Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

ralé; e conoscitiva stesse dietro il rifiuto del criterio puramente estetico e della retorica delle forme universali Croce non capì, accusando di immaturità e di misticismo quell'inquieto contestatore di ogni ricomposizione dialettica. Negli Anni Venti un formidabile antidoto alla chiusura crociana verso la cultura contemporanea è rintracciato in area francese e in particolare in quei critici che assecondano l'esperienza artistica contemporanea con analiticità magari empirica ma di certo più collaborativa, fuori dalla torre d'avorio della purezza teoretica. Nel '26 Alfredo Gargiulo recensisce la ristampa del Système des beaux arts di Alain puntando non tanto sulla tenuta categoriale del pensiero quanto sul senso del critico: «Un senso prepotente, davvero nuovo. È il senso, nell'arte, dell'efficienza della materia, del mezzo espressivo; il senso della resistenza; dell'oggetto; dell'effettivo produrre in contrasto col semplice immaginare». La formula di Alain «Felice chi orna una pietra dura», portata dal recensore nel titolo, si riferisce alla ripugnanza per l'immaginazione che non crea il suo oggetto, significa che il segno inciso nella pietra è già felicità dell'esecuzione, rapporto agonistico con il mezzo resistente ma attivatore di idee, di esperienza realizzata5 • Lo stesso Gargiulo, in un articolo dell'anno successivo esplicita meglio la sua critica e afferma che nel settore figurativo la partizione delle arti e lo studio delle loro tecniche specifiche non entrerebbe in conflitto col concetto unico di attività estetica, se il carattere intimidatorio della teoria dell'intuizione, in cui il Croce erudito e il Croce teorico fanno divorzio, non esercitasse un'azione terroristica; la cordialità stessa dello stile argomentativo dell'Estetica, dovuta alla disposizione dell'autore «a pensare inmaniera sempre pedagogicamente perspicua in larga cerchia» gli sembra venire a patti «col semplice buon senso e la media cultura». Dove si vede ribadito in sede pubblica il bisogno di superamento di una teoria troppo pacificante, e alla fine povera, espresso in privato da Montale nella lettera a 182

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