Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

arriva, se si vuole, con un enorme anticipo: ma intanto la sequenza citata, scavalcando i tempi della fabula e i tempi di Svevo-Scrittore, allaccia in sogno angoscia eros vecchiaia. Vi si prefigura il godimento di Zeno«vegliardo», diventato autoirriverenza, riso, alunnato ironico (si tratti di Felicita o della signorina dal«busto a forma d'anfora» intravista sul tram, con inevitabile rinvio alla tramviera della«Novella del buon vecchio e della bella fanciulla»)­ e finalmente«brontolio sulla carta» (la voce grammofoni- ') ca. , scrivere. I reperti che questa nota è riuscita a raccogliere (almeno spero) formano una serie di cerchi annodati fra loro in maniera che il taglio di uno solo scioglierebbe tutti gli altri. Sono, per enumerarne alcuni: il cerchio della voce, quello della maschera, della disomogeneità, del posto, dell'intreccio vita / memoria I scritto; e parlo di cerchi perché ogni nucleo produce irradiazioni attraverso tutto il materiale di testi chiamato a contributo. Alla fine, la lettura di questo Svevo promuove la questione dell'etica; per sfruttare una formula applicata in tutt'altro campo: l'etica della legge del desiderio. Ma qual è secundum Zeno, tale desiderio? Non cedere sulla vecchiaia, scriverla (non: scriverne), ossia renderla causa di scrittura come si direbbe causa di verità. Questa etica, che Svevo situa in maniera originale fra i due termini - altrimenti di pura retorica - amore e morte, ha la sua figurazione più felice, mi pare, nella pagina che conclude«Il mio ozio», e il sigillo nel doppio impiego che vi si fa dell'aggettivo«vecchio». Si tratta dell'appena citato episodio della ragazzina a forma d'anfora vista sul tram. 170 Ed io molto ammirai quel busto e pensai per truffare meglio ma.dre natura che mi sorvegliava: «Certo, io non debbo ancora morire perché se questa bambina volesse io sarei tuttavia disposto di procreare».

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