Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

di senso pratico. C'è il cinico e quello pieno di buon umore, chi prega e chi suona l'armonica. Per tutti loro, la guerra è un intervallo, poi potranno tornare alla vita di pace. I combat film si fermano alle soglie del rientro in patria dei sopravvissuti. Spesso si chiudono con una stessa sequenza, nota come «roll call of living and dead». La sequenza presenta uno dopo l'altro gli uomini del plotone, ricapitolando per lo spettatore i vivi e i morti. Quel che accade ai vivi, una volta tornati a casa, lo sappiamo da altri film, quando la fine del conflitto trasforma i sopravvissuti in reduci. Sfruttando l'abilità dei suoi sceneggiatori e dei suoi registi, il cinema si incarica ancora una volta di mettere ordine in una situazione drammatica. Nei film sui reduci, da The Best Years of Our Lives a The Men, ritroviamouna forma di anticipazione rassicurante quanto quella dei combat film. L'anticipazione riprende il discorso esattamente dal «roll call of living and dead»: la sequenza che segnala la sopravvivenza dei più adatti, di chi ha saputo imparare le nuove regole imposte dal tempo di guerra. A partire da qui i film sui reduci ripetono continuamente una frase: «la guerra è finita. Ora è tempo di dimenticare». Le regole imparate, assieme a tutto quello che è successo al fronte - dalla convivenza senza traumi di gruppi etnici diversi nello stesso plotone, ai propri compagni morti - devono essere altrettanto rapidamente dimenticate. In caso contrario i più adatti alla guerra risulteranno i meno adatti alla pace. La guerra è un intervallo, spiegano questi film: se i reduci non riescono a isolare dentro una parentesi quello che hanno vissuto durante i combattimenti, allora per loro non ci saranno che sofferenze. Combat film, e film sui reduci sono prodotti etichettati. Chi sceglie - oggi come allora - di andarli a vedere sa di trovarci granate, carri armati, trincee, mutilati e pa46

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