Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

ha in comune con il contenuto onirico manifesto una noncuranza per la contraddizione: in entrambi la medesima parola esprime spesso idee opposte. Freud afferma che a detta di Abel, «è nelle "radici più antiche" che si osserva il fenomeno del duplice significato antitetico» (OSF, VI, 188). Come vanno tradotte queste parole? Freud cita Abel: «"Quando la parola egizia 'ken' deve significare 'forte', dopo il suo suono scritto alfabeticamente sta l'immagine di un Liomo eretto, armato; quando la stessa parola deve esprimere 'debole', alle lettere che rappresentano il suono segue l'immagine di una persona accovacciata, indolente. In modo analogo, la maggior parte delle parole ambigue è accompagnata da immagini esplicative"» (OSF, VI, 188; corsivo mio). L'«Egitto» rappresenta dunque per Freud il periodo dell'evoluzione umana che si ritrova nello sviluppo del singolo allorché il bambino crea il tipo di fantasie pittoriche indelebili che potranno riemergere per esempio nel contenuto onirico manifesto o nel feticismo; in modo analogo i Padri della Chiesa hanno riscritto la storia usando resti di un passato egizio. Ecco la conclusione dell'articolo di Freud su Abel: Nella concordanza tra la singolarità del lavoro onirico rilevata all'inizio e la prassi adottata dalle lingue più antiche scoperta dal glottologo, ci è consentito di vedere una conferma alla nostra concezione del carattere regressivo, arcaico dell'espressione del pensiero nel sogno. E a noi psichiatri s'impone, come congettura irrecusabile, il fatto che la nostra comprensione e traduzione [iibersetzen] del linguaggio onirico sarebbe migliore se fossimo più informati sull'evoluzione della lingua (OSF, VI, 191; corsivo mio). L'avvoltoio non può svolgere allora, e in effetti non svolge, la funzione assegnatagli minuziosamente da Freud nel suo studio su Leonardo. Il rinvio alla regola fondamentale della psicoanalisi che precede la sequenza 135

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