Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

va visibilmente agli occhi di tutti, tranne che per lui [...] Il pittore [...] lavorava notte e giorno per dipingere colei che amava tanto [...] Non voleva vedere che i colori che spargeva sulla tela venivano tratti dalle guance di colei che era seduta accanto a lui". A ritratto quasi finito, il marito "fu colto da sgomento; e gridando con voce squillante: 'In verità, è la Vita stessa!' si voltò bruscamente a guardare la sua amata: - Ella era morta! "6 • Questo non è quindi il diario di una mostra. L'invito che mi era stato fatto non mi aveva solo onorato. Mi aveva intimidito, addirittura inquietato gravemente. È ancora così, forse al di là del ragionevole. All'angoscia, naturalmente, si mescolava un oscuro giubilo. È forse perché la mia esperienza del disegno fu sempre quella di un'infermità, e peggio, di un'infermità colpevole, oserei dire di un oscuro castigo? Doppia infermità: ancora oggi penso che non saprei mai né disegnare né guardare un disegno. In verità mi sento incapace di seguire con la mano la prescrizione di un modello: come se, nel momento di disegnare, non vedessi più la cosa. Quest'ultima evade subito, sparisce ai miei occhi, non ne resta quasi nulla, sparisce sotto i miei occhi che percepiscono solo, in verità, l'arroganza beffarda di quell'apparizione che scompare. Per quanto resta davanti a me, la cosa mi sfida allora producendo, come per emanazione, un'invisibilità che essa riserva per me, una notte di cui sarei in qualche modo l'eletto. Mi acceca facendomi assistere allo spettacolo penoso. Esponendomi, mi prende a parte ma anche a testimone. Da qui una specie di passione del disegno, una passione negativa e impotente, la gelosia di un disegno in sospeso. E lo vedo senza vedere. Il bambino in me si dice: come pretendono di guardare contemporaneamente un modello e i tratti che dalla loro mano si dedicano gelosamente alla cosa stessa? Non bisogna esser ciechi all'uno o al24

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