno, ma i piccoli progressi che abbiamo fatto ci danno un po' di fidu– cia sulla validità politica di quello che stiamo facendo. All'inizio di Novembre 1973 c'era un congresso di gruppi di uomini e di uomini non ancora «coinvolti" a Birmingham. C'erano circa 100 uomini, e circa 12 gruppi erano rappresentati. Sei di noi an– darono da lslington, e furono veramente colpiti dall'esperienza, come del resto anche la maggior parte di quelli con cui parlammo. L'atmosfera era meraviglio– samente calda e amichevole il che, pur– troppo, è in stridente contrasto con la maggior parte di altri congressi (sebbe– ne questo, probabilmente non accada nei congressi delle donne). Per esempio: alla seduta di sabato c'era– no 6 gruppi di circa 20 persone. Quando nel gruppo arrivava qualcuno nuovo, non era lasciato da parte a cogliere quello che poteva dalla discussione, ma gli si faceva capire che era realmente il ben– venuto, gli si diceva di cosa si stesse di– scutendo e veniva introdotto nella di– scussione. Veniva fatto uno sforzo incre– dibile per dimostrare attenzione e sensi– bilità l'uno con l'altro, e non cadere nell'abisso di anonimità dei congressi maschili (e non solo). Molto raramente s'interrompeva chi parlava; nessuno fa– ceva critiche in un modo che ti avrebbe buttato giù, distrutto, con cattiveria; nes– suno sentiva il bisogno di alzare la voce (perché nessun altro alzava la sua); non eri costretto a parlare; non c'era quella situazione in cui gli interventi si succe– dono rapidamente (di solito parlano sempre gli stessi), e invece c'era molto tempo per riunire le proprie idee ed arti– colarle. Questo poi era anche facilitato dall'atmosfera amichevole e non intimi– datoria. La gente non aveva solamente voglia e bisogno di parlare. ma anche di ascoltare e capire le esperienze degli al– tri. Non vogliamo dire però che tra di noi va sempre cosi bene, anche nelle riunioni del gruppo di uomini. Sicuramente una delle cose che ci dà fastidio è il modo con cui tendiamo a tornare ai vecchi trip ap– pena smettiamo di parlare di «faccende personali"· Le riunioni sono abbastanza varie, e due o tre volte siamo arrivati a parlare della situazione economica, del Cile, dell'automazione, o simili argomen– ti. Quando queste discussioni più tradi– zionalmente maschili iniziavano, diven– tavamo molto più autoaffermativi. C'in– terrompevamo l'un l'altro, distruggeva– mo l'altro, alzavamo la voce, c'incazzava– mo l'uno con l'altro, insomma, dominava– mo. Un'altra cosa su queste discussioni era che spesso ci sorprendevamo a scivola– re su questi argomenti come scusa per non parlare di cose più personali. È cosi facile per gli uomfni nascondere la pro– pria vita privata ed emotiva dietro la fac– ciata della preoccupazione per le cose "più importanti" che ci sono al mondo. Riflette una delle nostre più grandi op– pressioni. Per noi, la liberazione degli uomini deve partire dal vedere come siamo stati dizionati dalle varie istituzioni della cietà capitalistica ad avere una pa lare personalità, a rapportarci agli ~n particolar modo, a giocarecerti ~ come tutto questo cl mandaIn anche nel modo di essere uomini. noi, liberazione degli uomini vuol possibilità di stare assieme e di scerei In modi differenti da quelli con di solito gli uomini si• conoscono•: stenerci l'un l'altro, riceve ap 3motlvo dall'altro, aprirsi ad altri u Nessuno di noi vuol commetterel'er di vedere la nostra liberazione come cosa che non compito di un movlm rivoluzionario di massa. Ma vedere I problemi personali come politici cl bra un primo, necessario gradino per t,erne parlare, dividere la disartlcol passiva esperienza di essere appre mandati affan'culo da altri uomini. V re dove queste esperienze rom qualcosa e rapportarle al condlzl mento che abbiamo subito, e che an subiamo 24 ore su 24. Quest'apertura di per sé stessa può sere uno sballo non Indifferente. E un uomo può significare essere ab stanza solo: spesso c'è dentro di te q sto vortice di sensazioni, paure, lnce. ze e tabù, e spesso sie imbarazzato rar fuori tutto ciò perché sembra stu o volgare. o debole. Arrivi a credere sei solo tu che non funzioni, che I problemi non sono di nessun altro, e tu sei, in un certo senso, inadegu sbagliato (il che, naturalmente, è esa mente quello che LORO vogliono cha pensi.) Essere uomo in questa società signi giocare continuamente con te stea con gli altri. Devi comportarti da u Essere duro, forte, potente, deciso, tenerti freddo e controllato, non mo1t mai le tue debolezze, le tue paure, an tà, non lasciare mai che le tue emoz s'impadroniscano • della migliore di te", non mostrare mai che non ce la non essere triste. È come dover tener la testa per tutto il tempo, negando tinuamente una parte di te, trasform il dolore in aggressione (essere • I zato" o •furioso• Invece che trlet rabbiarsi invece di piangere). Sii ag sivo, furioso, schifoso, ma mai, non re mai debole, o, peggio ancora, moe le tue debolezze. Camuffale, n combattile, fanne quello che vuol, non esprimerle mai. E i rapporti c sono tra gli uomini non fanno altro rinforzare tutto ciò. Tutti ricordlam sanzioni sociali contro ogni incrina to della corazza. • I ragazzi grandi piangono•, • se riesci a mantenere la testa quando tutti quelli attorno a stanno perdendo, allora sei un uomo, glio mio, un uomo." Quanto del n rapporti con gli altri ragaui e uom fatta di ricerca delle loro debolezz poi usarle contro di loro<• solo un i;livertimento ...). E abbastanza facile vedere come I i porti tra di noi vengono a coetll sull'ammirazione o la paura della dell'altro. Siamo condizionati aved uomini come austeri, come gente Il spetto-amore ce lo dobbiamo gua re. Guadagnarcelo comportan certi modi, essendo uomini, forti. cosi che abbiamo imparato a rap al primo uomo che abbiamo mal sciuto, nostro padre. Una figuradi imprigionata nella sua mascollnlti, timo appello in fatto di autorlti 1u (se la mamma diceva• A1pettacht torni a casa • , sapevamo che par metteva male). Toglierci di doaaO rapporti aggrenlvl, competltlyt tizzati è groa10 modo quello cercando di fare. È un cilMIJICt.

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