Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

Paradigmi dell'etnografia antica Per i Greci, com'è noto, «barbaro» era colui che non parlava il greco, per onomatopea: l'aggettivo BagBag6qJmvoç, «che parla in modo inintelligibile», è omerico (Iliade Il, 867), ed è riferito ad una popolazione dell'Asia minore, i Cari (per quale ragione solo a questa popolazione, se lo chiedeva già Strabone, alla fine del I sec. a.C.). Nell'etimologia, e nelle connotazioni che essa suggerisce, è stato talora visto l'archetipo dell'etnocentrismo, e della storia plurimillenaria dell'intolleranza e del razzismo. Il quadro offertoci dalla cultura greca appare, in realtà, assai più complesso e variegato di quanto non suggerisca l'opposizione che i Greci continuarono a porre fra se stessi ed i barbari; già l'impatto con le g\lerre Persiane, nel V sec. a.C., determinò una riflessione, ed uno sforzo di comprensione delle ragioni degli avversari, che consentì ad Eschilo di portare in scena ad Atene, nel 472 a.C., una tragedia (i Persiani) ambientata nella corte nemica. Il problema, nel nostro secolo, ha suscitato un ricorrente interesse, a partire da sollecitazioni diverse: se Juthner, come avvertiva il sottotitolo del suo saggio, poneva il problema in termini di «storia della coscienza nazionale»1, altri studiosi, nel dopoguerra, si sono interrogati sul74

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