Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

diciamo peso ed equilibrio delle pietre, nodi e fratture nel sasso, Croce sostiene di aver parlato anche lui in Problemi di estetica del rapporto tra l'architetto e le esigenze del1' ambiente, ma lo fa per contestare immediatamente che la materia possa mai «condurre» o «limitare» l'opera, perché questo sarebbe «un detto contro l'abbid della filosofia»io. Non c'è nulla da fare, se nemmeno alle arti materiali si concede quella reciproca interazione tra figura sensibile e idea che Valéry allegava, nell'arte della parola, alla metafora: il terreno dell'approssimazione alle ragioni tecniche, quel nesso di soggetto e oggetto che rende impossibile un'equazione matematica tra poesia e risalita alla sua ideazione puramente intuitiva sembra a Croce il regno del dilettantismo e degli enfantillages estetici. Salmi capisce che è vano prender di petto chi si nega ostinatamente un rapporto collaborativo col mondo circostante: e infatti, dopo aver lavorato a una «risposta a Benedetto», rinuncia alle tentazioni categoriali e torna a discorrere di estetica attraverso i suoi modelli francesi, odiatissimi com'è noto da Croce11 . Il Valéry teorico e critico del 1930 è la dimostrazione che per intendere il rapporto tra la percezione di una materia sfuggente e il rigore formale del poeta-critico, bisogna oltrepassare le posizioni crociane12. Questa convinzione, ancor prima di esporla in pubblico, la comunica all'amico Montale in data 13 gennaio 1930: Mi pare che non s'intenda, che non si possa intendere Valéry se non circoscrivendone l'ispirazione al mondo del pensiero riflesso e metafisico, sia pure preso nel suo lato drammatico e appunto intuitivo. Di contro al semplicismo dei crociani «preoccupati di seguire il filo a piombo del loro facile ragionamento», Solmi segue con l'aiuto di Valéry la derivata moderna del concetto romantico di ispirazione, ovvero la vigilanza di una 186

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