piccole percezioni leibniziane e l'atmosfera vi si adattino facilmente. Cosl, se le forme visibili di un quadro rinviano a un «invisibile» che si vede - e che non essendo né formale né in-formale, sostiene le forme visibili - allora è dentro all'atmosfera (e grazie ad essa), alle piccole percezioni che la compongono, che l'invisibile trova la sua nascita. L'aura non è altro che quell'insieme di piccole percezioni che annunciano le forme visibili: si coglie, come in uno sguardo, un'invisibilità visibile dove si abbozza la «configurazione globale», il nesso celato del visibile. Tra le forme, i colori, lo spazio del quadro e la sua aura, c'è continuità e rottura. Nell'atmosfera, il rapporto tra le micro e le macropercezioni è diverso da quello, che secondo Leibniz, unisce il rumore della grande ondata ai rumori delle mille piccole onde di cui essa è composta: la configurazione globale resta invisibile, in-audibile, benché la si senta. La cattura del movimento d'apparizione delle forme visibili ha luogo nell'aura, ed è un movimento che si manifesta al di qua e al di là del visibile. Ogni oggetto artistico possiede un'atmosfera che gli è propria e che appartiene alle sue forme, le quali non ne costituiscono però il prolungamento visibile, percettibile. L'aura avvolge l'oggetto e le sue forme, emana dall'oggetto e dalle sue forme, ma si situa in un altro spazio. Sarà bene chiamare questo tipo di atmosfera aura di profondità. Non è certamente a quest'aura che ci rimandano le immagini di Warhol. Quando egli afferma «che non c'è niente dietro le sue immagini, tutto sta alla superficie», egli indica i limiti di irradiamento delle sue forme. Per lui la forma non conta niente di fronte alla qualità dell'immagine: luminescenza, trasparenza, colorazione. In quella materia fatta di luce, le forme si ottundono perdendo lo spazio che è loro appropriato. Tutto si schiaccia su una bidimensionalità nuova che non si sviluppa più come superficie di rappresentazione, ma che si sprigiona con una pre174
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