Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

cui poteva essere considerata suscettibile la prima considerata nella sua globalità. Il punto delicato che questa seconda tradizione era chiamata a definire riguardava il modo in cui nell'opera umana del Redentore si inseriva un elemento decisamente sovrannaturale. Il Cristo in quanto uomo possiede un'anima che non può trascendere tutti i limiti dell'anima e della conoscenza umane, d'altro lato è giocoforza annettere ad essa una serie di prerogative che le appartengono dall'inizio in quanto in Lui la natura umana si unisce al Verbo. È il problema spinoso e delicato della communicatio idiomatum, dei limiti entro cui può essere legittimo attribuire alla natura umana del Cristo le prerogative di quella divina e viceversa, un problema che si era acuito ed era divenuto drammatico proprio con l'affermarsi della Riforma ed il diffondersi di quelle controversie eucaristiche che indicavano per il Bruno il vero significato della Riforma stessa, e che sembrano porsi all'origine stessa della sua interpretazione del copernicanesimo. In questa sede tuttavia l'interrogativo che ci interessa è un altro e più delimitato, la domanda cioè se tale discussione teologica abbia potuto fornire indirettamente qualche suggerimento alla considerazione del Cristo come semplice uomo e quindi se abbia contribuito a ritenere possibile che altri uomini insieme a lui potessero godere di prerogative nello stesso tempo naturali ed eccezionali, ad esempio quella già ricordata per Cardano di operare miracoli. Ritengo utile chiedere lumi in proposito ad un altro autore, anch'egli celeberrimo, e precisamente al Suarez della Theologia, ricordando che nei Contradicentium medicorum libri Cardano attribuiva tale facoltà all'uomo perfetto e che il Bruno non aveva esitato a dichiarare che, solo se l'avesse voluto, non gli sarebbero mancate le forze per compieremiracoli uguali se non superiori a quelli del Cristo6. Ora, il Suarez, nel T. XIV, Disput. XXXI della sua 26

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