Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

latenza che anticipa l'impatto frontale che si sta per ripresentare nell'adolescenza: il confronto del soggetto con la sessualità paterna. Ed ecco che riappare il muro, come all'inizio. Ora lo vediamo di faccia, con la bocca spalancata: ha un occhio coperto da una benda nera. Fotogramma da Film di Samuel Beckett, 1965. È dunque la storia di un occhio che non vede, di due prospettive diverse, del fatto che l'immagine rappresentata non è ciò che l'occhio vede, ma ciò che passa attraverso qualcosa di complesso, come un operatore e una macchina. La storia di un trauma, forse l'effetto di un'esplosione, di qualcuno che sopravvive, al trauma (il polso provato al momento del catenaccio chiuso) e alla sua rappresentazione (il polso provato dopo che è stata strappata la fotografia dell'uomo in divisa con la benda nera su un occhio). Di come il vivente, il cane e il gatto, è incontenibile, e la natura fa parte di tutto questo. L'opera, scrive Klee nei suoi scritti teorici sulla figurazione, diviene "pietra su pietra". Ma questo muro di pietra, questo muro di Beckett, non può essere colto dall'occhio, non da quello che vede, forse dall'altro di Klee, quello che sente "sss", né essere costruito dalla mano, se non forse da quella che ascolta la pulsazione del vivente, non la ma59

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==