Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

rovistando nella valigia del fratello, il narratore scopre una copia di Al di là del principio di piacere: si salda così, nella pulsione di morte, il rapporto tra storia e turismo. Oates sembra dunque avere voluto riformulare il gioco del Da/Fort, gioco di perdita e di riconquista, su un terreno politico dove la morte simbolica si letteralizza. La lezione è chiara: nella condizione disturbata del fratello, la vita e la politica sono diventate entrambe così banali da perdere ogni valore. Il narratore non può fare altro, per sfuggire a questo abisso dialettico, che resistere all'immagine del mondo offerta dai inedia, e dunque giungere alla conclusione che ripetere il gesto del fratello non avrebbe senso: «Se immaginano (poiché certamente stanno osservando) che io ripeterò la sua azione(...) si sbaglia� no. La storia non può imitare se stessa senza la partecipazione umana»24 . La condanna della storia si articola qui come condanna dell'energia; si tratta forse della condanna di quell'energia linguistica implicita nel gioco del Da /Fort, il gioco mortale che i media mettono in scena quando riproducono immagini. Il lutto personale rischia di dovere affrontare una seconda morte poiché i mezzi di comunicazione sono sempre pronti ad appropriarsi dell'evento. Indipendentemente dalla velocità con cui il pericolo si può materializzare, la partecipazione umana corre costantemente il rischio di venire interpretata. Il segnale di allarme di Oates, forse ovvio, mantiene comunque una grande forza: la banalità grottesca dell'immanenza informatica trasforma ogni tragedia in un'ermeneutica grossolana. Roberto Cagliero 77

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