Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

che essi usavano nei circoli culturali dell'Italietta post umbertina». L'odio crociano per il "guazzabuglio" ove si formano le percezioni, il ricacciare nella sfera impura della pratica la conoscenza concettuale e tutto ciò che concerne la consistenza tecnico-materiale dell'opera, da una parte elude la crisi della rappresentazione tipica del Novecento più avvertito, dall'altra svilisce il momento riflessivo e imprigiona cosl in una circolarità del tutto asettica un pensiero, che avrà sconfitto l'angoscia dandosi un «colore formale e matematico», come ha spiegato il Contini esegeta del Contributo alla critica di me stesso1 , ma non ha fornito risposte convincenti a quanti, dopo la fine del positivismo, andavano seriamente in cerca di riscontri teorici almeno parziali al loro concreto operare in sede creativa e critica, pur aborrendo i congelamenti sistematici. Nell'avvertenza a Scrittori negli anni (1963) Sergio Solmi ricorda una sua antica recensione favorevole agli Indif ferenti -di Moravia: nel '29 per contrastare certo moralismo si era dovuto appoggiare all'autonomia della creazione fantastica, in mancanza di parametri più articolati: Si aveva, allora, la netta sensazione che un qualsiasi discorso fondato sulla constatazione, disinteressata e appassionata, di un fatto reale, qualsiasi analisi d'una verità oggettiva particolare, se solamente sviluppati oltre un dato limite, sarebbero infallibilmente sboccati in una critica di carattere generale, per allora informulabile se non mascherata, e in definitiva travisata e contraddetta, sotto deduzioni e conclusioni ortodosse. Le conclusioni ortodosse naturalmente erano la formula crociana, ma il nascondersi dietro questo sistema a tutto tondo non era poi soddisfacente. La scontentezza trapela da documenti pubblici e privati, da confessioni a caldo e retrospettive. Ecco Montale in una lettera a Solmi 180

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