RE NUDO - Anno III - n. 10 - gennaio-febbraio 1972

RE· NUD0/4 mento minimo della pratica sociale della formazione delle Pantere Bianche come movimento di crescita organizzativa. Dunque Re Nudo svegliandosi un mattino ha deciso di fare la lotta di classe, la pratica sociale? No compagni, Re Nudo è sempre stato Interno fino al collo dentro la lotta di classe, ma lo è stato a livello teorico. Parlare di controcultura, non significa fare controcultura, teorlzzzare nuovi modi di fare politica, le strutture alternative, non si– gnifica praticare questi nuovi modi, realizzare le strutture alternative. Abbiamo detto all'Inizio quanto abbiano pesato le circostanze e la situazione storica In cui cl muoviamo, abbiamo anche detto e ripetia– mo che la lentezza con cui cl slamo mossi ·finora se da una parte po– teva essere evitata, è anche vero che cl ha permesso di concretizzare delle Ipotesi reali di lavoro che partono dalla decolonizzazione, rl- prendendo la parola d'ordine di Rudy Dutcke " rivoluzionare I rivo– luzionari ». Questa necessità esprime la situazione In cui cl troviamo ora, è la fase di oggi, è Il momento In cui al di là della pratica nel con– certi a Milano e nella scuola a Torino dove abbiamo già In parte ve– rificato la nostra Ipotesi sul semi-proletariato come componente fon– damentale del movimento rlvoluzlonarlo abbiamo le possibilitàpoliti• che e organizzative per allargare la pratica sociale alla sede centro di attività (mercato rosso, ambulatorio gratuito, spettacoli rock e folk, ecc.) nella scuola, nel carcere, per arrivare ai quartieri. Oggi tutti crediamo fino In fondo che cl si avvicini sempre di più a un mo– mento di scontro frontale con Il sistema e per questo cl dobbiamo fin d'ora porre In grado di saperci difendere In modo organico e a volte difendersi vuol dire anche attaccare. DOCUMENTO DI 22 GRUPPI ANTIMILITARISTI "SE LA PATRIA CHIAMA" SE LA PATRIA CHIAMA ... (Appello per l'obiezione di coscienza di massa) Anche quest'anno, centomila cittadini saranno chiamati, all'inizio di feb– braio, ad entrare nell'esercito. E' ad essi che ci rivolgiamo. Con questi giovani vogliamo parlare della esistenza e della possibilità di altre scelte. Non è infatti vero - come tende a far credere la propaganda che arriva fin nelle scuole e nell'università - che la sola scelta possibile per il cit– tadino sia quella fra i quindici mesi da soldato e la carriera come brillante ufficiale, fra il poter girare il mondo su romantici velieri e « divenire un tecnico», fra un non bene specificato lavoro mal remunerato e quindici interminabili, inutili, frustranti mesi. E neppure - a parte i «dritti» o i « figli di papà » - fra l'ottenere di essere riformati con l'aiuto di compia– centi amici generali e vescovi e la triste realtà della « naja ». Ogni anno, già oggi, 150 giovani scelgono invece di non essere complici di una istituzione autoritaria, diseducativa, rifiutandosi di vestire la divisa militare. Noi sosteniamo che l'esercito non serve e non è mai ·servito per la « dife– sa della patria», ma come strumento di interessi di classe, di un potere che storicamente si esercita attraverso la coercizione ed una intrinseca violenza. Per gli interessi di pochi privilegiati da sempre vengono combat– tute inutili quanto tragiche guerre nazionali. Cosi da sempre la fittizia unità degli sfruttati e degli sfruttatori in armi, per la difesa dei « comuni interessi», per la « patria di tutti» finisce come ogni non facciamoci Inghiottire dal sistema tragica farsa nel sangue degli ignari, degli illusi, col maggiore rafforzamento di chi da sempre comanda, in guerra come in tempo di pace. E sempre più ormai, oggi, in mancanza di terre o di mercati da conquistare, questa «unità» nazionale perde il significato per scoprire quale sia la reale fun– zione degli eserciti: la conservazione o l'imposizione di regimi autoritari e classisti, il sostegno di politiche imperialiste e omicide, il soffocamento