Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

coli'aiuto dei romanzi di Svevo, che riattizzano l'originario contingentismo al di là del «mondo di struttura più semplice, più monodica, di fondo insomma sostanzialmente idealistico» del maestro20 • È in questo snodo che diventa rilevante il sodalizio con Salmi, per l'affinità della comune matrice gobettiana, per il condiviso «sentimento bergsoniano», per la ricerca del background psico-fisiologico dell'arte e infine per il progetto di una nuova classicità da conseguirsi ripercorrendo senza pregiudizi l'esperienza culturale europea. La straordinaria sintonia degli scritti di entrambi forse risale a Cecchi, ma si arricchisce di armoniche sostanzialmente diverse, che attutiscono il culto formalistico dell' arse l'inerte tormento di poesia e non poesia con il viatico di altri fondamenti filosofici e di modelli critici non indigeni21 . Ma veniamo a Montale, la cui «rubrichetta francese» tenuta per l'anno 1927 sul «Convegno» si divide in due zone d'interesse: opere creative e critiche, scelte le une e le altre in alternativa al gusto medio delle riviste (cfr. in Appendice le lettere, V, VI e relative note). Nel settore creativo certe opzioni sembrano dettate da affinità con la celebre definizione (che è anche autocommento) de La coscienza di Zeno: un libro che rende «l'epica della grigia causalità della nostra vita di tutti i giorni, rotta dal balenare improvviso di una contingenza non meno cieca e misteriosa»22 • Sono romanzi che mettono a frutto il materiale d'osservazioni e scoperte della psicoanalisi e con «tetra lucidità» inscenano «una disposizione che chiameremo "critica" nei confronti della vita considerata nella sua integrità». Nel pacchetto di romanzi recensiti sul primo numero spicca Armand di Emmanuel Bave, scrittore amato da Beckett ma tradotto in Italia solo nel 198923 • Il protagonista è il tipico inetto novecentesco, che si appresta al fallimento esistenziale senza difendersi, registrando la vita - commenta Montale - come «vortice tetro e fastoso sul quale nulla può la nostra volontà». I deliri 190

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