Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

ci piace meno proprio quando si volge, così tardivamente, verso il bene. Il cambiamento è convincente, ma a causa sua Edmund cessa di essere Edmund. Amleto muore in un'apoteosi, lago rimarrà ostinatamente lago sino alla morte. Chi sia Edmund al momento della morte non lo sappiamo; e neanch'egli lo sa. 4. In nessun'altra tragedia Shakespeare si spinge a un pathos finale altrettanto terribile quanto nel Lear. La entrata in scena di Lear che tiene tra le braccia la morta Cordelia è uno spettacolo difficile da sopportare; il Dottor Johnson diceva di non poterlo tollerare. Sul Fool, non ci viene detto nulla di preciso: svanisce nel dramma, quasi l'autore si f o sse dimenticato di lui. La radicale trasf ormazione di Edmund non ha alcuna conseguenza pratica; il cambiamento dei suoi ordini è troppo tardivo e la sua morte non colpisce nessuno. Per Edgar, Albany, Kent, la morte di Lear è pressoché un'apocalisse, e lo è in fondo anche per noi. La morte di Amleto ha in sé degli elementi di liberazione trascendente, mentre quella di Lear non offre alcun sollievo, né metafisico, né estetico. I tre personaggi che sopravvivono-Albany, Kent, Edgar-rimangono sul palcoscenico come degli orfani che piangono un padre-dio definitivamente perduto. In modo sorprendente ma persuasivo, Albany tenta di affidare il governo a Kent e Edgar, ma Kent fa capire che si aspetta di raggiungere molto presto Lear nella morte, mentre Edgar pone termine al dramma con un distico lamentoso che allude a un universale declino: I più vecchi hanno sopportato di più: noi che siamo giovani non vedremo tanto né tanto a lungo vivremo16 • È come se la morte del padre-re-dio abbia soppresso l'unica allegoria che non partecipa né dell'origine, né della fine. William R. Elton, in maniera convincente, vede il 47

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