di ogni giusta tensione ed aspirazione ad un mondo migliore. La struttura stessa dell'esercito è modello organizzativo e di comporta– mento sociale che l'autoritarismo di regimi diversi ma in questo uguali propone ed impone ovunque: la struttura verticistica, il rapporto fra gli uo– mini su basi rigidamente gerarchiche, l'obbligo e la necessità del « signorsi » al «superiore» come al « padrone» per un quieto e ordinato vivere, l'im– posizione assidua e coercitiva di «valori» violenti, di miti eroici, « maschili» e «virili» quanto sessuorepressivi. L'esercito è insomma una scuola nella quale la maggioranza dei cittadini è costretta ad imparare le rigide norme di una società in cui vige lo sfrutta– mento dell'uomo sull'uomo, dell'uomo sulla donna; in cui non è ammesso il dissenso né l'esercizio di libertà sostanziali; in cui ogni uomo è destinato alla funzione di gregario o di autoritario. Tale struttura viene definita educativa, formativa di « veri uomini », mentre assolve alla funzione contraria, perché rifiuta di considerare ogni uomo come persona matura, capace di assumersi le proprie responsabilità al di fuori della cieca obbedienza, perché insegna a negare l'uomo quando in– segna ad uccidere gli uomini di diverse nazionalità o di idee diverse, per– ché pretende di avere potere sulla· vita dell'uomo. L'esistenza stessa dell'esercito· inoltre è segno di una mancanza di speran– za in un futuro di pace: l'equilibrio delle armi è in realtà premessa di guer– ra, e solo il disarmo può essere una vera alternativa alla politica di potenza, fondata sulla paura. Crediamo sia nostro dovere denunciare questa realtà, comunicare queste nostre convinzioni nell'unico modo che noi riteniamo funzionale alla co– struzione di una società socialista e libertaria: con la disobbedienza civile e nonviolenta. Non riteniamo che alcuni mesi o anni nelle carceri militari siano un co– sto sproporzionato alla richiesta di felicità che vogliamo non solo testimo– niare ma concretamente affermare; né d'altra parte crediamo che la· galera sia, ancor oggi, il posto meno adatto per condurre la nostra lotta. Vogliamo che le carceri non siano, in un prossimo futuro, la destinazione necessaria ed inevitabile per chi vuole combattere queste battaglie di liberazione. Cre– diamo che solo una lotta rigorosa e unitaria può riportare alla vittoria. Vogliamo infatti leggi che vietino di vietare, leggi che consentano scelte più umane e civili. Per ottenere questo diverse centinaia di cittadini devono scegliere con noi questa forma di lotta. Allora, non vi saranno più centinaia di giovani in car– cere ogni anno, e saranno cresciute nel paese migliori prospettive e migliori strumenti di lotta libertaria. Attraverso i ·pochi giornali che sono disposti ad accogliere questo appello, a correre un piccolo rischio, ci rivolgiamo ai futuri militari, a tutti coloro che già sanno, o rischiano di sapere troppo tardi cosa comporta l'esistenza dell'esercito - per comunicare che a febbraio del 1972 già molti cittadini diranno NO. Coloro che vogliono partecipare a questa iniziativa o avere notizie possono rivolgersi alla Segreteria di Collegamento, presso Partito Radicale, Via di Torre Argentina 18, Roma. Siamo ancora pochi. Abbiamo bisogno di altri, molti amici. MOVIMENTO ANTIMILITARISTA INTERNAZIONALE - MAI - COLLETTIVO ANTIMILITARISTA, Loreto; CORPO EUROPEO PER LA PACE, Torino; GRUPPI ANTIMILITARISTI di Vicenza, Pescara, Mestre; GRUPPO NONVIOLENTO, Brescia; GRUPPO DI AZIONE PACIFISTA, Sulmona; GRUPPI NONVIOLENTI BOLOGNESI; GRUPPO DI AZIONE ANTIMILITARISTA, Jesi; MOVIMENTO NONVIOLENTO PER LA PACE; MOVIMENTO CRISTIANO PER LA PACE - MCP -; MOVIMENTO DI LIBERAZIONE DELLA DONNA • MLD -; MOVIMENTO PACIFISTA NONVIOLENTO, Voghera; PARTITO RADICALE. SEGRETERIA DI COLLEGAMENTO GRUPPI ANTIMILITARISTI • C/0 P.R. Via di Torre Argentina 18 - 00186 ROMA - Tel. 651732 - 653371.

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