Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

Diciamo pure il tempo, il puro e semplice tempo, l'aria: Un'astrazione nutrita di sangue, come dal pensiero l'uomo4 • In questo «seeing and unseeing in the eye», qualcosa che oscilla tra visibile e invisibile alla fine è visibile: il tempo atmosferico è dipinto, Franz Hals5 ne ha steso pennellate veloci di vento e di nuvole. E l'aria, anche negli interni, nei suoi interni, è visibile: «abstraction blooded», principio antitetico, nutrito di sangue. Nella sua attenzione all'aria e all'atmosfera, Stevens non è solo: molta grande poesia del novecento fa esperienza dell'improvvisa visibilità dell'aria. È qualcosa che Emily Dickinson anticipa con quell' «internal difference» «Sent us of the Air»6 • Nelle sue lettere, Rilke parla di impressioni di natura che bucano (au lieu de me pénétrer, les impressions me percent)7; Pessoa sente insieme al brusco frastuono della pioggia, nell'universo schiarito, un freddo che gli arriva nel corpo e gli sale dalle ossa8 • Il giovane Thomas scopre, nelle sue lettere, le prime falle sulla superficie del visibile: «un'avventura breve in solitudine». Vuole «lacerare qualcosa» e mostrare ciò che nessuno ha mai visto. E scrive da Laugharne, il suo paese marino del Galles: Sto scrivendo questo alla finestra. Fuori nel gelo vedo la struttura del cielo. Sì, la struttura del cielo, il vasto e grigio ergersi dal margine del qui al margine del nessuno luogo9 • Come in una sorta di laboratorio poetico, Thomas osserva il mondo alla finestra, e, da «qui» al «nessun luogo», vede ogni cosa sospendersi intorno a una vela illuminata e la nebbia che passa e gli oggetti che navigano in quei colori e i pensieri che vi si raggomitolano: 70

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