Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

sua poetica modernista. Possiamo ancora parlare, oggi, dell'aura dell'oggetto artistico? Questione difficile, dalle molteplici implicazioni. Anche una questione d'attualità, perché essa conduce al problema della delimitazione dei confini tra generi artistici che tendono a fondersi: teatro/danza, pittura/scultura, pittura/fotografia, ecc. Contaminazione dei territori che proviene in gran parte dall'indecisione introdotta dai readymade sui limiti tra arte e non-arte. Come fare ancora ricorso ali'atmosfera come ambito privilegiato del contagio, quando si sa che il ready-made è (o pretende d'essere) l'oggetto anti-auratico per eccellenza? Ho voluto mettere alla prova la nozione di atmosfera sulle immagini di un grande sperimentatore nel solco di Duchamp. 6. Prendiamo un oggetto, un oggetto di Andy Warhol. Sia che lo si chiami «tavola» o «serigrafia (e acrilico)» o «immagine», magari perfino «quadro», Warhol ha giocato con l'aura. Per esempio elabora i ritratti di Mao in modo che non si possa più guardarli dentro alla fascinazione per l'immagine politico-mediatica del culto della personalità: l'immagine perde la sua aura di prestigio; ma, contemporaneamente, non guadagna forse un altro valore, qualcosa che ricorda l'aura artistica? Si può obiettare che non ci sono immagini più spogliate di carica auratica di quelle di Warhol. Eppure, la questione è quanto mai aperta: senza parlare degli effetti del tempo che già si sentono - creatore d'aura, di «accumulazione delle esperienze» e di distanze, come direbbeWalter Benjamin - chi oserebbe affermare con certezza che la percezione del viso di Mirylin non è cambiata - nel senso di ciò che si chiama tradizionalmente «arte» - nelle immagini di Warhol? O che l'annuncio su un giornale, in serigrafia, inquadrato ed esposto come un quadro, conserva le sue qualità d'immagine pubblicitaria? Proprio come l'Apl72

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