Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

ne a giorno nella riflessione filosofica del '900. La pregnanza storica di questa interpretazione riposa su alcuni presupposti genericamente comuni alla estetica moderna, presupposti che sembrano conferire validità euristica ad un modello la cui capacità di rendere ragione dell'arte del nostro secolo è in verità assai ridotta, sino a diventare occasione di una chiusura alla comprensione dell'esistenza individuale dell'opera d'arte del nostro tempo che è purtroppo, questa sì, assai comune nel pensiero estetico contemporaneo1 • Tenterò qui di porre a giorno alcune determinazioni proprie ad un «pensiero del paesaggio» che muova in primo luogo dall'esposizione all'arte di paesaggio del nostro secolo, con particolare attenzione al passato più recente. La prossimità temporale di tali opere esige in un certo modo un percorso negativo, in cui i concetti tradizionali vengono sottoposti ad una critica preliminare. Soltanto facendo emergere la problematicità dei presupposti che sottendono queste interpretazioni filosofiche del paesaggio è possibile guadagnare il luogo per comprendere la domanda che prende forma nelle opere d'arte. Il primo di questi presupposti è racchiuso nell'opposizione tra aesthesis e praxis, tra passività della ricezione sensibile e attività libera dell'io. Il secondo è il carattere contemplativo, ed in questo senso eminentemente visivo, dell'esperienza di paesaggio. Da ciò consegue cpe il paesaggio, oggetto di contemplazione estetica, è inteso innanzitutto come un'immagine, una rappresentazione in cui le tre dimensioni dello spazio vengono riprodotte sul piano. Quest'ultima condizione, apparentemente ovvia e del tutto riconosciuta, fa sì che il paesaggio nell'arte possa venire inteso come una raffigurazione del paesaggio naturale, in modo tale che l'esperienza estetica della natura rimanga il modello preliminare alla configurazione dell'opera d'arte. 82

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