Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Postscriptum Stamane, un amico poeta mi dice che sta leggendo per intero il Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994). E si sfoga: ma cosa sono questi«tremolanti palpiti», i«fiumi sempiterni» e la«martoriata vulva della sua innocenza»? Non senti il tono oracolare, non vedi che questo bravo poeta è il maestro di tutti i poetini italiani? Questa è poesiapoesia, il poetico alla massima potenza. Rispondo che non è il Viaggio che deve leggere ma Frasi e incisi. Lui l'ha già letto 3 volte. E aggiunge: siamo nel pastrocchio cattolico italiano. Anche quando ci mette il dubbio, si sente che non è un nucleo duro, come il dubbio in Rebora, per esempio, che è un tormento, ma che in lui è un alibi, un compiacimento. Se ne sta nella nicchia poetica, con la sua idea del mondo, la sua teoria. Neanche la lingua è moderna. Non l'ha neppure toccata; non l'ha contaminata con la prosa, come hanno fatto, con tanta attenzione al piccolo, al biografico, all'occasionale, Pasolini e Bertolucci. E poi; perché Simone Martini? Per servirsene come di un manichino, per non dire«io» in proprio. È vero; i/Viaggio, forse, guarda indietro, verso gli anni 70. Ma apro Frasi e incisi (anche il Battesimo) e ritrovo quella lingua, quel movimento che abbaglia e acceca, che dice e ritorna sul detto spostandolo, cancellandolo, facendolo fremere da dentro. Sì, tutto è un grande pretesto (una tautologia) ma così ammirevole quando riesce che nonmi sembra imitabile, né credo si possa fare qualcosa del genere senza che ci si veda scritto in grande il nome dell'autore. Proprio come avviene per Zanzotto. Chi li può seguire sulle loro strade, che si cancellano dietro i passi? Fuori dall'affilato crinale, dalla straordinaria tensione, subito ci si trova in una via dubbia che porta da Luzi al poetismo«alto» così corrente, al vano, 171

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