RE NUDO - Anno IV - n. 20 - 1973

RE NUD0/4 LA TORTURA DEL SONNO Pubblichiamo questa testimonianza di un· militante portoghese contro il regime fascista del suo paese, perché ci sembra che questo aspetto ilei/a resistenza al regime che ci dovrà interessare più da vicino, è cosa da noi abbastanza trascurata. La resistenza a/l'interrogatorio, dimostrata dagli algerini contro le raffinate tecniche dei torturatori francesi, la forza di vo– lontà e di coraggio dimostrata da partigiani italiani contro il nazifascismo, devono tornare ad essere patrimonio di nuova resistenza contro la reazione democristiana del fascismo statale. Il compagno Martins Rodrigues ci rac– conta una sconfitta che ha subito. Ma capire come questa sconfitta è po– tuta succedere, capire come lui stesso ci fa capire come potersi opporre alla tortura è il nostro immediato dovere. li testo integrale delle due fasi della tortura del sonno (noi pubblichiamo solo stralci della seconda· parte) si possono richiedere al • Comitato di sostegno alla lotta portoghese ·con– tro la dittatura • c/o Club Turati via Brera 18 Milano. Dormii per una quindicina di ore. Mi svegliai stanco, ma perfettamen– te lucido. Mi ricordai di tutto ciò che era successo, nei minimi partico– lari. Mi vergognavo perché avevo ce– duto e firmato il verbale. compro– mettendo dei compagni. Ero entrato nella PIDE deciso a non dire e firma– re nulla. Durante gli altri arresti precedenti non avevo firmato nul– la. Durante tutto il gi_orno riflettei a lungo su questo fatto. Sapevo che la tortura del sonno sa– rebbe ricominciata ed ero allarma– to perché avevo avuto una reazione divers·a da quelle che avevo sentito raccontare; dovevo tenere maggior– mente sotto controllo il mio subcon– scio ed avrei certamente ottenuto la stessa fermezza degli altri. Du– rante questo giorno nessuno mi in– terrogò e mi lasciarono dormire tut– ta la notte. La mia disposizione non era la stessa della prima volta, ol– tre ad essere stanco. avevo meno fi. ducia della mia capacità di resi– stenza. Però ero disposto a lottare. Suppo– nevo che A. poteva già trovarsi in galera (mi assillava il dubbio se avevo o no dato il suo indirizzo nel delirio), ma anche ammettendolo non pensavo che tutto fosse per– duto; avevo piena fiducia nella con– tinuità della nostra lotta, al tli là di qualsiasi difficoltà, ed ero rasse– gnato all'idea che sarei rimasto in galera per molti anni; non pensavo assolutamente a una possibile libe– razione in cambio del tradimento. Ricominciai quindi la seconda fase della tortura ripetendomi che non dovevo « lasciarmi condizionare da– gli agenti della PIDE », non dovevo parlare con « gli agenti della PIDE » e dovevo ricordarmi che SONO UN COMUNISTA. Speravo che ciò aiutasse il mio subconscio a mantenersi fermo du– rante iI delirio. Ma purtroppo non fu COSÌ. Cominciai la seconda fase della tor– tura del sonno, 1'8 febbraio, dopo due giorni di riposo. Ero deciso a controllare le mie reazioni e a non rispondere a nulla. Il secondo gior– no venne Sacchetti; disse che do– vevo riflettere bene. che comunque ero politicamente finito sia per il partito sia per il FAP e che la mia situazione non aveva vie d'uscita: avevo ammazzato l'agente della PIDE avrei dovuto passare la vita in ga– lera ed anche· mia moglie avrebbe sofferto la prigione. Mi propose di confessare tutto e che evo perché c'era ancora la ti.I di risolvere la situazione. gìrantì che avrebbe almulato 9V881one convincente per tutti tvrei potuto prendere 1r primo atrto per il Brasile con ma moglie e I miei figli; aggiunse anche: • oam– prendo che lei non voglia accettare avori dalla polizia, ma non wole dei soldi non glieli da emo •· Rlapo, si che non teme'lp U giudizio del miei compagni ,all 88 ne andb. Venne· Mortag htiml con lglfo l suicidarmi e Ml lll4)8trb t .filo del ventilatore s rand mi di 1199"n- clarlo alla pa più alta della fine- tra; era sol p~a con atteg- giamento serio; crede> che volesse •demorallzzarm· hl paura della morte. Mi diceva anche • la prima volta era uno scherzo,adeno farai 20 giorni di tortura del 1JQnno e Im– pazzirai; e polch6 çl 8'0l10 del pazzi nella tua farnlg~, 18reapcmeabllltà non sarà attribuita-a noi •· CeìfCIIVO di mostrarml lo lffarente. 