Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

pio il disagio di fronte alle zuffe ideologiche e all'irrazionalismo, risolto provvisoriamente nel 1925 nel nome di «quel maestro di chiarezza che è il Croce», ma ivi stesso corretto dal rifiuto di farsi, come lui, «giustiziere» del proprio tempo per esprit de système e dalla simpatia per le zone più indenni dalla religione delle lettere, prossime al «dilettantismo superiore» di altre civiltà europee: Più di costoro che dello stile tradizionale non serbano che le apparenze [...] ci sembrano nella tradizione coloro che riflettendo nell'opera propria i caratteri del nostro tempo complesso e difficile, tendono a un dilettantismo superiore, saturo d'esperienze umane ed artistiche19 . In tale ricerca ha giocato un ruolo decisivo Emilio Cecchi, crociano non osservante, attento ai fattori tecnici e competente nelle letterature inglese e francese. Come ha mostrato Lonardi, molte parole-chiave rimbalzano dagli scritti cecchiani ai primi di Montale, critica in atto con impulsi tensionali di tipo filosofico e etico, che matureranno autonomamente quando il più giovane si sarà emancipato dalla concezione un po' rondesca del maestro. Queste parole-tema sono: il dilettantismo nell'accezione vista sopra; lo stoicismo, che dall'ethos cecchiano si accentua nelle pagine montaliane su Svevo; l'esigenza della concretezza antispiritualistica, che si porta appresso l'individuazione dell'oggetto su una linea su cui avverrà più tardi l'incontro tra Montale e la poetica eliotiana del correlativo obiettivo; la sensualità coniugata con l'intellettualità, infine, che Cecchi aveva incontrato in area anglosassone e nel Valéry tutto testa e tutto senso, «lirico dell'emozione intellettuale». Ma è importante l'attenuazione del tradizionalismo da parte di un Montale passato a una lettura più filosofica del rapporto tra causalità cieca e evasione dalla necessità 189

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