Giulio Caprin - Trieste e l'Italia

- 7 per conservare la sua gelosa autonomia, si offre in protezione, nel 1382, ad un lontano e oltramontano duca d'Austria. Così, per garantirsi dal vicino pericoloso, altre città italiane si erano appoggiate a un potente straniero : Modena che si era data al re di Boemia, Parma che nel 1328 si era affidata a Lodovico il Bàvaro. Così fino a i~ri un grande Stato, l'Italia, per sospetto della Francia consanguinea, si è affidata, col vincolo di oscure alleanze, all'amicizia rapace della potenza che rappresenta oggi il suo pericolo storico, il Germanesimo. Affidatasi dunque Trieste al duca d'oltre Alpe, Trieste si crede sicura della sua indipendenza comunale. Di fatti accanto ai capitani imperiali continuano ad avvicendarsi i reggitori cittadini : la città continua a parlare il suo linguaggio italiano, a confermare la sua vita civile sul tipo comune a tutta la vita civile d'Italia. I Triestini si vantano « discendenti e imitatori dei Romani » quando i protettori germanici si illudono di poter imporre la propria lingua ai loro tribunali, risponde il Comune ( 1523) : « Essendo latini, ignoriamo la lingua teutonica ,>. Nello statuto del del 1550 la città chiama se stessa cc repubblica », e Domenico Rossetti, sincero narratore, un secolo fa, delle memorie patrie - chiarisce la repubblica triestina « un piccolo stato tributario dell'Austria ». Seguono secoli oscuri in cui la città vivacchia dimenticata, tanto da Venezia che non la teme, quanto dall'Austria che non sa che farsene. Ma quando la vicenda del destino ha già segnato la decadenza commerciale di Venezia, Trieste ne raccoglie l'eredità. Non per sua scelta, nè per quella dei suoi dominatori : è la necessità stessa, la logica fatale della storia che si fissa nei punti segnati dalla natura; è la posizione geografica che prepara a Trieste la fortuna del futuro grande porto adriatico. Non poteva essercene un altro perchè B•blioteca G'ro Bianco

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