Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

corpo sintomi di morbo, in ogni vita sequestri di morte, quasi non toccasse a te, ti scuoti di testa con abituata inavvertenza le denunzie d'Incenerita. Se le ceneri liturgiche, dunque, consustanziano, per così dire, la doppia temporalità che in ogni terra scopre «fosse di sepolcro» («su le tombe si vive»), e il «loto» a base di «troni» e «templi», nella stessa tessitura formale del sonetto in esame si ritrovano in opera figure foniche (allitterazioni, consonanze, quasi-rime, assonanze, anagrammi addirittura) utilizzate per veicolare una sorta di contemporaneità subliminale dei termini in questione. Così, la mortALIT à comprende già immediatamente l'AL/To che la fa perire, e lo stesso ALITO di fATO del secondo verso si replica nel sesto (precipizio ALATO), mentre il FATO si riverbera proprio nel FASTO (v. 3) che distrugge con un AliTO, nello stesso modo in cui PreciPizio ALato si comporta con ALPI al v. 7. E ancora, l'uRTAR del v. 6 è compreso nei bARATRi del verso precedente, così come si specchiano al v. 10 COVA e VACUO, quasi a consustanziare «ogni terra» con il vuoto che vi si nasconde. Nell'armonizzazione fonica dell'intero sonetto, dunque, si contrappone alla presunta staticità della materia inerte da un lato il perseguito «tema del soffio» (Fato: Fasto: Fiato; e la rima etimologica Fondi: proFondi), con il sodale «tema del sibilo» del primo terzetto (Spirti: inviSibil: aSSedia: Sempre: Subitanee), dall'altro il rimartellamento, fonico e concettuale, dell'immagine figurale dell'«ala», come sigillo sineddotico sotteso della fugacità (mortALità: AL/to: ALATO: ALpi). Data una simile perseguita sonorizzazione, non potrà dunque stupire l'escalation formale cui è sottoposto l'ultimo terzetto, basato interamente su un congegno fonico [dentale+ vibrante], anticipato di già dalla geminatio accusativa del v. 8 (sTRUggere TUTTO il TUTTO) e, naturalmente, dalla parola in rima a chiusa del v. 11 (TERRA): 16

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