'Colftlrlcla– vo a sentirmi co, ml addormen– avo facilmente e sbattevo contro il muro; ml addormentavo anche mentre mangiavo e m1 rovavo a gabinetto e g-li agenti continuavano a scuotermi, mi buttavano acqua in faccia e mi obbligavano a cammina– re. Durante il quarto o quinto giorno l'agente che già la prima volta mi aveva tenuto strette le unghie con– tro il palmo della mano cominciò a interrogarmi sulla mia vita all'este– ro (il mio lavoro a Parigi ecc ...); ri– sposi che non c'ero mai stato, ma egli insisteva. Credo che fosse solo un pretesto per torturarmi alla stes– sa maniera della prima volta; io gri– davo per il dolore e ripetevo che non ero mai stato in Algeria. Sempre con la stessa domanda sull'Algeria; suppongo fosse la prova per saggia– re la mia disponibilità e resistenza, come già era successo la prima vol– ta. Questo trattamento durò per tre ore e mi lasciò le unghie blu, alcune sanguinavano. Torpore e apatia aumentavano con la stanchezza. Al mattino ero abba– stanza lucido e cosciente di quel che accadeva, mi sentivo pronto a resistere (ricordo che inacio Alfon– so mi metteva la crema sul viso per fare sparire i lividi ed io pensavo con soddisfazione che ciò significa– va che volevano rendermi presenta– bile per mandarmi in cella e che la tortura quindi non sarebbe durata a lungo). Ma durante il pomeriggio, e soprattutto alla sera e all'alba, ca– devo in uno stordimento e una apa– tia che aumentavano gradualmente, senza che me ne accorgessi. Duran– te la notte i miei pensieri si trasfor– mavano in un confuso delirio. Forse al sesto giorno (io ero già molto stanco) venne lnacio Alfonso insieme ad un vecchio (suppongo che si trattasse di un ispettore) chiacchierarono vicino a me dell'An– gola, facendo capire che ci erano stati tutti e due. Con aria amiche– vole il vecchio cominciò a raccontar– mi di una • pulizia dello stomaco • che facevano ai guerriglieri angolani per farli parlare: tiravano fuori gli intestini e li lavavano con acqua sa– lata; i guerriglieri confessavano tut– to immediatamente. Una volta mi portarono in un'altra stanza e mi misero di fronte alla porta, ordinandomi di rimanere fer- mo perché • ti facciamo una fotogra fia •: cominciai a fissare la porta e delirare; dal buco della porta v o apparire la canna di una platola ata su di me; aspettavo che ssero, ma poi ml riportaron nelJII stanza precedente; seppi poi i avevano portato In quella farmi riconoscere da P., tempo rimasi convln– o effettivamente pun– ontro di me. Fuv di CO -– zo.M anal do tutto più, Una volta tava, e ml toni e Cèfd chefoaN caricato, a o giorno che I pie– gonfiarsi e a non e; camminai scal– sto ed aspettavo del pasto. Ouan– cibo divoravo e chiedevo di mi lnsul– con spin– al QuaUrru,ew- ttava?) en tro = turno e In mln no a darmi calci I! cominciai a delirar tlcato del h.1090 e agente un elenc che dovevo fa ente mi hle r perché avrebbe parlato lui. Gli ri– sposi che non c'era bisogno che al– tri sapessero fatti clandestini. Aven– do capito che io deliravo, l'agente disse che anche lui era un compa gno e mi chiese il numero di tele– fono; credo che l'altro agente fosse uscito dalla stanza. lo lo guardavo sorpreso perché sapevo che menti– va, anche se non avevo la nozione che fosse un agente della PIDE. Quello cominciò a gridare e a pic– chiarmi, chiedendomi sempre il nu– mero telefonico, ma ciò rafforzava la mia difesa e non gli rispondevo. Infine furono sostituiti da un altro agente, questo era uno dei • buo– ni », e non mi ha mai picchiato mi manteneva soltanto sveglio con ac– qua sulla faccia e colpi sul tavolo, cominciò a scherzare con me per– ché inciampavo mentre camminavo, dato il mio stato, mi lasciò andare a mettere -la testa sotto il rubinetto e passeggiava con me per la stanza, dandomi il braccio. lo mi sentivo molto riconoscente verso di lui· ed avevo cominciato a lamentarmi de– gli altri. Allora mi disse a bassa vo– ce che era un compagno e che I compagni stavano bene e mi chie– devano di mandare un messaggio specificando dove erano le cose principali per nasconderle in un luo-

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