Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

sentazione di un paesaggio al quale la poesia rimanda unicamente con i suoi mezzi, bensì come presentazione di un paesaggio; non è mimesi di un paesaggio reale (malgrado la precisione del contesto referenziale dell'isola di Kos), bensì invenzione di un paesaggio. Riepilogando diremo che in entrambi gli Idilli il paesaggio poetico non è il semplice risultato di una precedente esperienza, ma piuttosto il luogo stesso di quest'esperienza del paesaggio. Così come il soggetto poetico lascia sempre dietro di sé quello empirico, anche il «vero» paesaggio resta ben indietro rispetto a quello che qui traspare. Il paesaggio poetico viene costituito a regola d'arte nel testo, può essere visualizzato, dà un'impressione di naturalezza, sembra vero, perché riflesso, perché risultato di un incorniciamento. È la struttura estetica interna di questo paesaggio poetico che lo rende propriamente paesaggio e non un riferimento o una causalità. Il luogo di ogni esperienza del paesaggio è nel soggetto, di conseguenza questo paesaggio poetico in fondo non è altro che la cristallizzazione della soggettività; è l'espressione manifesta, «lirica», della costituzione del soggetto. Passiamo ora da Teocrito ad un autore dei tempi nostri: André du Bouchet, il più impoitante poeta francese vivente. Quale può mai essere il legame tra la Bucolica e la lirica di un poeta che scrive dopo Auschwitz, un poeta della spaccatura, della lacerazione, della negazione, della parola minacciata alle soglie del silenzio? È il paesaggio poetico l'anello di congiunzione fra Teocrito e du Bouchet, il testimone della forza d'espressione e di costituzione della poesia stessa. In Teocrito, come abbiamo visto, il paesaggio poetico guadagna spessore in quanto si offre al soggetto come cassa di risonanza presentandosi nella poesia quale apparizione musicale. Nel paesaggio di du Bouchet l'io lirico è 197

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