Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Il paesaggio poetico di per sé concerne qualcosa di visuale o di paravisuale nella poesia, qualcosa che - come l'immagine poetica - diventa visibile nel poema o lo attraversa. Parlare di paesaggio poetico significa fidarsi della capacità che possiede il mezzo verbale della poesia di rappresentare, suggerire od evocare immagini e soprattutto quel qualcosa di più complesso che è il paesaggio. Parlare di paesaggio poetico significa inoltre interrogare la funzione referenziale della poesia. Si può interpretare il paesaggio poetico come un'entità semplicemente accennata all'interno del testo; visto così, il paesaggio non sarebbe quello della poesia in senso stretto, bensì qualcosa ad essa esterno. Come può una costruzione verbale lasciar trasparire o anche soltanto evocare dei paesaggi? Son forse le parole stesse, i segni deittici che prendono in questo senso funzione indicativa? È l'immagine poetica che rende tutto possibile? Il paesaggio poetico nasce con gli Idilli di Teocrito, il padre della poesia pastorale. Già nel suo primo Idillio ci troviamo di fronte ad uno scenario che, di prim'acchito, pare tutto naturale. È il pastore Tirsi che, rispondendo ad un anonimo capraro con la canzone della Passione di Dafnis (il fondatore mitico della poesia bucolica), ci introduce nel mondo idillico. TIRSI Dolce sussurro, pastore, là, presso le fonti, quel pino canta, e non meno soave codesta zampogna tua dolce. [...] CAPRARO O pecoraro, più dolce, il tuo canto de l'acqua canora che, giù da l'alto dirupo, diroccia pel monte cantando! Il luogo, determinato da fonti, da un pino, dall'acqua e da una roccia, è dunque un paesaggio di elementare sem193

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