Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

lo zar, il movimento di massa, concepito secondo un piano rigorosamente definito, fu decapitatodalla volontàdella storia, e nemmeno uno degli attori di quel gran giorno seguì le indicazioni del regista-nessuno arrivò alla piazza a ferro di cavallo, immensa come un lago, con l'Angelocolonnina nel mezzo. Quante volte si è infranta la processione degli operai pietroburghesi giunti all'ultima fatale barriera, quante volte si è ripetuto il mistero del nove gennaio? Dilagò contemporaneamente in tutti gli angoli della grande città-oltre la BarrieraMoskovskaja e la Narvskaja, a Ochta, sull'isola di Vasil'evskij, a Vyborgskij... Invece di un unico grandioso teatro se ne ebbero diversi piccoli ugualmente importanti. E ciascuno di questi riuscì, individualmente, nel proprio compito: la decapitazione della fede nello zar, l'apoteosi dello zaricidio, scritta col sangue sulla neve. Ogni berretto da bambino, ogni guantino o fazzoletto da donna miseramente abbandonato quel giorno sulle nevi di Pietroburgo era lì come promemoria del fatto che lo zar doveva morire, che lo zar sarebbe morto. Forse in tutti gli annali della rivoluzione russa non c'è stato un altro giorno così carico di contenuto come il nove gennaio. La consapevolezza dell'importanza di questo giorno pesava nelle menti dei contemporanei più del suo significato manifesto, incombeva su di loro come qualcosa di terribile, di opprimente, di inspiegabile. La lezione del nove gennaio - lo zaricidio- è la lezione autentica di una tragedia: è impossibile vivere se non sarà ucciso lo zar. Il nove gennaio è una tragedia con il solo coro, senza eroe, senza pastore. Gapon se la squagliò: non appena ebbe inizio l'azione era sparito, non c'era più. Quantimorti, quanti feriti -e neancheun uomo noto (solo il professor Tarl fu ferito alla testa da una sciabola - l'unica persona conosciuta). Un coro, dimenticato sulla scena, abbandonato, lasciato a se stesso. Chi conosce le leg79

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