Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

Zeno, la carriera di vegliardo Fino dalle prime battute dell'Edipo a Colono, Edipo si rappresenta come "vecchio": ,:favov ,:ucpÀ.ou yÉQovi:oç figlia di un vecchio cieco chiama Antigone - e il peso cade sul sostantivo «vecchio», yÉQWV non tanto per definire una condizione biologica quanto il legame con un destino inscritto nella tragedia stessa. La vecchiaia si connette qui alla morte in senso particolare: il dono che potrà offrire alla città, come anticipa nel discorso a Teseo, si rivelerà «quando sarò morto e tu mi avrai seppellito...». Zeno Cosini, lo Zeno di dopo la Coscienza, dei frammenti e abbozzi che avrebbero dovuto integrarsi in un altro romanzo «di continuazione»(«Un contratto», «Le confessioni del vegliardo», «Umbertino», «Il mio ozio», «Il vecchione»), s'installa subito, a tutte lettere, nella figura di «vegliardo»: «Già, io sono un vegliardo: è la prima volta che lo dico ed è la prima conquista che devo al mio nuovo raccoglimento...»; «È una storia di tre anni fa e contavo dunque 67 anni: non ero ancora un vegliardo...»; status, del resto, cui si accede per addestramento, come mostra la breve relazione con la giovane tabaccaia del «Mio ozio»: «Alla carriera del vegliardo cui sono ora condannato, io fui educato da Felicita...»; fino alla nota del gennaio 157

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