pendibottiglie di Duchamp cessa di essere un vero appendibottiglie funzionale (per diventare, non un oggetto artistico, ma un'altra cosa, un ibrido), così le scatole di conserva Campbell cessano di essere tali quando Warhol ne fa un'installazione o una serie d'immagini. Quale mutamento hanno subito? È stata spesso sottolineata la continuità tra Duchamp e Warhol. Non ne citerò che un aspetto: Duchamp confonde le frontiere tra oggetto artistico e non artistico, ma non ne esplora le conseguenze, e lascia aperto il problema: perché è possibile vedere un ready-made come un oggetto d'arte? Benché Warhol non abbia risposto a questa domanda in maniera precisa, egli lavora sulla zona intermedia dove sorge il ready-made, dove l'oggetto funzionale subisce una trasformazione rispetto allo sguardo. È la zona della funzione del medium della rappresentazione, della funzione dell'immagine mediatica: creare una sopravvalutazione del prodotto in forza della sua immagine auratica. Su questo piano, la tecnica dei media punta alla manipolazione dell'aura, alla sua integrazione dentro all'immagine, al suo trattamento come materiale a tutti gli effetti. L'aura di Benjamin ha cambiato regime; anche natura. Non è «l'unica apparizione di una lontananza», o la carica più o meno magica dell'«accumulazione delle esperienze», o il rilancio dell'«oggetto che alza gli occhi su di noi». Ciò che si manifesta nelle serigrafie di Warhol. Eppure, qualcosa che ha a che fare con una «emanazione di luce» sprigiona dall'immagine pubblicitaria; neutralizzandola, mettendola ironicamente al posto dell'aura artistica, Warhol la spiazza, la espelle dallo spazio dell'immagine visibile. Cosa resta di quella sostituzione ironica: un ibrido composto da una dolce immagine pubblicitaria e da un'immagine pittorica con la luminescenza dell'immagine mediatica. Questo ibrido possiede un'aura? Non è qui il caso di esaminare la nozione di aura secondo Walter Benjamin. Ma non è difficile vedere come le i73
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