Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

una conferenza sul simbolismo mitologico: si tenga presente il compiacimento di Jung nel rilevare che nello studio su Leonardo il «passaggio alla mitologia emerge... per necessità interna», rendendolo «il primo tuo saggio col cui sviluppo interno mi sento perfettamente d'accordo fin dall'inizio». Non è difficile a posteriori rinvenire in queste affermazioni le questioni che avrebbero presto diviso Freud e Jung, tanto che la lettera successiva di Freud a Jung riporta una critica minuziosa del saggio menzionato nella lettera del 19 giugno, nella quale le osservazioni si fanno più critiche nei confronti del trattamento junghiano della sessualità e dell'accettazione del contenuto dei miti in base al loro aspetto esteriore. Pertanto, nel 1919, con la rifondazione da parte di Pfister della Società Psicoanalitica Elvetica, quando Freud incluse nello studio su Leonardo la scoperta di Pfister, egli deve aver pensato anche all'avvoltoio di Jung che non era però tanto «nitido e fuor di dubbio» quanto quello di Pfister; e anche questo deve aver contribuito alle riserve espresse da Freud, che potremmo leggere così: Pfister mi è stato costantemente fedele e ha visto l'avvoltoio come me, mentre il fatto che Jung ne abbia localizzato il becco nella regione pubica mostra la sua ostilità nei confronti delle mie teorie sessuali. È curioso che, persino quando eravamo apparentemente in buoni rapporti, Jung dovesse vedere un avvoltoio diverso da quello visto dal fedele Pfister. Avevo davvero ragione a metterne in discussione l'attendibilità. Ma c'è dell'altro. La mia interpretazione dell'avvoltoio ha rivelato che Freud non poteva rinunciarvi perché esso illustrava troppo adeguatamente tutte le sue ipotesi di allora sul fallo materno, sul feticismo, e sull'uso del linguaggio arcaico e pittografico nella formazione onirica e fantastica. S'è visto che il fallo materno può essere «visto» solo nel modo in cui sono visti i sogni: è una tradu142

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