tena acquista un senso. Si tratta, insomma, d'una metafora. E la metafora - della quale Giovanni fa solo un uso quantitativamente più elevato degli altri narratori della vita di Gesù-è una delle soluzioni stilistiche più comuni agli scrittori evangelici (FEA 8). Dall'analisi che abbiamo condotto limitatamente alla prima versione emerge che l'uso sozziniano dell'apparecchiatura metonimica per dare una spiegazione materialistica del termine verbum usato da Giovanni è tecnicamente sicuro: lo scrittore effettua un ricorso del tutto normale alla figura della metafrasi semantica essendovi contiguità tra il termine letterale e il termine traslato. Nella catena dei tropi esibiti si ha infatti: la causa per l'effetto e l'effetto per la causa; la materia per l'oggetto e il contenente per il contenuto; l'astratto per il concreto e il concreto per l'astratto; il mezzo al posto della persona e l'autore al posto dell'opera. Aggiungiamo ora che, nella seconda versione, il Sozzini si avvale anche della strumentazione metaforica. Anzi. Dobbiamo dire che, rispetto alla stesura del 1562-63, la revisione del 1568 segnala un salto evidente. Tra l'una e l'altra forma ci sono infatti degli studi più approfonditi sopra la Poetica e la Retorica d'Aristotele: «Subestque hic metaphora simul et metonymia». La prima cosa che dobbiamo segnalare è la seguente: la figura inizialmente chiamata metonimia viene compresa nel nome di metafora; il termine metonimia diventa equivalente di antonomasia (Km'ètoxriv). Riprendiamo l'osservazione che, nel sostituire il nome di Gesù con quello di Parola, subest in campo la metafora insieme con la metonimia. La metafora consiste in questo: come l'uomo fa conoscere le proprie intenzioni agli altri attraverso la parola, così iddio manifesta la sua volontà agli uomini per mezzo della parola di Cristo: il prolocutor di Lelio. È Gesù infatti che ha parlato al mondo a nome del padre e ha reso definitivamente noto agli uomini quello eh'era stato stabilito 53
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